Un’altra considerazione interessante contenuta nel rapporto è quella relativa agli sciami.
“[…] Il nostro Paese ha costruito in decenni il proprio meccanismo di vita sociale preferendo lo sciame allo schema, l’arrangiamento istintivo al disegno razionale. Uno sciame che però oggi appare disperdersi, distaccando dietro di sé mille scie divergenti”. Queste scie descrivono alla perfezione la sensazione di solitudine esistenziale e sociale montante nel nostro Paese, figlia di un sistema sempre più orientato all’individualismo e agli interessi particolari, e sempre meno alle cause sociali e alla mobilitazione collettiva.
“Il nostro è un Paese che visto nell’insieme sembra vada bene”, afferma Giorgio De Rita, segretario generale Censis. “L’inflazione è scesa, lo spread è basso, i giudizi di rating relativamente positivi, l’occupazione al suo record, il mercato del lavoro nel complesso resiste. Il problema – spiega – sta però nelle radici, la parte invisibile, che soffre, sta male. È un Paese lento, che trascina i piedi e non mette mani alle cose, in attesa di qualche miracolo”.
Un modello di sviluppo cosiddetto dei mille sciami, che per De Rita “mette insieme tante individualità diverse, sprecando molto e spingendo verso l’esterno, senza però grandi baricentri né razionalità. Un modello che vediamo sfaldarsi giorno dopo giorno, incapace di raggiungere grandi traguardi, ma solo tappe intermedie”. Cosa sostituirà allora questi mille sciami?
“L’impressione è che dovremo imparare a convivere con un modello di sviluppo diverso, in cui il fai-da-te, la personalizzazione vincerà su tutto. Forse – aggiunge De Rita – dovremo fare i conti con un assetto sociale sempre più caratterizzato dalla solitudine come dimensione sociale e non solo personale. Questo lo vediamo già in almeno due aspetti: il primo è il rovesciamento che abbiamo avuto nel senso del lavoro. In passato erano le imprese a scegliere i lavoratori con cui lavorare, oggi accade il contrario: sono i lavoratori che scelgono le imprese e il contesto in cui andare a lavorare. Questo nuovo paradigma spiazza le imprese, che devono ripensare il modo in cui reclutano e scelgono il personale. Il secondo elemento – continua De Rita – riguarda il risparmio. Negli ultimi quindici-venti anni è stato caratterizzato dalla funzione sociale delle assicurazioni, che offrivano rassicurazioni. Oggi questa capacità viene meno: c’è maggiore ansia e preoccupazione. Un nuovo scenario che spingerà il Paese verso una situazione sempre più feroce e incerta. Servirà un mix diverso sulla capacità del risparmio di confermare la solidità italiana”.
Come già espresso nel suo intervento al convegno Il senso del lavoro svoltosi lo scorso settembre presso Unioncamere, De Rita ribadisce anche in questo caso la necessità di rimettere al centro della nostra attenzione i giovani, che sono “forse la migliore generazione di sempre. I più preparati, determinati a prendere in mano un nuovo modello di sviluppo, diverso dal passato, che probabilmente eliminerà alcune delle radici su cui era basato e che cambierà i riferimenti a cui siamo abituati”.
Per il segretario generale del Censis questo rappresenta però un aspetto positivo, perché significa che “nel nostro Paese c’è ancora chi ha voglia di fare, di cambiare o immaginare un futuro diverso. Dopo tutto – conclude – l’incertezza allena l’anima e noi, in questi anni, abbiamo allenato in modo formidabile i giovani, mettendoli davanti a mille incertezze. Adesso dobbiamo riporre la nostra fiducia in loro”.
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