Se Davide compra da Golia: il gruppo GEDI vende le testate locali

Il gruppo GEDI cede quattro quotidiani locali a una cordata di imprenditori: è un cambio di strategia editoriale. E i giornalisti temono i tagli.

Se non è la più grande operazione editoriale realizzata in Italia dall’inizio dell’anno è senza dubbio la più discussa. Il gruppo GEDI, ex Espresso, di proprietà della famiglia De Benedetti e oggi in mano agli Agnelli, cede quattro quotidiani locali a una cordata di imprenditori toscani, romani e abruzzesi, secondo i bene informati in collaborazione con due giornalisti esperti.

Le testate sono: Il Tirreno in Toscana, le Gazzette di Modena e Reggio e la Nuova Ferrara in Emilia-Romagna. L’operazione è iniziata nemmeno un anno dopo l’acquisizione del gruppo editoriale da parte della finanziaria Exor N.V., che fa capo alla famiglia Agnelli, vede John Elkann come regista e ha già comportato diversi giorni di sciopero al Tirreno e negli altri giornali del gruppo – anche quelli non coinvolti nella cessione. L’accusa è quella di scarsa chiarezza nel presentare le trattative, rese note a cose già fatte, ma la paura è che i nuovi padroni costringano il personale dei giornali a una robusta cura dimagrante.

Chi sono i compratori dei quattro quotidiani locali?

La società che ha trattato direttamente con la famiglia Agnelli risponde al nome di SAE ed è nata nel luglio 2020 dall’unione di diversi soggetti, due soli dei quali (la Portobello, che si occupa di raccolta pubblicitaria, e l’editore di periodici Giulio Fascetti) lavorano nell’editoria.

L’amministratore unico della SAE è Alberto Leonardis, imprenditore abruzzese che nel 2016 comprò da GEDI Il Centro di Pescara, per poi rivenderlo nel 2019. Ma con lui questa volta c’è anche Davide Cilli, ex enfant prodige dell’imprenditoria abruzzese, che a soli 50 anni ha già lanciato diverse startup nel settore delle reti di telecomunicazione. Tra queste Econet, seconda azionista del gruppo nascente dietro Toscana Sviluppo 2.0, che invece fa capo all’immobiliarista Maurizio Berrighi, qualche anno fa intenzionato anche ad acquistare la squadra di calcio del Livorno.

Econet ha appena beneficiato, grazie ai provvedimenti presi per il COVID-19, di una linea di credito di 4,8 milioni di euro da parte di Unicredit. Vanta oltre 200 dipendenti e ha acquisito di recente la milanese Com.Tel. La struttura societaria è composita, ed è un altro degli aspetti che preoccupano i giornalisti, dal momento che nessuno dei nuovi proprietari si è mai occupato di editoria.

Il loro ruolo, però, secondo indiscrezioni sarebbe prevalentemente economico, dal momento che la regia dell’operazione sarebbe di due ex direttori del gruppo, cioè Luigi Carletti e Stefano Tamburini. Il primo, che attualmente ha una casa editrice e un’agenzia di stampa, fu uno dei componenti della task force che a metà degli anni Ottanta ebbe il compito di sviluppare nuove iniziative editoriali per Espresso.

Perché comprare (e vendere) un giornale?

Il mistero attorno alle operazioni di vendita, secondo alcuni iniziate addirittura prima dell’estate, ha scatenato una ridda di ipotesi da parte degli addetti ai lavori.

La famiglia Elkann ufficialmente starebbe cedendo le testate in questione per non superare il tetto del 20% delle copie (che per molti giornali locali hanno subito un aumento nei mesi del COVID-19), come da Legge 416 del 5 agosto 1981. La cessione, secondo indiscrezioni pubblicate da alcuni giornali, sarebbe prodromica all’acquisto del Sole 24 Ore, ma nell’ambiente sono in pochi a credere che Confindustria voglia abbandonare il quotidiano di via Monterosa.

Inoltre a breve GEDI dovrà fare i conti con il rientro nel gruppo della Nuova Sardegna, società data in gestione nel 2016. Gli attuali gestori non sarebbero intenzionati a rinnovare il contratto, quindi il quotidiano isolano tornerebbe a “pesare” con le sue vendite sul gruppo GEDI, impedendo per le leggi antitrust qualsiasi operazione di acquisto di altre testate, perché il tetto del 20% verrebbe di nuovo sforato.

L’operazione di cessione, conclusasi in questi giorni, è partita da lontano e avrebbe avuto come primo interlocutore addirittura un grande gruppo editoriale italiano, che in Toscana possiede già un giornale. Solo all’ultimo, un po’ intimorito dalla spesa, questi si sarebbe ritirato per lasciar posto agli imprenditori provenienti dal Centro Italia, che per la prima volta si occuperanno di editoria.

