L’attesa del mondo antico e quella di oggi, forse, sono la stessa cosa. La traccia C2 della maturità 2023 svolta da Francesco Turri, consulente commerciale in ambito della sicurezza sul lavoro
Marcello Zinno, marketing manager, su innovazione e creatività
Il progresso va sempre più in fretta, tanto che è difficile stargli dietro. Ma questa velocità arricchisce o impoverisce l’uomo? La traccia B2 della maturità 2023 svolta da Marcello Zinno, marketing manager
Nessuno meglio di Piero Angela, una delle menti più acute e curiose dell’epoca contemporanea, poteva sottolineare meglio il valore della conoscenza, quello che gli anglosassoni definiscono come know-how o, in gergo aziendale, intangible asset. Lo sviluppo, il progresso tecnologico e scientifico sono stati sempre frutto di una ricerca, di sperimentazione, di errori e di un desiderio di ritentare. Ma la conoscenza che ha portato al progresso della nostra civiltà è sempre stata alimentata da una benzina particolare: la curiosità. Senza di essa l’uomo non sarebbe giunto nemmeno alla rivoluzione agricola (quella in parte criticata dal prof. Harari).
Eppure se pensiamo ai soli passi compiuti nel XXI secolo sembra pura fantascienza. L’aereo, la televisione, la medicina; l’elenco è infinito. Ma il progresso non ha avuto sempre la stessa velocità, ha visto una progressiva accelerazione nei secoli. Uno scrittore inglese constatò che dal momento in cui l’uomo scoprì il fuoco a quando capì come tenerlo vivo sono trascorsi millenni. Oggi nascono ogni giorno nuove invenzioni. Piero Angela ha perfettamente ragione: ogni invenzione, anche la più materiale, proviene dall’intelletto di una o più persone, quindi da un lavoro mentale. La continua ricerca unita alla velocità del progresso ha però scatenato anche fenomeni non sempre positivi: Piero Angela parla di distruzione creativa, ma si potrebbe parlare della obsolescenza tecnologica o addirittura della obsolescenza programmata. Infatti la continua ricerca di qualcosa di nuovo, di più avanzato, unita alle leggi del mercato che stimolano i consumatori ad acquistare prodotti sempre nuovi, ci conduce verso una dimensione in cui l’“usato” viene considerato “vecchio”, e quello che per noi è “rifiuto” per altri potrebbe essere “tesoro”.
La costante ricerca della riduzione dei tempi sta portando alla competizione sfrenata e spesso all’abolizione di ciò che non è essenziale (nei processi produttivi). Perché anche il tempo è una risorsa e come tale può essere tagliata (si parla spesso di politiche just in time). In più vige la paura che un’altra persona o azienda vi arrivi prima a quella invenzione, con la conseguente fretta nel volerla lanciare il prima possibile sul mercato.
Un’altra importante conseguenza di quanto analizza il nostro divulgatore scientifico è l’effetto “dematerializzazione”. L’esempio di Kodak spazzata via dalla digitalizzazione delle foto è centrato, ma potremo aggiungere la musica divenuta digitale (in formati compressi che ne riducono la qualità), i libri divenuti eBook (riducendo la libertà di inserirvi appunti e renderli personali), i quaderni divenuti file (e quindi standardizzati in formati e funzioni informatici) per finire con la conoscenza stessa rappresentata un tempo dall’enciclopedia (che richiedeva lunghe ricerche e studio) e oggi da internet (con un click si accede a qualsiasi informazione).
Quindi la domanda che dovremo porci è se questa ricchezza immateriale, che sta alimentando da un lato un processo di costante accelerazione della nostra vita e da un altro il continuo accumulo di beni digitali immagazzinabili all’infinito, stia rendendo l’essere umano una mente migliore, più progredita, oppure se stia contribuendo orwellianamente al suo impoverimento.
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