Silicon Fen, Cambridge: quando il virus ha chiamato, avevano già la risposta

In tempo di crisi, la crisi è il tempo delle scelte.   Cambridge e la Silicon Fen: il cluster dell’innovazione che reagisce al virus prima del governo inglese Il 12 marzo scorso, in controtendenza con buona parte del mondo, un turbo-ottimista Boris Johnson annunciava a reti unificate misure antiCOVID-19 decisamente soft con dichiarazioni minimizzanti (“Laviamoci […]

In tempo di crisi, la crisi è il tempo delle scelte.

 

Cambridge e la Silicon Fen: il cluster dell’innovazione che reagisce al virus prima del governo inglese

Il 12 marzo scorso, in controtendenza con buona parte del mondo, un turbo-ottimista Boris Johnson annunciava a reti unificate misure antiCOVID-19 decisamente soft con dichiarazioni minimizzanti (“Laviamoci spesso le mani cantando happy birthday due volte di seguito”), pseudoscientifiche (“Ci proteggerà l’immunità di gregge”) e neodarwiniane (“Abituatevi a perdere i vostri cari”), in un discorso cucito insieme da una retorica da prode condottiero alla guida di una nazione dal glorioso passato colonialista. In tempi di crisi, il premier britannico sceglie parole graffianti che segnano animi e memoria.

Per la prima volta nel mio ventennio lontano dall’Italia, mi sono trovata con la mano a un centimetro dall’impugnatura della valigia per metterci dentro le prime quattro cose capitate sottomano, pronta a mollare affetti, mutuo, guida a sinistra, fish and chips e tutta una vita costruita oltremanica. Nonostante Boris, però, il luogo in cui vivo andava in tutt’altra direzione scegliendo ben altre parole.

Questo, d’altronde, non è un posto qualunque. Sede del prestigioso ateneo dove si cena a lume di candela in sale harrypotteriane, Cambridge è da oltre 800 anni un’eccellente fabbrica di conoscenza e di capitale umano – inclusa una folta schiera di membri della famiglia reale, attori, scrittori, scienziati, intellettuali, guru della finanza, nonché di una grande fetta della classe dirigente e politica del Paese. Ma non è solo questo. A partire dagli anni Settanta è diventata anche una fabbrica di trasferimento tecnologico con pochi pari al mondo. Oggi Cambridge è la città in più rapida espansione economica del Regno Unito, grazie a un ecosistema di innovazione tecnologica tra i maggiori al mondo con numeri da capogiro, guadagnandosi vari nomignoli, tra cui Cambridge Cluster, Cambridge Phenomenon e Silicon Fen – termine dovuto, in mancanza di una valle, alle pianure circostanti: The Fenlands.

Mentre quel discorso andava in onda, la grande maggioranza delle aziende era già pronta. Il 10% dei business locali opera già in modalità WFH (Working From Home e non smart working, perché in fondo si tratta di mettere in piedi un sistema che consenta ai dipendenti di lavorare da casa, tutto qui). Moltissime altre aziende, invece, seguono un trend in ascesa e hanno distributed teams, ovvero team multi-sede, e sono quindi abituate alla gestione digitale dei gruppi di lavoro. Infine, le altre aziende con uffici e sedi classiche, anticipando il governo, avevano già predisposto e testato l’operatività del WFH; in molti casi lo avevano perfino implementato, precedendo di almeno due settimane la chiusura delle scuole e l’inevitabile lockdown del Paese intero.

 

Anticipare il cambiamento, la regola della Silicon Fen per guidare l’innovazione

Comportamenti che riflettono il mindset imprenditoriale vigente nella Silicon Fen, dove giocare d’anticipo è un’abitudine. Non si reagisce all’emergenza, non si attendono direttive governative o esterne di nessun tipo: si agisce preventivamente per proteggere l’azienda e i dipendenti. Le prime parole (e i fatti) per adattarsi al rapido cambiamento imposto dal COVID-19 sono state, quindi: pianificare, testare e implementare, ancor prima che l’emergenza venisse dichiarata.

Non farsi cogliere impreparati e anticipare il cambiamento è la norma nell’imprenditoria anglosassone, ma qui più che altrove. Cambridge è al top delle classifiche delle città più innovative con i suoi 316 brevetti per 100.000 abitanti (paragonabili ai 334 di San Francisco), più brevetti pro capite che nelle successive sei città in classifica messe insieme. Come avviene tanta innovazione?

Il cocktail ha tanti ingredienti, ma uno è indispensabile. L’ecosistema della Silicon Fen è capace di sviluppare, attirare e trattenere professionisti altamente qualificati. Come a Londra, ma in dimensioni molto più ridotte, e quindi con una concentrazione più alta, a Cambridge c’è una delle forze-lavoro con maggiore talento al mondo. Quando il talento viene concentrato in una cerchia molto ristretta, inevitabilmente si genera un habitat estremamente competitivo. Nella città con l’ateneo fondato su una pluricentenaria storia di competizione accademica (la rivalità tra Cambridge e Oxford risale al 1209, e non accenna a diminuire), ci sono migliaia di aule, laboratori e sale riunioni che pullulano di brillanti studenti, ricercatori, dirigenti e startuppers in trance agonistica. Con un’unica ambizione: diventare The Next Big Thing.

 

Dalla competizione alla collaborazione: il governo chiede ventilatori polmonari, Cambridge risponde

Eppure, nell’ultra-competitiva Cambridge si collabora più che altrove. Competizione e collaborazione, due facce della stessa medaglia. Il singolo ricercatore o la singola azienda non vince, se agisce in isolamento. L’ecosistema è nato proprio grazie all’intensissima collaborazione tra accademici e imprenditori, e ha trasformato la città (e la regione) nel corso degli ultimi trent’anni proprio portando acerrimi nemici a sedersi agli stessi tavoli. L’osmosi è totale: un dirigente di una multinazionale, ad esempio, ricopre anche incarichi accademici e nel policlinico universitario, oltre a essere consulente di una startup locale. Questo è possibile solo in un ecosistema concentrato come quello della Silicon Fen, e ha un nome preciso: interconnectivity.

Nella crisi Cambridge collabora con una forza ancora maggiore. Tante le rivalità scientifiche e commerciali messe da parte. Non importa ora chi arriva prima alla soluzione, non importa chi è il migliore. Innumerevoli gli esempi da riportare di laboratori e aziende con progetti condivisi in tutti i settori. Uno tra tutti: cinque società di consulenza specializzate in dispositivi medici, agguerritissime competitors, si uniscono nel COVID-19 Ventilator Challenge per accelerare sviluppo e produzione di ventilatori e soddisfare le crescenti esigenze ospedaliere causate dal COVID-19.

Il governo britannico glielo ha chiesto e loro hanno prontamente accettato. Il paradosso è che la richiesta sia arrivata proprio il 13 marzo, il giorno seguente alle dichiarazioni segnanti di Boris. Senza soffermarmi sull’apparente schizofrenia di un governo che un giorno minimizza la pandemia e il giorno dopo mette in piedi task force per combatterla, in questo momento di crisi anche io scelgo. Scelgo di recepire a pieno e di implementare nel mio microcosmo le parole che insegna il macrocosmo in cui vivo: prepararsi, adattarsi con agilità, aprirsi e collaborare.

 

 

Photo credits: CNN

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