Valutazione degli insegnanti: sarebbe ora, ma come?

Daniele Grassucci di Skuola.net intervistato da SenzaFiltro: “Insegnanti iper-tutelati ma non valorizzati. A scuola non si può fare carriera”.

Il coronavirus non è solo un microorganismo, ma è anche un incredibile evidenziatore: non lo dice la scienza, lo testimonia l’attualità. I problemi che da tempo il nostro Paese porta in spalla infatti in questo 2020 hanno raggiunto un aspetto tridimensionale. Ci sono sempre stati ma il COVID-19 ce li fa vedere in 3D, costringendoci ad ammettere quanto il protrarsi di rammendi e polvere sotto il tappeto abbia esasperato il conto da pagare, salato e aspro allo stesso tempo, per situazioni che tracimano fragilità annose.

Valutare gli insegnanti? Forse si può. Intervista a Daniele Grassucci di Skuola.net

La scuola è senza ombra di dubbio uno degli ambiti dove l’evidenziatore del coronavirus ha impresso il suo tratto più marcato, quasi un solco dove esempi virtuosi s’intrecciano ad altri da dimenticare. Ma su questo giro di boa che guarda comunque al futuro – perché bambini e giovani sono affacciati per loro natura sul domani, con buona pace di qualsiasi pandemia – ci confrontiamo con chi l’argomento scuola lo mastica da tempo. Parliamo di Daniele Grassucci, cofondatore e direttore di Skuola.net, portale nato nel 2000 e seguitissimo da studenti e studentesse. In una parola: i giovani, fulcro di riferimento del mondo educativo e didattico.

Partiamo da uno degli indiscussi protagonisti del mondo della scuola: la valutazione. A detenerla sono però sempre insegnanti e dirigenti scolastici a dispetto, paradossalmente, dei primi destinatari del servizio didattico: gli studenti. Quali strumenti andrebbero implementati per recuperare questo gap?

“Lascerei innanzitutto perdere i modelli americani basati su algoritmi perché rispecchiano il punto di vista di chi li ha realizzati”, evidenzia Grassucci. “Questi modelli rischiano inoltre di portare a dei risvolti tossici, sia nei confronti degli studenti che dei docenti stessi. Dovremmo quindi elaborare un sistema più complesso, che tenga conto di vari aspetti. Allo stesso tempo vanno però considerati altri aspetti che incidono sulla situazione. I dirigenti scolastici sono ad esempio valutati in base al numero di iscrizioni degli studenti, numero che, qualora scarso, rischia di far estinguere l’istituto scolastico da loro guidato. Riguardo invece ai docenti basti pensare che qualsiasi governo o ministro dell’Istruzione che abbia provato a adottare modalità per valutarli è caduto subito. Esiste un problema strutturale di fondo sul tema valutazione che è innegabile”.

Quale, schiettamente?

Una questione rilevante che decorre da anni: tutti i rinnovi sindacali hanno sempre puntato a ripartire le risorse a pioggia. Per i docenti non esistono aumenti stipendiali legati al merito, men che meno al curriculum o alla preparazione, ma solo all’anzianità. Parliamo poi sinceramente della questione della negligenza: è più facile che la terra venga distrutta da un meteorite che un insegnante venga licenziato! In tutti questi anni in cui mi occupo del tema ho trovato solo un caso: quello di una docente che durante una manifestazione ha urlato contro i poliziotti. L’episodio ha fatto il giro dei social ed è stata licenziata. Ma è appunto un caso isolato. Sono stati addirittura reintegrati in ambito scolastico quei docenti condannati per molestie sessuali: dopo aver scontato la pena sono tornati a insegnare. Tutto questo per dire che oggi risulta davvero difficile premiare il merito dei docenti diligenti e al contempo attivare misure in risposta al demerito fino a un giusto licenziamento. Si tratta senza dubbio di posti di lavoro iper-tutelati.

Non c’è quindi proprio modo di dare maggior voce in capitolo agli studenti e rendere meno impenetrabile questa cortina di iper-protezione?

