La spintarella positiva e il lato razionale

Il codice civile, quello di Napoleone o di Hammurabi. Gli editti, gli statuti e le carte costituzionali; le pandette o le leggi delle XII tavole. La storia del diritto sembra perdersi nella notte dei tempi. L’uomo moderno, civile ed evoluto, oggi non si sentirebbe tale senza il suo sistema di regole giuridiche e il suo […]

Il codice civile, quello di Napoleone o di Hammurabi. Gli editti, gli statuti e le carte costituzionali; le pandette o le leggi delle XII tavole. La storia del diritto sembra perdersi nella notte dei tempi. L’uomo moderno, civile ed evoluto, oggi non si sentirebbe tale senza il suo sistema di regole giuridiche e il suo Stato di diritto.

A ben vedere si tratta però di una notte assai più breve di quello che sembra. La storia del soggetto-oggetto dei sistemi giuridici, ossia l’uomo, è infatti, molto più antica.

Per la maggior parte della sua esistenza l’ominide più evoluto è vissuto senza avvocati, magistrati, leggi e tribunali. Questo non significa che non esistessero regole di comportamento cui attenersi e un sistema che noi chiameremmo – oggi – sanzionatorio. Un sistema certamente non giuridico, ma in grado di misurare in qualche modo giustizia ed equità: un sistema che richiede una corteccia cerebrale assai sviluppata. Motivo per cui condividiamo gli strumenti per gestire un simile ordinamento “morale” con le scimmie. Per capirci, per qualche milione di anni l’uomo è convissuto senza diritto: negli ultimi 5.000 ha “scoperto” e usato il diritto. Una frazione davvero miscroscopica.

Frenate per un momento lo sport preferito del cervello che è il saltare alle conclusioni: non si sta affermando l’inutilità del diritto in chiave evoluzionistica, né suggerendo un ritorno alle origini; ancora un po’ di pazienza.

Per buona parte della stessa frazione temporale, i filosofi (greci prima o tedeschi poi, non fa differenza) hanno iniziato ad esaltare il lato razionale dell’essere umano come – unico? – elemento differenziale rispetto al mondo animale, governato da un sistema di istinti.

Certamente quella filosofia non poteva sapere quello che sappiamo oggi a proposito dei rispettivi cervelli: nessuno aveva potuto vedere gli esperimenti di Frans De Wall sulla moralità negli scimpanzé o anche solo immaginare che i primati avessero i neuroni a specchio individuati da Rizzolati. Per non parlare di quello che la neuroscienza ci ha mostrato negli ultimi anni sulle (poche) differenze tra cervello dell’uomo e quello delle scimmie che condividono un patrimonio genetico di oltre il 98%.

Come rispettare le regole: testa o cuore?

Dunque una prima riflessione: si rispetta e si osserva una regola con la parte razionale, riflessiva, consapevole (quella che gli animali non hanno sviluppate come noi) o con quella emotiva (la paura della sanzione o il ricordo del dolore della punizione subita)?

La seconda è più antica, rodata ed usata; la prima è più recente, meno utilizzata e poco implementata. Come nota Luca Cavalli Sforza, “l’evoluzione biologica è molto più lenta dell’evoluzione tecnologica”: quindi ci ritroviamo – per dirla con Boncilnelli – “scimmioni intelligenti” con meno peli e più corteccia cerebrale. Ovviamente non è possibile una valutazione comparativa: funzionava meglio prima o funziona meglio oggi?

Chi scrive (di formazione inizialmente giuridica) ha i suoi dubbi sull’efficacia del sistemi di regole legali nel controllare realmente il comportamento delle persone. I crimini non calano all’aumentare delle leggi, né all’inasprirsi delle sanzioni e questo non dovrebbe sorprendere. Di certo fare tante leggi e sempre più dure fa guadagnare in termini demagogici e di consenso.

Un delinquente raramente si mette a tavolino valutando i pro e i contro delle sue future azioni facendo un complesso esercizio razionale: le sue azioni sono mosse da altro. Forse sarebbe il caso di capire cosa. La risposta non può essere generale e non la si può cercare in questi termini.

