Se l’Italia credesse negli scienziati-imprenditori

Un’Italia nel solco dell’innovazione incrementale non dovrebbe sbarrare le porte a un’ambizione superiore, quella che porta a tradurre idee dirompenti, trasformative dello stato dell’arte vigente, in attività imprenditoriali. Tra queste le imprese che nascono dalla scienza, fondate da scienziati-imprenditori nel contesto accademico auspicato dal Luigi Einaudi. Nelle sue Prediche inutili il grande economista piemontese, che […]

Un’Italia nel solco dell’innovazione incrementale non dovrebbe sbarrare le porte a un’ambizione superiore, quella che porta a tradurre idee dirompenti, trasformative dello stato dell’arte vigente, in attività imprenditoriali. Tra queste le imprese che nascono dalla scienza, fondate da scienziati-imprenditori nel contesto accademico auspicato dal Luigi Einaudi. Nelle sue Prediche inutili il grande economista piemontese, che fu anche imprenditore vitivinicolo, definiva “società decadenti” quelle che avevano adottato il modello di università monopolistico-statale. La sua preferenza andava al mondo anglosassone, che aveva optato per il “metodo della libertà” creando università come fondazioni private. Segno della libertà, l’abbattimento del mito del valore legale della laurea perché «non v’era bisogno di un bollo statale per accreditare i giovani usciti dalla bottega di Giotto o di Michelangelo».

 

Gli scienziati-imprenditori, che mettono in contatto la scienza con la società

L’interazione tra scienza e imprenditorialità accelera l’impatto delle scoperte sui comportamenti umani. Nell’età vittoriana, scrive Clive Thompson (How 19th Century Scientists Predicted Global Warming), gli scienziati, a cominciare da Eunice Newton Foote, scienziata dilettante e illustre suffragetta, condussero i primi esperimenti che dimostrarono che l’anidride carbonica (CO2) fuori controllo poteva, un giorno, cuocere il pianeta. Se in sintonia con le indagini scientifiche si fosse prontamente avviato un processo imprenditoriale, più rapida e diffusa sarebbe stata la comprensione del cambiamento climatico, e più celeri i rimedi contro il riscaldamento globale.

Spetta alle università agire da volano intellettuale, vagliando i migliori cervelli e investendo in capitale umano per suscitare imprenditorialità scientifica. Gli scienziati-imprenditori e altri che interagiscono con la galassia imprenditoriale producono risultati sorprendenti. Dopo la Seconda guerra mondiale, Giulio Natta, professore di chimica fisica, incontrò Pietro Giustiniani, un imprenditore che sarebbe diventato il leader della Montecatini, la più grande azienda chimica italiana dell’epoca. Quell’incontro fu per molti versi all’origine di un premio Nobel e di un prodotto di successo.

Nel 1963 il Premio Nobel per la chimica fu assegnato al professor Natta per la sua scoperta nel campo degli alti polimeri. La sua ricerca fu ripresa dall’industria, e questo portò allo sviluppo e alla successiva produzione su scala industriale da parte della Montecatini, nel 1957, di un materiale plastico chiamato Moplen. La pubblicità ne accelerò l’uso e il Moplen divenne una creazione di successo del Made in Italy in tutto il mondo; senonché il successivo disallineamento tra scienza e imprenditorialità portò al monouso di quel materiale concepito per essere riutilizzabile. Usato una sola volta e gettato subito, esso si rivelò estremamente dannoso per l’ambiente.

A cavallo tra scienza e imprenditorialità troviamo gli imprenditori rivoluzionari. Costoro sono creatori di sentieri industriali tracciati padroneggiando la scienza e familiarizzando con le scoperte scientifiche. Un esempio lampante di questo tipo di creatore di percorsi è Akio Morita, che fu co-fondatore, a Tokyo nel 1946, di una società che in seguito cambiò il suo nome in Sony. Laureato in fisica all’Università Imperiale di Osaka, Akio era il figlio maggiore ed erede di uno dei più antichi produttori di sakè. Il giovane Morita mostrò una forte inclinazione per gli studi superiori in fisica applicata, oltre che curiosità e attitudine per l’elettronica allora nascente, arricchite da una passione per la musica ereditata dalla madre e, non da ultimo, sostenute da un’eredità secolare di imprenditorialità.