Ai ragazzi e ai loro genitori possiamo dare tutti i questionari di valutazione che vogliamo, ma se poi mancano gli strumenti per incidere veramente sul corpo docenti il cambiamento non arriva. Bisognerebbe prima intervenire su questa base per ora intoccabile. Lo stesso dirigente scolastico non sceglie gli insegnanti, a meno che le graduatorie non siano esaurite: a farlo è l’ufficio scolastico. Altro aspetto che pesa sulla questione è l’assenza di meritocrazia in termini stipendiali: a scuola non si può fare carriera. Si tratta quindi di un ambito in cui il miglioramento non è incentivato dal sistema e nel quale essere sotto standard è tollerato, proprio per la mancanza di strumenti che intervengano sulle lacune.

Nel mondo della scuola sembra possa piovere per sempre. Esiste un margine di intervento che dà qualche speranza?

C’è, e dico che ci si può salvare grazie a quei dirigenti scolastici preparati e in grado di creare un sistema trainante che sviluppi una vera cultura del lavoro. Si tratta di dirigenti abili nel coordinare e valorizzare le risorse umane attraverso motivazioni che non sono casuali. Non potendo usare infatti strumenti di organizzazione aziendale – visto che non possono licenziare, assumere, né tantomeno dare aumenti di stipendio – utilizzano leve motivazionali per coinvolgere il corpo docente.

In che modo?

Ad esempio con progetti che li stimolino e li facciano sentire protagonisti. È inoltre importante la loro capacità di gestire non solo le risorse umane ma anche monetarie. Molte scuole statali fanno infatti la differenza perché riescono a prendere fondi ministeriali per attivare aggiornamenti per gli insegnanti, migliorare strutturalmente la scuola, sviluppare attività extracurriculari. Quando il dirigente crea una squadra coesa e motivata trovi la scuola che non solo funziona, ma che è anche un’eccellenza.

Parliamo dell’assenteismo di diversi insegnanti durante il lockdown. Omertà e stipendio garantito per loro, e invece critiche e voto di condotta in discesa per l’assenteismo degli studenti. Quanto pesa questa disparità?

Parto con il dire che la scuola italiana non era pronta per la didattica a distanza: questa è stata una soluzione di emergenza. I docenti assenteisti già prima sicuramente performavano male e non ci sono scuse per la dinamica: penso al bonus Renzi per l’acquisto dei pc e ai corsi di aggiornamento. Al contempo però sono aumentati anche i docenti che non sapevano utilizzare i mezzi, ma che si sono organizzati per farlo aumentando le loro competenze. Sicuramente la dinamica da due pesi e due misure esiste, ma in generale il lockdown ha messo in evidenza una delle più grandi ingiustizie italiane.

Quale?

Il diverso trattamento dei lavoratori del pubblico e del privato. Da un lato la pubblica amministrazione è stata infatti messa subito in smart working ma senza adeguati monitoraggi sulla sua performance, con tutte le conseguenze del caso. Parlo non solo della scuola ma anche, ad esempio, dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate, dove ai dipendenti è stato dato regolare stipendio. Nel privato invece c’è gente che non ha ancora ricevuto la cassa integrazione. Questa crisi la sta pagando solo una metà del Paese, e onestamente dico che in un periodo di difficoltà non si può pensare di toccare soltanto il reddito privato: non è equo.

Tornando alla scuola, sul podio degli aspetti urgenti da cambiare che cosa va messo?

Sicuramente il reclutamento dei docenti; vanno anche attivati concorsi regolari per evitare il precariato. È necessaria inoltre una formazione obbligatoria e non discrezionale, che li renda realmente aggiornati. E ribadisco la possibilità di valutare e premiare i docenti.

Il futuro della scuola s’indirizzerà verso un incontro di proposte o siamo destinati ad altri scontri?

Per un vero incontro abbiamo bisogno di una riforma bipartisan e di una forza politica che incida profondamente. Una forza che riesca a cambiare il sistema e che non cambi lei stessa ogni tot, rendendo così impossibile farlo.

Foto di copertina di Shubham Sharan su Unsplash

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