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Strategie per uscire dal c’era una volta
Se il ranocchio si trasforma in principe, nel regno sarà tutta una festa? Il nostro protagonista è il Direttore del personale, anche detto HR Manager, che da burocrate diventa uno splendido mentore dedicato alla crescita personale dei collaboratori. Piani, strategie e sviluppo del potenziale al posto di lettere di richiamo, rigidi mansionari e tentativi di […]
Se il ranocchio si trasforma in principe, nel regno sarà tutta una festa?
Il nostro protagonista è il Direttore del personale, anche detto HR Manager, che da burocrate diventa uno splendido mentore dedicato alla crescita personale dei collaboratori. Piani, strategie e sviluppo del potenziale al posto di lettere di richiamo, rigidi mansionari e tentativi di mobbing. Il nuovo leader luccica sulla carta ma prima di diventare oro per l’organizzazione, attirando come le falene i giovani talenti e i manager più performanti, dovrà dimostrare di saper affrontare i rischi che ogni cambiamento comporta. Il rischio più forte è di non riuscire a far cambiare copione a un’organizzazione abituata a essere guidata da un ranocchio.
“Qualunque cambiamento, anche se positivo, fa uscire il sistema organizzativo dalla sua comfort zone e chi lavora in azienda può non ritrovarsi nel nuovo frame culturale che può essere vissuto con disagio – spiega Cinzia Pollio, aziendalista e psicologa di Performat, specializzata in Analisi Transazionale – perché, cambiando la leadership, vengono riviste le posizioni di potere. Se si passa da una cultura aziendale improntata al controllo ad una più orientata agli obiettivi, ci saranno figure che vedranno ridimensionato il loro ruolo, mentre altre figure emergeranno o saranno valorizzate”. Il rischio più grande è che le persone abituate a un comportamento disfunzionale incoraggiato dalla vecchia leadership o connotato a quello che l’analisi transazionale definisce come copione personale, non accettino una visione più evoluta dell’organizzazione e sentano messa a rischio la loro identità.
Scegliamo sempre chi ci somiglia: vita, famiglia, lavoro
Secondo Eric Berne, la gente tende ad agire secondo copioni sul lavoro e in famiglia. Come ricorda Abe Wagner nel libro Il manager transazionale, una persona seleziona il tipo di organizzazione e il tipo di capo che le permetterà di rimanere nel proprio copione. Anche i dirigenti, a loro volta, cercano di selezionare i collaboratori sulla base delle proprie abitudini relazionali.
Come in una famiglia, nell’organizzazione esistono ruoli genitoriali che mandano messaggi positivi o distruttivi e bambini che si ribellano o si adattano. Il copione dell’organizzazione vincente prevede invece che ciascuno sia richiamato preferibilmente al suo stato dell’Io adulto, ed eventualmente possa attivare, quando opportuno, lo stato dell’Io genitore affettivo e bambino libero, ma spesso un nuovo Direttore del Personale viene chiamato proprio perché un problema c’è e l’organizzazione è stretta fra ingiunzioni (messaggi distruttivi legati al non fare) e spinte (messaggi distruttivi con forma di imperativo sul dover essere).
Le spinte (o controingiunzione) sono cinque:
- sii perfetto
- compiaci
- sii forte
- sforzati
- sbrigati.
Queste spinte non sono positive per il lavoro del gruppo in azienda perché portano conseguenze indesiderate come: l’iperdettagliamento, la mancanza di autonomia e iniziativa, la rigidità, l’inconcludenza e la frettolosità. Il copione si alimenta attraverso le ingiunzioni, messaggi che attraverso la negazione incoraggiano determinati comportamenti, magari coerenti con le ingiunzioni ricevute nell’infanzia.
Dieci tipi di collaboratori da copione
Possiamo dare un nome a dieci tipi di collaboratore che, estremizzando, rappresentano chi inconsciamente si trova a proprio agio nel rispondere alle diverse ingiunzioni.
L’eroe
Ingiunzione: non essere/non stare bene. Accetta compiti rischiosi o orari di lavoro pesanti. Difficilmente un workhaolic accetterà di ridurre l’orario di lavoro, perché non godersi la vita fa parte della sua strategia di sopravvivenza.
