Scuola, zero professionisti della sanificazione. Come le riapriamo?

Non è certo semplice, in una sola mossa, creare sia disoccupazione che un serio problema legato alle pulizie, l’igiene e la sanificazione dei plessi scolastici. Eppure, eccoci qui a parlarne. Con l’assunzione di 11.000 bidelli e la creazione di 5.000 esuberi, lo Stato ha creato più disoccupati del caso ILVA (circa 3.000 esuberi), ma la […]

Non è certo semplice, in una sola mossa, creare sia disoccupazione che un serio problema legato alle pulizie, l’igiene e la sanificazione dei plessi scolastici. Eppure, eccoci qui a parlarne.

Con l’assunzione di 11.000 bidelli e la creazione di 5.000 esuberi, lo Stato ha creato più disoccupati del caso ILVA (circa 3.000 esuberi), ma la politica e gli organi di informazione sembrano disinteressati a parlarne. Sarà forse perché il tema delle pulizie e delle sanificazioni è da sempre sottovalutato, e negli anni è stato oggetto di pesanti e ripetute spending review? In realtà ad oggi è un tema centrale affinché venga assicurata a tutti noi la cosa più importante: la salute. E con essa una ripresa economica.

A questa considerazione si aggiungono una serie di domande, non solo etiche, ma anche di carattere organizzativo e sanitario, delle quali non sono chiare le risposte. Quella che a me sta più a cuore è: chi deciderà come, quando e con che mezzi sanificare le scuole italiane? Se ne occuperanno 11.000 bidelli oppure verranno incaricate le aziende che lo sanno davvero fare, e che soprattutto lo possono fare legalmente?

Ne parliamo con il dott. Lorenzo Mattioli, Presidente di ANIP Confindustria, l’associazione nazionale che rappresenta le aziende multiservizi italiane.

 

Lorenzo Mattioli, presidente ANIP intervistato da Senza Filtro sulla sanificazione della scuola
Lorenzo Mattioli, Presidente di ANIP Confindustria.

 

Internalizzazione dei servizi di pulizia e precarizzazione del lavoro: che cosa è successo in merito ai lotti pulizia Consip delle scuole, e quali ripercussioni ci sono state su persone e imprese?

Il governo ha deciso, dal marzo scorso, di fermare gli appalti dei servizi di pulizia nelle scuole e, a seguito di un concorso, di mettere il servizio a totale carico dello Stato, assumendo direttamente oltre 11.000 collaboratori scolastici con stipendio ridotto e lasciando senza lavoro circa 5.000 persone. Si tratta di uomini e donne che erano già assunti a tempo indeterminato dalle imprese, con inquadramenti di settore.

Il settore servizi conta 532.000 addetti e un fatturato di 21,2 miliardi, cresciuto dell’11% negli ultimi tre anni. Secondo lei con questa manovra di internalizzazione che cosa si voleva ottenere? Perché è stato fatto?

L’obiettivo è stato quello di penalizzare le aziende utilizzando la falsa premessa di un risparmio per lo Stato e del voler togliere gli operai dalla precarietà, che in realtà è scaturita proprio dall’internalizzazione.

Come facciamo i conti con la continuità di servizio? Ovvero: se un bidello si ammala mentre il collega è in ferie, chi “pulisce” la scuola?

Questa domanda andrebbe posta ai presidi dalle scuole italiane. Sono loro, oggi, che devono occuparsi di organizzare il lavoro dei bidelli (le cui mansioni non sono ancora del tutto chiare), gestire forniture e quant’altro. Noi continuiamo a sostenere un concetto basilare: la scuola deve occuparsi di studio e formazione, mentre il know how delle imprese va messo a servizio della sicurezza, della gestione degli spazi, di igiene, pulizia e sanificazione.

Nel D.M. 274/1997 vengono definiti i requisiti per l’esercizio delle attività di pulizia, derattizzazione e sanificazione, e viene sancito che solo determinate aziende con determinati requisiti possano erogare servizi di sanificazione. Secondo lei si pensava che le scuole non avrebbero mai avuto bisogno di sanificazioni periodiche, o la manovra prevede l’appalto di sanificazioni ad aziende terze?

