Bonus Cultura, il gioco delle due carte: ai giovani secondo reddito e voti

L’incentivo garantito ai diciottenni tramite 18app si sdoppia in Carta della cultura e del merito: chi rispetta i criteri percepirà fino a 1.000 euro. Paola Dubini, docente dell’Università Bocconi intervistata da SenzaFiltro: “Un errore legare il Bonus al reddito. E mancano i dati per analizzare le spese”

12.02.2024
Una delle carte del bonus cultura sullo schermo di un cellulare con la cifra di 500 euro

I diciottenni amano la cultura, almeno quella con la quale hanno maggiore dimestichezza per frequentazione scolastica (i libri) e generazionale (la musica). Lo dimostrano i dati relativi a 18app, il bonus di 500 euro riservato ai neodiciottenni per l’acquisto di beni culturali specifici: biglietti per cinema, teatro e spettacoli dal vivo, libri (inclusi audiolibri e libri elettronici), ingressi a musei, mostre, monumenti, eventi culturali, parchi naturali, musica in cd, dvd e online, corsi di lingua, musica, teatro, prodotti dell’editoria audiovisiva e abbonamenti a quotidiani e periodici.

Fruibile dal 2017 e rimasto in vigore fino all’anno scorso, quando l’esecutivo Meloni lo ha sostituito con la Carta della cultura e la Carta del merito (ma per i nati nel 2004 che ne abbiano fatto richiesta entro il 31 ottobre 2023 resta comunque utilizzabile fino al prossimo 30 aprile), 18app ha infatti riscosso un crescente successo tra i diciottenni: partito con poco più di 356.000 richieste (per un valore di oltre 162 milioni di euro), ossia il 62% degli aventi diritto, è arrivato nel 2023 a quasi 460.000 (e un valore di 172,4 milioni), cioè il 78% dei diciottenni italiani.

Ma vediamo più nel dettaglio come i ragazzi hanno utilizzato questi soldi.

Come i ragazzi spendono il Bonus Cultura

Gli ultimi dati disponibili, quelli del 2022 (che sono in linea con quelli degli anni precedenti), ci dicono che la maggior parte dei bonus è stata impiegata per l’acquisto di libri: in media si registra oltre l’80% della spesa totale, per una cifra che si aggira attorno ai 180 milioni di euro. Se consideriamo i 3,4 miliardi di euro fatturati dall’industria editoriale italiana (ultimo dato disponibile, relativo al primo semestre 2023), parliamo di una cifra pari al 5,2% del totale. Un dato spinto con ogni probabilità anche da una crisi che sta sempre più impoverendo le famiglie italiane.

Seguono, a grande distanza, musica (concerti e cd, dvd, vinili), che copre l’11% della spesa totale, cinema, teatro e danza, fiere ed eventi culturali, musei, corsi di lingua e, in fondo, gli abbonamenti a periodici e quotidiani.

Però i dati, posti così, dicono poco. Tutt’altra cosa sarebbe stata se, accanto alle cifre relative alle diverse categorie di spesa, fosse stata realizzata un’analisi più approfondita delle scelte dei ragazzi, incrociandole con elementi socioterritoriali: come si distribuiscono a livello geografico, non solo regionale, ma anche di città e di quartiere? Si differenziano tra maschi e femmine? E in base alle condizioni socioeconomiche o della presenza di servizi culturali sul territorio? Il ministero si è limitato a fornire i numeri dell’operazione Bonus Cultura, e nemmeno tutti (abbiamo chiesto dati più completi e aggiornati, senza ricevere risposta). Perdendo un’occasione preziosa per conoscere nel dettaglio le abitudini e i desideri culturali di una fascia d’età strategica per un Paese che guardi in prospettiva. E per costruire così un’offerta culturale organica, mirata, coerente, di sistema.

I numeri del Bonus Cultura, pochi e mal strutturati

La lacuna viene rilevata anche da chi della promozione del valore della cultura ha fatto il proprio lavoro, come Paola Dubini, docente presso il dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi ed esperta in management dell’industria e delle istituzioni culturali.

Il problema di fondo del Bonus Cultura non sta tanto nella sua applicazione, quanto nel fatto che il ministero non abbia reso disponibili informazioni puntuali circa il modo in cui è stato utilizzato. Poiché i diciottenni rappresentano una fetta importante dei consumatori di cultura e cinque anni sono un tempo sufficientemente lungo per farsi un’idea della situazione, avere dati precisi sarebbe stato un fondamentale strumento di policy culturale. Si sarebbe potuta vedere la distribuzione degli acquisti nei quartieri, la differenza tra maschi e femmine, la tipologia di chi ne ha fatto richiesta appena disponibili perché lo aspettava e chi invece si è ridotto all’ultimo momento.”

