Matera 2019: uno sguardo oltre il muro

In questi mesi stiamo sperimentando diverse idee di Sud. Idee ben diverse da quelle che l’informazione locale e localistica Italiana ci ha raccontato per anni. Il 17 ottobre 2014, alle 17 e 17 minuti circa, Matera viene proclamata Capitale Europea della Cultura per il 2019. Questa nomina segna un cambiamento rispetto a quella vecchia idea […]

In questi mesi stiamo sperimentando diverse idee di Sud. Idee ben diverse da quelle che l’informazione locale e localistica Italiana ci ha raccontato per anni.
Il 17 ottobre 2014, alle 17 e 17 minuti circa, Matera viene proclamata Capitale Europea della Cultura per il 2019. Questa nomina segna un cambiamento rispetto a quella vecchia idea di Sud ed il fatto che sia stata proprio la città più resiliente della storia dell’umanità ed essere eletta, ridisegna inevitabilmente i connotati di questa parola, definendone una nuova prospettiva, aprendo a nuove aspettative e responsabilità.

Oggi la parola Sud ha un’accezione non più nazionale, ma diventa simbolo di ambizioni, aspirazioni, speranza che vanno oltre i nostri problemi campanilistici, allargandosi all’Europa intera.
Il Sud però, per l’Europa, oggi è anche un problema. È il luogo da cui proteggersi, quello che spinge nazioni a costruire muri per fermare l’avanzata di popoli che scappano dalla guerra e dalla morte, nel silenzio e nell’immobilismo delle istituzioni nazionali e comunitarie.

Il titolo di Capitale Europea della Cultura è molto più che un sigillo istituzionale o un brand da utilizzare a fini di lucro.
Il lavoro lungimirante fatto a Matera di costruzione di una coscienza europea di integrazione, apertura, futuro condiviso, arriva tutto dal basso, dalle persone.
Matera è arrivata dove è arrivata perché ha deciso insieme a tutta l’identità che le appartiene che ha qualcosa da dire all’Europa. Ed è il più grande esempio di riscatto culturale mai ottenuto in Italia dopo quello che sempre questa città ha saputo esprimere 50 anni fa, quando fu definita vergogna nazionale e riuscì a mettere in atto un processo di cambiamento sociale di portata incredibile. Partendo da qui si è lavorato per costruire nuovamente se stessi, indirizzando questo processo verso la costruzione di una nuova coscienza collettiva fondata sui valori della cultura come asse della rinascita di un popolo, come leva di cambiamento, riscossa e proiezione in un futuro sempre più prossimo.

Questa è la leva più importante su cui si è lavorato per dare una visione strategica a quel territorio, con la speranza che possa diventare un esempio non tanto per quel territorio, ma per il resto d’Europa, perché attraverso un approccio alla cultura dell’umanità, dell’accoglienza, dell’arte come stimolo al pensiero critico, si possano unire i popoli, abbattere i muri della paura e della diversità, spingendo all’integrazione e alla comprensione dell’altro.
Di questi muri simbolici l’Europa è ancora piena e a quelli, purtroppo, si stanno aggiungendo altri muri. Veri questa volta.

Il muro di Berlino era lungo più di 155 km. Il muro costruito tra Ungheria e Serbia è lungo, ad oggi, 175 Km ed è proprio su questa distorta idea di Sud che si erge.
La stessa Europa dell’immobilismo e dei muri eretti sui propri confini si scontra con le persone che quei muri li abbattono attraverso le loro azioni, la loro carità, il loro aiuto nei confronti di questi popoli disperati in cerca di un mondo nuovo.

C’è un disco dei Pink Floyd uscito nel 1979 che non è mai stato così attuale. In The Wall c’è un brano che recita: “ti sei mai chiesto perché dovessimo correre a nasconderci quando la promessa di un mondo nuovo veniva sbandierata sotto il limpido cielo blu?”.
Quel disco e questo testo oggi acquisiscono un significato molto più che simbolico.
Quel cielo e quella bandiera blu cosparsa di stelle, oggi vive nella dicotomia dello scontro d’intenzioni.

In questo contesto la candidatura di Matera assume una nuova veste carica di responsabilità. È il Sud che parla al resto d’Europa, raccontandogli che dai problemi si possono costruire risorse, dalla vergogna si può trarre fonte di orgoglio, ma lo fa nell’unico modo possibile, quello della messa in comune delle spinte umane e solidali, dell’amore per il prossimo, dell’apertura nei confronti della diversità.

Una parte di questa città si augura che il 2019 sia questo, un esempio di rigenerazione resiliente che possa portare l’Europa ad una nuova forma, una forma più umana, lontana dai muri ideologici e lontana da quelli fatti con il filo spinato. E lo fa con l’unica arma che noi Europei abbiamo in abbondanza: la cultura, unico strumento capace di abbattere i muri della inumanità, dell’incomunicabilità, della ferocia e dell’odio.

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