Il conformista
Ingiunzione: non essere te stesso. Riceve e accetta compiti al di fuori delle sue competenze professionali, contrattualmente definite sulla scia di una spinta compiaci. Gli viene richiesto di fare il lavoro com’è sempre stato fatto. Chi accetta questa ingiunzione tende a mancare di iniziativa e fallisce se vuole ottenere cambiamento.
La persona seria
Ingiunzione: non essere un bambino. Evita di socializzare con i colleghi oltre lo stretto necessario e separa lavoro e divertimento. Il rischio è che non si facciano circolare le energie.
La persona dipendente
Ingiunzione: non crescere e non pensare. Gli vengono affidati incarichi specifici e limitati effettuati sotto stretto controllo e senza la possibilità di prendere decisioni autonome. Non sono abituati a prendersi delle responsabilità e questa paura non è semplice da superare, visto che in passato il capo rimproverava la troppa iniziativa.
Il confuso
Ingiunzione: non riuscire. Abituato a ricevere ordini poco chiari o contraddittori, accetta responsabilità senza avere i mezzi necessari per farvi fronte. Spesso gli sono assegnati compiti non realizzabili. Un altro modo per dare questa ingiunzione è prestare attenzione al collaboratore proprio in seguito a un errore e magari ignorarlo per il resto del tempo.
L’adattato
Ingiunzione: non (fare niente). Obbedisce ciecamente e lo fa anche quando non ne vede il senso. Talvolta a queste persone sono attribuite posizioni in cui c’è poco o niente da fare. Sono yes persons che hanno paura di essere creative e soprattutto di esprimere le proprie opinioni.
L’invisibile
Ingiunzione: non essere importante. Gli vengono attribuite posizioni mediocri, senza visibilità e possibilità di carriera.
L’inquieto
Ingiunzione: non fare parte. Abituato ad essere trasferito da un settore a un altro, da una sede a un’altra, da un’attività a un’altra. Ci si può ricordare di George Clooney in Fra le nuvole per capire che, per molti, avere radici sarebbe un problema.
Il solitario
Ingiunzione: non entrare in intimità (non fidarti). Gli vengono attribuiti compiti riservati e di fiducia, attività che evitano contatti stretti con i colleghi o ruoli che richiedono scarsa confidenza con i compagni di lavoro. Anche in una situazione più aperta, orientata allo scambio, potrebbe far fatica a sviluppare il giusto filtro fra riservatezza e condivisione.
Il duro
Ingiunzione: non sentire. Svolge ruoli in cui le emozioni non possono essere espresse. Tipicamente i ruoli come poliziotti e i chirurghi. Sempre di più si sta rivalutando il ruolo dell’empatia anche in queste figure, ma chi ha un “sii forte” molto sviluppato raramente accetta di dare spazio alle emozioni.
Come evitare di bloccare il cambiamento
Se queste sono le posizioni di rischio, come evitare che il cambiamento venga bloccato? “Se è vero che l’individuo impatta sull’organizzazione, è anche vero che l’organizzazione può influenzare anche positivamente il collaboratore. Le leve di cambiamento sono il riorientamento culturale, la creazione di un clima positivo, il riassetto del sistema di riconoscimenti e di incentivi, la formazione e soprattutto l’abilità interpersonale del leader nel convincere delle nuove opportunità”, conclude Cinzia Pollio, che elenca i giochi manageriali che possono intralciare l’evoluzione aziendale.
“Necessità di dati supplementari”: con l’alibi della mancanza di informazioni si differiscono le decisioni.
“Non avrebbe dovuto verificarsi in prima istanza”: si tratta sostanzialmente dello scarica barili.
“Potere, Potere, ma chi detiene il potere?”: non si prendono decisioni delegando a terzi non identificati.
“Titubanza”: tutto sembra andare per il verso giusto, ma c’è sempre un cambio di rotta all’ultimo momento.
“Che cosa penserà Harry?”: la decisione non viene presa per paura che un superiore non sia d’accordo, ma non si esplicita la domanda per ottenere il permesso.
“Già, ma”: a turno, anche fra team, uno propone un’idea, l’altro la castra.
“Eliminazione”: è il gioco dell’autosconfitta, quando si rinuncia a un’idea o a un’azione prima ancora di proporla.
E alla fine c’è anche “il Consulente”: giocato in alto, magari su un trono, prevede che si chieda consiglio, si ascolti ma non si agisca di conseguenza.
Alla fine della fiera, insomma, vista la presenza di così tanti giocolieri, non sappiamo per certo se vissero tutti felici e contenti.
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