“Per il resto, per come è stato concepito e fruito – cioè come incentivo alla domanda di cultura e come regalo ai diciottenni – il Bonus è stato un’ottima idea. Così come lo è stata far accedere alla richiesta di incentivo attraverso SPID, promuovendo così il processo di digitalizzazione. Il primo anno è stato di rodaggio, ma poi è andato a regime e la risposta dei ragazzi è stata sicuramente positiva. Un aspetto meritevole è stato l’idea di fondo, ossia che, nel momento in cui un ragazzo diventa maggiorenne e ha quindi meno vincoli nei consumi culturali – come la pressione della famiglia e degli insegnanti – gli si dia la possibilità di scegliere l’offerta culturale che preferisce. Credo che questo sia un aspetto molto bello e importante, perché il bisogno di cultura, per la natura del suo oggetto, non si percepisce se non dopo averne consumata tanta, quindi questa nuova libertà per i diciottenni è un’occasione preziosa.”

“Ciò che emerge con evidenza è che il bonus è stato utilizzato in prevalenza per l’acquisto di libri, di svago, ma anche e in grandissima parte di studio. È un elemento che non deve stupire: i libri vengono già consumati molto dai giovani, e poiché il bisogno di cultura si avverte solo dopo averla frequentata a lungo, è naturale che il bonus sia andato verso la forma culturale con la quale si ha già dimestichezza. Ed è di conseguenza naturale che i ragazzi abbiano investito di meno su voci di spesa come teatro, musei, eventi culturali o formativi, rispetto alle quali il bisogno è meno percepito.”

Da 18app alle Carte della cultura e del merito: “Un errore legare il Bonus al reddito”

Da quest’anno, però, tutto cambia: per i nati nel 2005 lo strumento si divide in due.

Diventano infatti operative la Carta cultura e la Carta del merito, che cumulabili e ciascuna con un importo di 500 euro, danno la possibilità di accedere agli stessi prodotti e servizi di 18app. La differenza sostanziale, rispetto alla vecchia versione del bonus, è che queste due nuove carte sono destinate nel primo caso ai diciottenni appartenenti a famiglie con ISEE fino ai 35.000 euro, e nel secondo ai ragazzi che si siano diplomati con almeno 100/100, non oltre il compimento di 19 anni di età.

“Ora che lo strumento è stato modificato, ancorandolo in parte all’ISEE, da un certo punto di vista possiamo dire che se sei bravo e ti trovi in una condizione di disagio puoi avere mille euro da spendere in cultura”, dice Paola Dubini. “Tuttavia si generano altri problemi. Da una parte, la Carta del merito premia chi è già culturalmente attento; dall’altra, e qui sta la questione più problematica, legare la Carta cultura alla condizione economica rischia di fare perdere molte opportunità: anche se esiste, il bisogno di cultura non lo senti, non te ne rendi conto. Se ti do i soldi per comperare una macchina rispondo a una necessità che avverti, ma se te li do per la cultura non è automatico che tu li spenda per quello. E questo con la condizione economica non c’entra nulla. Nel caso dei consumi culturali il reddito è solo uno dei motivi che lo disincentivano, e non è neppure il principale. Io ripenserei la parte legata alla condizione economica perché credo che la Carta della cultura, così impostata, verrà usata poco. Un’idea per rivederla potrebbe essere farsi aiutare dalle scuole per individuare una platea ‘sensibile’ per la quale potrebbe essere utile spingere sulla leva dell’offerta culturale per favorire l’integrazione, per esempio per i nuovi italiani e anche gli immigrati di seconda generazione. Si potrebbero usare queste risorse per avviare un ragionamento che deve riguardare le istituzioni culturali: come faccio a fare in modo che la cultura diventi strumento di integrazione?

Insomma, l’idea di dare ai giovani un bonus da spendere per incentivare la fruizione culturale è di certo ottima, ma senza sistematizzare i dati della risposta e ancorando lo strumento alla situazione economica delle famiglie rischia di essere, ancora una volta, un’occasione mancata.

 

 

 

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Photo credits: retechiara.it

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