Quindi capovolgiamo completamente il paradigma giuridico per eccellenza: invece di un approccio “generalità & astrattezza” tutto sommato semplice e conveniente da creare, proviamo con “specificità & concretezza”.

Aeroporto, divieto di fumo. Nonostante sia vietato, un gran numero di persone fumano dove non è consentito senza usufruire delle aree a ciò deputate. Che si fa? Secondo l’approccio razionalistico-giuridico si aumenterebbe la sanzione, con risultati ovviamente deludenti.

Rimbocchiamoci le maniche ed osserviamo i “delinquenti” al lavoro: facendolo scopriremmo che la gran parte di loro tiene un comportamento identico. Entrano, fanno il check-in e subito dopo escono per fumare: estraggono il pacchetto di sigarette dalla tasca proprio in coincidenza con la porta di uscita e poi l’accendono: nel fare questo, il loro sguardo punta verso il pavimento. Si tratta allora di sfruttare tale naturale comportamento; a tale fine si potrebbe a questo punto dipingere un grosso avviso a colori sgargianti in terra che non contiene alcun divieto, ma una freccia con scritto “Area per fumatori sulla destra”. Risultati a dir poco eccezionali: l’85%  dei fumatori si reca nelle zone dove è consentito fumare.

E’ proprio il caso di dire che l’occasione, volendo e sapendo come fare, “fa l’uomo obbediente”.

Spingere con intelligenza al rispetto delle regole

Ecco la spinta intelligente, etica ed efficace. Non la trovata di un pazzarello, ma l’esercizio empirico di scienziati che senza ricette magiche precostituite e convenienti seguono l’approccio “nudge”, ossia quello di fornire una spintarella, ma non nel senso italiano e deteriore del termine, quanto piuttosto nel senso di una spinta gentile che sollecita una certa azione.

Per farlo occorre:

  1. osservare il comportamento da modificare;
  2. individuare come e dove agire;
  3. mettere in atto la soluzione;
  4. verificare i risultati: se non sono quelli voluti, si ricomincia da capo finché non li si raggiunge.

Con lo stesso approccio sono state disegnate mosche sugli orinatoi per maschi, dopo aver notato che il getto di urina viene “automaticamente” orientato su un bersaglio. Bagni più puliti e maggiore igiene, senza necessità di attivare i processi cognitivi-consapevoli richiesti dai cartelli.

Per incrementare l’importo lasciato nella cassetta delle offerte è invece sufficiente mettere nelle vicinanze una grande immagine raffigurante due occhi belli spalancati: se mettete fiori o paesaggi, raccoglierete ben poco.

L’approccio è stato usato in ambito scolastico o sanitario, ma si potrebbe estendere. Per l’uso dei presidi di sicurezza o dei cellulari alla guida o per chissà cosa.

Certo bisogna investirci un po’ in termini economici e di tempo.

Credevate che il mondo fosse giusto?

Se vi interessa cambiare davvero un comportamento, questo funziona ed è misurabile.

Il nudging all’estero è stato usato anche a fini pubblici in ambito elettorale o per aumentare il gettito fiscale.

L’approccio precettivo-sanzionatorio che presuppone un homo economicus perfettamente razionale rischia di produrre, man mano che il sistema aumenta, solo cambiamenti di tipo_1; come direbbe Watzlawick: “Cambiare tutto per non cambiare nulla”.

Qui si sta parlando di cambiamento di tipo_2: un cambiamento vero. Che postula però un homo emotivus.

Qualcuno in Italia sta per ora considerando eventuali criticità. Certo sarà un lavoro lungo e parecchio complicato, posto che qualcuno voglia iniziarlo: mentre scrivo ho ricevuto una certificazione di una ritenuta d’acconto: fino all’anno scorso erano poche righe su un foglio: ora sono 11 pagine.

Quando capiremo che non sempre “di più è meglio”? Come ricorda il grande Nassim Taleb, talvolta è necessario togliere, invece che aggiungere. Ed è anche sufficiente.

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