Tramvia fiorentina e polemiche su rotaia

Oggi pranzo con un amico. Mi chiede di raggiungerlo in un nuovo locale che hanno aperto da poco sulla cerchia dei viali, al piano terra di un palazzo dove è possibile, oltre che pranzare, noleggiare o far riparare una bici, comprare dischi e giradischi ma anche borse fatte con teloni di camion. Mi accoglie una […]

Oggi pranzo con un amico.

Mi chiede di raggiungerlo in un nuovo locale che hanno aperto da poco sulla cerchia dei viali, al piano terra di un palazzo dove è possibile, oltre che pranzare, noleggiare o far riparare una bici, comprare dischi e giradischi ma anche borse fatte con teloni di camion. Mi accoglie una specie di opera d’arte pop composta da musicassette colorate, accanto a una parete di mailbox delle dimensioni giuste per accogliere pacchi di Amazon. Sono i recapiti di chi abita ai piani superiori.

In gran parte si tratta di studenti che si possono permette un affitto in una delle location (odio gli inglesismi, ma qui ci sta tutto) più alla moda degli ultimi mesi. Per raggiungerla ho preso il tram, che in questa città si chiama tramvia, dopo un’attesa appena sufficiente a comprare il biglietto nella nuovissima fermata attrezzata. Il breve viaggio mi svela da un insolito punto di vista le vie che ho sempre percorso un metro più in basso, seduto in auto o su una moto.

 

Firenze vista dalla tramvia

La città che pensavo di conoscere, vista da centro strada, mi è parsa quasi irriconoscibile. Scendere sulle sponde del laghetto della Fortezza da Basso mi fa molto Parigi, eppure siamo nel cuore di una città che ha una pianta medievale. La tramvia ha dimostrato come anche in una città come Firenze il cambiamento è non solo possibile, ma spesso gradito. Accantonati forse per sempre ambiziosi progetti di sottoattraversamento del Duomo, i cantieri della tramvia si sono letteralmente fatti strada fino alla stazione di Santa Maria Novella, opera di uno dei maggiori interpreti del razionalismo italiano che, anche grazie alla riduzione del traffico veicolare, può tornare a essere ammirata come merita.

Firenze ha la maggiore concentrazione di opere d’arte nel mondo. I criteri di rispetto imposti, oltre che dal buon senso, anche dai vincoli della tutela come patrimonio UNESCO, impediscono che le linee tramviarie interessino le aree più sensibili: la sua zona pedonale, istituita nel 1990, si estende per 4 km2 su 48 km2 di centro abitato, per un rapporto di circa 10 m2 per abitante. Poca cosa rispetto al resto d’Europa. Dall’inaugurazione della linea 1 nella tratta Scandicci-Stazione il numero di passeggeri che l’ha usata è sempre cresciuto, doppiando da subito le previsioni di esercizio. Secondo le statistiche ufficiali la messa in esercizio della tratta Stazione-Careggi, quella che mi ha portato verso il centro da uno dei più importanti ospedali d’Italia, ha innalzato il numero di viaggiatori che la usano ogni mese da 1.500.000 a oltre 2.000.000.

La riduzione del traffico era stimata dall’ARPAT intorno al 20% dopo l’entrata in esercizio del primo tratto, nel 2010. Eppure capita di sentire i cittadini lamentarsi di non poter scorrazzare liberamente in macchina su viali, che adesso, per fare spazio alle rotaie, in qualche caso hanno ridotto le corsie. A tutto vantaggio di chi, a guardare i numeri, non vedeva l’ora di salirci sopra, e dal suo avvento non è più sceso. 10.000 auto in meno si vedono – letteralmente – e si sentono nell’aria, che può beneficiare di una riduzione delle mortifere polveri sottili del 5%.

 

Il futuro della sosta

La mobilità urbana è efficace quando può contare su una buona integrazione tra pubblico e privato. La possibilità di accedere a determinate zone della città con il proprio mezzo è ciò che spinge molti, secondo recenti indagini condotte da Siemens, a scegliere di passare dieci minuti del proprio tempo a cercare parcheggio, percorrendo in media 4,5 chilometri. Secondo BOSCH, la quota di traffico causata da chi cerca un posto arriva al 30%.

In altri termini: passiamo buona parte del nostro tempo alla guida dell’auto a cercare di fermarla!

A Firenze, tra i soggetti cui è demandata la delicata questione della gestione dell’accesso alle zone a traffico limitato e dei parcheggi di superficie (per intendersi, quelli con le strisce blu) c’è la Servizi alla Strada SpA. Abbiamo chiesto al suo presidente, l’ingegner Stefano Agresti, come vede l’evoluzione della mobilità privata nel capoluogo toscano, anche in relazione all’estensione della rete tramviaria.

“A mio avviso il problema non è tanto il numero delle auto in circolazione, quanto la possibilità di sapere cosa ci attende quando ci mettiamo alla guida. Mi spiego meglio: fino a quando la ricerca del parcheggio è regolata dalla fortuna, difficilmente potremo modificare il potere della comodità sperata di conquistare un posto vicino alla nostra destinazione. Oggi, a Firenze, è già possibile conoscere la disponibilità di posto nei parcheggi interrati, ma abbiamo allo studio applicazioni in grado di comunicare il numero di stalli disponibili in superficie in tempo reale. In questo modo, come già avviene anche in città come Treviso o La Spezia, potremo sapere cosa ci attende se decidiamo, ad esempio, di tentare un parcheggio sui viali di circonvallazione alle 15 del pomeriggio di venerdì.”

“Certo che a quel punto”, è la mia considerazione, “se al tempo perso a cercare il parcheggio si aggiunge il costo della sosta, scegliere di prendere un mezzo pubblico potrebbe diventare quasi logico.”