Anche l’Italia ha avuto personaggi illuminati come Morita. Si pensi ad esempio a Camillo Olivetti, giovanissimo ingegnere che, assistente di ingegneria elettrotecnica all’Università di Stanford nell’ultimo decennio dell’Ottocento, si alzò sulle spalle dei giganti della scienza e dell’industria di allora. Così facendo, riuscì a mantenere la sua visione rivolta a orizzonti lontani. Nel 1908 fondò l’“Ing. C. Olivetti & C.” a Ivrea, la cui missione era costruire una macchina da scrivere. L’attività imprenditoriale di Camillo proseguì con il coinvolgimento del figlio Adriano. Entrambe le loro visioni sono un paradigma del design industriale moderno, precursore dell’era dell’informazione.

 

Scienziati-imprenditori di ogni latitudine (e di ogni epoca)

Scienziati e ricercatori puri anelano ad attraversare le colonne d’Ercole della conoscenza. I loro sono impegni a lungo termine per dare risposte a quesiti scientifici che sembrano irrisolvibili. Affinché si possa far lievitare il numero di coloro che fondano imprese, riuscendo a trovare pari interessi nel lavoro di ricerca e nella sua traduzione imprenditoriale, è necessario disporre di laboratori disegnati per coniugare il pensiero scientifico con l’azione imprenditoriale. È questa l’interazione culturale che dà forza alla comunità di Bangalore. Talenti arrivano e partono dalla capitale dello stato di Karnataka, tra i maggiori centri mondiali di snodo dell’industria delle tecnologie dell’informazione.

A Dublino la presenza di laboratori internazionali di ricerca, quali quelli di Intel, e dei campioni mondiali del digitale, attrae da tutto il mondo aspiranti scienziati-imprenditori. Vi contribuiscono anche le università, con la loro marcata impronta transdisciplinare all’origine di un circolo virtuoso tra scienze fisiche, umanistiche e imprenditorialità trasformativa. Scoperte, invenzioni e innovazioni con ricadute imprenditoriali sono fiorite in contesti ibridi come il College di St. Patrick, dove un filo invisibile ha legato insieme teologia, filosofia, arte e scienza.

È lì che padre Nicholas Joseph Callan, professore di filosofia naturale, dimostrò la trasmissione e la ricezione di energia elettrica senza fili con un dispositivo che oggi è conosciuto come trasformatore elettrico. Il professor Callan è noto per la sua ricerca sulla bobina di induzione e per aver realizzato la più grande batteria elettrica del suo tempo. Il lavoro di Callan ha contribuito alla fertilità imprenditoriale nel corso della prima rivoluzione industriale; un lascito che l’Università di Maynooth ha rinnovato arricchendolo di nuovi contenuti.

Il sistema tedesco d’interscambio tra le università e i produttori è un lungo percorso di apprendistato attraverso i contratti di ricerca, l’integrazione tra équipe universitarie e industriali e la crescente partecipazione degli accademici allo sviluppo delle comunità territoriali d’insediamento dell’università e dell’industria. Similmente, in Italia, la comunità di innovazione tecnologica dell’Università di Padova, Unismart, supporta i ricercatori dei 32 dipartimenti dell’Ateneo e i suoi 60.000 studenti nel creare un impatto sulla società attraverso la commercializzazione sistematica della proprietà intellettuale, dei risultati più promettenti della ricerca e delle competenze multidisciplinari. Unismart, inoltre, affianca gli imprenditori nelle loro sfide di innovazione e i team di ricercatori lungo il percorso che attraversano i loro progetti orientati alla creazione d’impresa.

Il Rinascimento mise arte e scienza al centro della creazione di valore. Nell’età della ragione, sotto i riflettori dell’Illuminismo e della razionalità, venne fondato a Birmingham un club che era una società informale d’apprendimento, così chiamata perché gli incontri, svoltisi con regolarità tra il 1765 e il 1813, avvenivano a ogni luna piena, all’ora di cena. La Lunar Society era un corpo variamente articolato di visionari. Ne facevano parte scienziati, inventori, imprenditori, artigiani, artisti, politici che condividevano le idee in modo assolutamente libero, svincolato da incentivi monetari.

Tra i Lunaticks erano molti gli uomini dello stampo di Joseph Priestley, James Watt, Josiah Wedgwood, Matthew Boulton, imprenditore e collaboratore di Watt, ed Erasmus Darwin, medico, naturalista e poeta. Facendo interagire scienza, arte e commercio, quelle menti geniali intrecciarono le nuove tecnologie della rivoluzione industriale con i commerci della rivoluzione liberale.

Vorremmo che l’Italia indossasse abiti mentali confezionati con materiali imprenditoriali innovativi. Del resto le esperienze a cui guardare non mancano.

 

 

Photo by Ryan on Unsplash

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