I quotidiani locali e il timore dei tagli al personale

Se da parte dei nuovi arrivati c’è entusiasmo, i giornalisti del gruppo invece sono piuttosto cauti. Le esperienze passate di cessioni non sono state felici.

La Città di Salerno, ceduto a imprenditori locali, nel giro di pochi anni ha chiuso. Gli stessi acquirenti del Tirreno e delle Gazzette hanno comunque annunciato una riduzione dei costi, pur non parlando espressamente di licenziamenti o prepensionamenti. Che da qualche anno non sono una novità per il gruppo GEDI: proprio al Tirreno ha già licenziato 30 poligrafici e altri li ha trasferiti da Modena, Reggio e Ferrara a Padova e Mantova.

Il 2019 è stato caratterizzato da un lungo braccio di ferro tra lavoratori e proprietà per evitare (o almeno limitare) il licenziamento dei poligrafici. Oggi chi compra i giornali del gruppo GEDI si trova a gestire strutture molto meno pesanti di quanto lo erano in passato: in tutto i quattro giornali hanno 162 lavoratori e coprono di fatto una regione e mezza, cioè la Toscana e parte dell’Emilia.

Il cambio di strategia dei grandi gruppi editoriali che preoccupa i giornalisti

L’arrivo della famiglia Agnelli nel gruppo GEDI ne ha cambiato la fisionomia, a partire dal valzer delle poltrone dei direttori, che ha visto aumentare il potere dell’ex direttore della Stampa Maurizio Molinari e l’abbandono di firme storiche come quella di Gad Lerner.

A questo si è aggiunta la decisione dell’ex patron Carlo De Benedetti di lasciare la presidenza onoraria per aprire un nuovo giornale di area: Domani, che ha fatto il suo debutto in edicola a settembre 2020, con l’obiettivo di inserirsi in quella fetta di mercato rappresentata dai lettori di Repubblica.

Tutti elementi che cambiano il panorama dell’editoria italiana, che non sembra per nulla fermo. A partire proprio dai rivolgimenti di GEDI, che hanno segnato il progressivo allontanamento dal modello del gruppo Espresso, nato per volontà del principe Caracciolo e cresciuto con la collaborazione proprio di Carlo De Benedetti.

Nel 1976 la nascita del nuovo quotidiano Repubblica, in un mercato già allora dato come saturo, ha aperto nuove strade, percorse nella prima metà degli anni Ottanta grazie al giornalista Mario Lenzi con l’acquisto delle testate locali. Lenzi girò l’Italia per acquisire giornali locali, spesso sull’orlo della bancarotta e che appartenevano a famiglie o gruppi industriali del posto, per trasformarli in moderne testate, in grado di raccontare il territorio con i giornalisti del posto, ma anche di fornire notizie nazionali e internazionali grazie alla collaborazione con l’agenzia AGL, creata dal gruppo e ormai chiusa da anni.

Negli ultimi tempi il gruppo Espresso ha modificato la sua fisionomia fino a cambiare nome, con l’acquisto di Stampa e Secolo XIX, creando il cosiddetto “Stampubblica”, ma anche dando via alla progressiva riduzione degli organici dei quotidiani locali, che per anni hanno garantito, grazie ai loro guadagni, anche la sopravvivenza dei più blasonati Repubblica ed Espresso. Nel giro degli ultimi quattro anni sono già cinque le testate locali che sono state dismesse, tutte nel Centro Italia. La paura dei giornalisti che lavorano per GEDI è che sia l’inizio di una progressiva dismissione dei piccoli quotidiani.

Photo credits: www.iltirreno.gelocal.it

CONDIVIDI

Leggi anche

Lettera aperta a Giuseppe Conte

Caro Professor Conte, nella tarda mattinata di martedì 14 agosto stavo leggendo un libro, al solito avevo la tv accesa (in posizione mute) sul canale 100 di Sky. Improvvisamente, con la coda dell’occhio colgo una scena apocalittica: il mitico ponte Morandi, sul quale ero passato tante volte, non c’era più. Capii che questo evento drammatico […]

Paolo Giulierini: anche Napoli ha il suo SuperMANN

Cosa ci fanno Darth Vader e i cimeli della squadra del Napoli in un museo? Simboleggiano il percorso compiuto dal MANN – Museo Archeologico Nazionale di svecchiamento e cambiamento, di passo e di visione. Grazie alla progettualità messa in campo da Paolo Giulierini, che dal 2015 dirige il tempio dell’archeologia classica partenopea, il MANN è […]