“In realtà”, spiega Agresti, “poter disporre di un’informazione esatta sul numero delle auto parcheggiate in determinate zone sarebbe utile non solo al cittadino, che così può organizzarsi meglio, ma anche a chi deve accertare il pagamento della sosta, dato che in questo modo si potrebbe agire selettivamente in quelle aree dove la differenza tra i veicoli che hanno pagato la sosta (i parcometri moderni e le app in uso consentono di avere il dato in tempo reale) e quelli rilevati consentirà di indirizzare l’accertamento solo dove la situazione effettivamente lo richiede”.

Un approccio lungimirante, che forse potrebbe consentire di riportare gli incassi dei parcheggi di superficie ai livelli precedenti l’eliminazione dei “vigilini” del 2009 (ausiliari del traffico cui era demandato il controllo della sosta, reintrodotti poi nel 2016), con un sistema che conta sulla collaborazione attiva (e interessata) del cittadino.

 

Il cappello e l’alluvione: Firenze soddisfatta e incontentabile

Torno allo Student Hotel dal mio amico, che ringrazio per la bella scoperta di questo posto di cui avevo solo sentito parlare. “Sai”, mi confida, “non tutti quelli che ci ho portato ne sono stati così entusiasti. In molti ritengono che non c’entri niente con Firenze, una città che secondo loro dovrebbe proteggere un’identità ancorata alla grande arte che la caratterizza, e quindi al suo passato”.

La cosa non mi stupisce. Si narra che nel ’66, durante l’alluvione, un signore messo in salvo da una finestra chiese ai suoi soccorritori che l’avevano raggiunto in canotto come mai non gli avessero recuperato il cappello. La storia magari è leggenda, ma racconta bene il carattere di una città abituata alle lodi per un patrimonio formidabile, che magari neanche conosce bene, ma che è abituata a ritenere immutabile e intoccabile.

Agli esercenti che non sono sopravvissuti ai lunghi cantieri non piacerà sapere che, dal momento dell’avvio, le attività economiche lungo il tracciato sono cresciute del 10,5% nell’area fiorentina e dell’11,5% nel territorio di Scandicci. Più del doppio rispetto all’incremento medio dei territori di riferimento, mentre l’intera area metropolitana, sempre secondo il recente studio cui si riferiscono i dati di cui sopra, registra addirittura segno negativo.

Ma anche se non sono mancate le polemiche sullaforesta di pali” intorno a Santa Maria Novella, che a me ricordano molto la storia del cappello nell’alluvione, lo scontro tra fazioni nella città sembra notevolmente calato dal livello “guelfi contro ghibellini” che caratterizzò il periodo antecedente l’avvio della Linea 1. Chissà se il dibattito conoscerà una nuova impennata in occasione del nuovo referendum che, a vent’anni dal primo e a dieci dal secondo, pare interesserà nuovamente i fiorentini per interrogarli sull’estensione della rete tramviaria verso sud, in direzione di Bagno a Ripoli. Sarebbe interessante sapere come la pensa oggi chi, proprio nei quartieri che oggi sono attraversati dai suoi percorsi, espresse la sua contrarietà nel 2008.

 

Indietro non si torna. Neanche con la tramvia

Certo, le questioni sul tavolo sono ancora molte, in particolare in merito all’integrazione della rete per gli utenti che, per motivi non sempre comprensibili, nella stessa area territoriale non possono utilizzare un unico titolo di viaggio.

Oggi è in esercizio la Linea 2, che collega l’aeroporto di Peretola passando da Novoli, una zona che a livello di quotazioni immobiliari ha già sentito i benèfici effetti dell’infrastruttura. Ma prima di chi cerca investimenti hanno di che rallegrarsi gli studenti del polo umanistico, che dalla stazione raggiungeranno l’università molto più comodamente. È ancora avvolta dalle nebbie della piana di Sesto Fiorentino l’estensione verso il polo scientifico, oggi raggiungibile con i mezzi pubblici a costo di lunghe attese o scarpinate solitarie. Ma qui la questione è strettamente legata all’aeroporto, l’altra infrastruttura su cui si giocano scommesse politiche e promesse ambientali di non semplice interpretazione.

Firenze ha dimostrato di essere capace di una visione progettuale a lungo termine, che un consenso politico continuo ha certamente favorito, ma che non sarebbe stata sufficiente senza la pazienza dei suoi abitanti, messa a dura prova da proroghe e ritardi non sempre comprensibili. Alcune opere di contorno, come il parcheggio di Villa Costanza accessibile senza uscire dall’autostrada, hanno visto nel tempo crescere il numero degli utenti, che hanno imparato ad apprezzare i vantaggi di raggiungere in venti minuti il centro, ma sono state realizzate otto anni dopo l’inaugurazione. Giusto in tempo per vedere l’avvento dei bus low cost, che da alcuni mesi sfruttano al massimo questa opportunità di bypassare il centro città.

Più che una forte volontà di investire sui servizi, ciò che appare ancora lontana è l’applicazione del fondamentale principio di concertazione che dovrebbe prescindere dagli orientamenti politici del potere. Curioso, infine, notare che la società che ha in esercizio la tramvia di Firenze è francese; come straniera era la società belga che a lungo ha gestito la filovia della città, che fino al 1951 poteva contare su una rete ferrata estesa praticamente su tutta l’attuale estensione della città metropolitana. Arriva il caffè, il mio amico mi accompagna alla fermata del tram. Giusto il tempo di rileggere il pezzo e mi accordo di essere arrivato a destinazione. Bella la mia città, capace di litigare su tutto ma oggi, a quanto pare, concorde sul fatto che un ritorno indietro non è neanche immaginabile.

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