C’erano una volta i volantini elettorali. Una marea di brochure colorate che invadevano le nostre cassette delle lettere, per spiegarci – con tono ammiccante e persuasivo – cosa avrebbe fatto per noi il candidato di turno se lo avessimo eletto. Se poi non avesse rispettato le promesse, non ci sarebbe rimasto che aspettare le elezioni […]
Incomunicabilità
There’s nothing to it. All you have to do is take a close look at yourself and you will understand everyone else. We’re in no way different ourselves… You show me someone who can’t understand people and I’ll show you someone who has built up a false image of himself. (I. Asimov, Foundation’s Edge, 1982) […]
There’s nothing to it. All you have to do is take a close look at yourself and you will understand everyone else. We’re in no way different ourselves… You show me someone who can’t understand people and I’ll show you someone who has built up a false image of himself.
(I. Asimov, Foundation’s Edge, 1982)
Lo studio del comportamento umano attraverso l’immensa mole di tracce sociali, che ogni giorno lasciamo nella rete, sta portando alla luce un essere umano molto meno razionale di quanto la retorica e, ancor di più, l’entusiasmo abbiano ipotizzato. Il cambiamento del paradigma di accesso e produzione delle informazioni si è via via sempre più svincolato dal ruolo dei mediatori e degli esperti verso un sistema più orizzontale e democratico.
La libertà che ha portato internet è stata cruciale. Ognuno può esprimere il suo pensiero o accedere ad un universo sconfinato di informazioni. Non c’è curiosità che non possa essere soddisfatta, l’accesso è immediato e svincolato. A rendere la conoscenza ancora più liquida hanno contribuito i social media. Amici virtuali con cui condividere foto, pensieri, notizie o gattini. E il dibattito, la discussione, si sposta sempre di più nelle arene virtuali di Twitter e Facebook.
Ci si confronta, si esprime la propria idea su qualunque argomento.
Cosa è importante, cosa è necessario discutere emerge da un processo democratico. L’utente posta un’ informazione, i contatti virtuali eventualmente colgono e cominciano a commentare e a diffondere condividendo, e il dibattito diventa virale. Il problema è cosa c’è dietro questi meccanismi di popolarità e cosa ci rivelano dell’essere umano. Alcuni studi hanno recentemente dimostrato che l’utente online seleziona solo informazioni che aderiscono al suo sistema di credenze e convinzioni. Poi commentando e fidelizzandosi a quel tipo di contenuti e di persone che la pensano in maniera simile. L’utente si ritrova quindi immerso in quelle che vengono dette casse di risonanza (echo chambers).
Gruppi di persone che la pensano in maniera simile e che selezionano, discutono informazioni, partendo da una prospettiva condivisa e da una retorica di gruppo. Queste persone discutendo tra loro tendono poi a rinforzare le proprie opinioni e fuggono il confronto. La forma che il sistema prende è quindi il principale fattore che determina i processi di diffusione delle informazioni e incede notevolmente sulla formazione dell’opinione pubblica. Infatti, all’interno di questi gruppi e dato il paradigma di funzionamento dei social media, le dinamiche risultano forzate.
Ogni utente cerca il consenso del suo gruppo di riferimento e, in preda ad una sorta di bulimia di like, cercherà di assomigliare sempre di piu a quello che è la figura ideale del gruppo. Un vegano cercherà di incarnare l’ideale della sua filosofia, lo scientista cercherà il ruolo del vate educatore. Questa tendenza tende a volte a indurre comportamenti innaturali, scomposti e a volte paradossali. Infatti, la dinamica tribale assorbe, appiattisce, e sublima lo stereotipo. I messaggi, le discussioni e la costruzione del pensiero vengono deformate. Diventa sempre più difficile trovare i criteri guida circondati da una complessità del mondo che esplode e da una scienza che, nonostante gli sforzi, non potrà mai essere magia o religione. In un mondo sempre più interconnesso, veloce e perso, manca la capacità di sapersi comunicare. Nell’incapacità totale, quasi nella paura, di riconoscerci come semplici e imperfetti esseri umani.
Incapaci di empatia, stiamo perdendo il senso del bello a favore di una morale che porta segregazione, e che si nutre della ricerca di approvazione. Nulla di nuovo sicuramente, ma mai cosi lontani nonostante la vicinanza.
[Credits photo: @tweetingseat”: la panchina-installazione per twittare all’aria aperta | Designerblog.it]
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