Il coronavirus ha messo tutti di fronte a un fatto nuovo: le aziende hanno sempre sanificato gli istituti, ma oggi la sanificazione va intensificata e fatta nel miglior modo possibile per fare in modo che, in spazi così affollati, venga contrastato il più possibile il rischio infettivo.

Quindi, visto che le aziende italiane sono chiamate a garantire condizioni igienico-sanitarie mai adottate in precedenza per far fronte a questo altissimo rischio infettivo, come possiamo garantire le stesse prestazioni per le scuole italiane? Chi redigerà i protocolli di pulizia e sanificazione?

Ad oggi, nella scuola e non solo, si procede in ordine sparso. Per la sanificazione, come abbiamo detto prima, occorrono specifici requisiti di legge e procedure che le aziende conoscono da tempo, ma che rischiano una blanda – se non nulla – applicazione da parte dei collaboratori scolastici, che andranno formati su procedure e prodotti.

Che cosa sta facendo e che cosa può fare concretamente ANIP per questa situazione?

Attraverso la nostra task force tecnico-istituzionale stiamo interloquendo con il governo per portare al massimo l’attenzione sul tema della sanificazione. Allo stesso tempo stiamo redigendo le linee guida per il settore, per cercare di mettere ordine a quanto sta accadendo e dare punti di riferimento ad aziende e committenti, ciascuno con proprie necessità e specificità.

Se in questo momento avesse davanti a lei il Presidente Conte, cosa gli direbbe?

Gli chiederei innanzitutto se lui ha consapevolezza di quante siano le superfici “non animate”, ovvero pavimenti e pareti non residenziali, che richiedono ad oggi un intervento di sanificazione. La risposta la suggerisco io: nel nostro Paese abbiamo due miliardi di metri quadri di superfici dove il COVID-19 può resistere fino a nove giorni: questo dato emerge da uno studio che abbiamo condotto con il CRESME, un ente terzo e imparziale che ci ha supportato nel mappare la magnitudo delle superfici non animate regione per regione. Se per fare una battuta dicessimo che sanificarle costa come un caffè a metro quadro (simbolicamente un euro), lo stato dovrebbe sborsare due miliardi di euro. Poi gli chiederei come mai una qualunque azienda di servizi per accedere a una gara pubblica di sanificazione e pulizia debba rispettare requisiti complessi e stringenti, mentre è stato scelto di affidare ai bidelli la sanificazione dei plessi scolastici e ai presidi l’approvvigionamento di materiali. Perché questo divario? Ricordiamoci che in Italia abbiamo 36.000 plessi scolastici dove si recano sette milioni di studenti ogni giorno. Non è uno scherzo.

Presidente, lei ha figli? È preoccupato per il loro ritorno a scuola?

Non ho figli, ma ho la fortuna di avere molti nipoti. Vista la situazione, sono davvero molto preoccupato per loro e per la loro salute.

Ultima domanda, forse provocatoria ma realistica: secondo lei le scuole sono ancora chiuse perché costerebbe troppo sanificarle? 

Secondo i nostri conti, la sanificazione a regola d’arte ha dei costi altissimi che forse nemmeno il governo ha calcolato. Forse la scuola non riapre anche per questo, perché non si vuole affrontare il nodo. Dalle ultime notizie emerge la volontà di stanziare un miliardo in due anni per la sanificazione degli istituti statali. Non sappiamo se lo Stato disponga della copertura, ma pensiamo che per le oltre 40.000 sedi scolastiche serva altro, ovvero un piano di sanificazione costante. La logica dell’emergenza va lasciata alle spalle se vogliamo far vivere in sicurezza i nostri figli: la cura deve essere costante, e questa costanza e professionalità solo le imprese possono garantirla.

 

 

Foto credits: www.scuolainforma.it

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