Oscar 2025: la vittoria sarà una questione politica?

Statistiche, commenti e considerazioni sulle nomination agli Oscar 2025. Manca l’Italia, ma non le polemiche, in un’edizione segnata dai roghi di Los Angeles e da diversi record tra opere e artisti partecipanti

02.02.2025
Oscar 2025: le due protagoniste di Emilia Pérez, candidato a 13 nomination

Dopo i rinvii a causa degli incendi che hanno sconvolto la California del Sud, l’annuncio delle candidature ai 97esimi Oscar, previsti per il 2 marzo, ridà slancio a una stagione dei premi condizionata dalle fiamme che hanno distrutto vite umane, case e interi quartieri di Los Angeles. La cerimonia sarà dedicata alla “città dei sogni”, ai pompieri e a quanti si sono prodigati per spegnere i roghi.

Con l’emergenza in corso, l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha esteso la finestra di alcuni giorni per facilitare la designazione delle candidature. Nel frattempo, numerosi eventi, proiezioni di film e incontri con il pubblico sono stati cancellati o riprogrammati; la cerimonia di premiazione dei Critics Choice Awards è stata rinviata al 7 febbraio.

Questa situazione ha avuto ripercussioni sulle nomine? È probabile, ma una risposta certa non l’avremo mai.

Emilia Pérez da record, anzi no. I candidati a vincere il miglior film negli Oscar 2025

A registrare il più alto numero di nomination è Emilia Pérez di Jacques Audiard, con cui Netflix (in Italia lo distribuisce però Lucky Red) spera di “fare il botto” (cit.). Il musical thriller premiato a Cannes e ai Golden Globe, storia di un potente narcotrafficante messicano che chiede aiuto a un’avvocata per cambiare genere e diventare una donna, conquista ben tredici nomination, avvicinando le quattordici candidature record di Titanic, Eva contro Eva e La La Land. È comunque il film non in lingua inglese più nominato di sempre, battendo Roma di Alfonso Cuarón e La tigre e il dragone di Ang Lee (che avevano ottenuto dieci nomine).

Wicked di Jon M. Chu, prima parte della trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway del 2003, e The Brutalist di Brady Corbet, premiato alla Mostra del Cinema di Venezia con il Leone d’Argento per la regia e con il Golden Globe al miglior dramma, vantano dieci candidature. Lo seguono con otto Conclave di Edward Berger (ne abbiamo parlato qui) e A Complete Unknown, il film di James Mangold sull’ascesa di Bob Dylan, incarnato da Timothée Chalamet, e sulla sua contestata svolta elettrica.

In tutto sono dieci i titoli candidati a miglior film. Non manca Anora, l’amara commedia di Sean Baker sulla fine del sogno americano che ha conquistato la Palma d’Oro a Cannes nel 2024. Unico blockbuster in lista è Dune – Parte II di Denis Villeneuve, con cinque nomination. Stesso numero per il body horror francese The Substance, che lancia Demi Moore nella corsa a miglior attrice e consacra Coralie Fargeat, unica donna candidata alla regia che raccoglie l’eredità della connazionale Justine Triet, in gara lo scorso anno con lo straordinario Anatomia di una caduta.

Rispetto alla vigilia, due sono state le sorprese: Nickel Boys di RaMell Ross, adattamento cinematografico di I ragazzi della Nickel dello scrittore afroamericano Colson Whitehead, e Io sono ancora qui di Walter Salles, che racconta il dramma dei desaparecidos brasiliani attraverso la storia vera di Eunice Pavia e della sua famiglia.

Degli Oscar (quasi) senza Italia: fuori Vermiglio, nominata Isabella Rossellini

Male l’Italia, che con Vermiglio di Maura Delpero manca la nomina a miglior film internazionale. Lo sorpassano, oltre a Emilia Pérez, anche il brasiliano Io sono ancora qui, e lo splendido Flow – Un mondo dal salvare del regista lettone Gints Zilbalodis, che compete giustamente anche nella categoria del miglior film di animazione.

Completano la cinquina La ragazza con lago (Danimarca) di Magnus von Horm e Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof (Germania), ora in esilio, che realizza un film di denuncia sul regime iraniano. Snobbato anche Luca Guadagnino, sia con il brillante Challengers (triangolo amoroso nel mondo del tennis) che con l’impegnato Queer, presentato a Venezia. A tenere alta la bandiera italiana resta Isabella Rossellini, che con il suo breve ma incisivo ruolo di suor Agnes in Conclave ottiene la prima nomination agli Oscar della carriera come miglior attrice non protagonista.

La cerimonia del 2 marzo al Dolby Theatre di Los Angeles sarà caratterizzata da molti volti nuovi tra i candidati. Per la prima volta dal 1997, tutti e cinque i registi in lizza sono alla prima nomination: Jacques Audiard (Emilia Pérez); Sean Baker (Anora), Brady Corbet (The Brutalist), James Mangold (A Complete Unknown), e Coralie Fargeat (The Substance), decima donna in corsa per l’Oscar come miglior regista nella storia delle 97 edizioni.

Gli amanti delle statistiche riportano un altro dato interessante: sono ben tredici gli interpreti a ricevere la loro prima nomina. Tra questi ci sono la popstar Ariana Grande, supporting in Wicked, e Kieran Culkin, favorito nella categoria di miglior attore non protagonista per A Real Pain di Jesse Eisenberg. Anche il suo collega di set nella serie di culto Succession, Jeremy Strong, è stato candidato per il ruolo di Roy Cohn, il mentore di Donald Trump in The Apprentice – Alle origini di Trump.

Miglior attore: sfida a due tra Brody e Chalamet

A contendersi il premio Oscar come miglior attore sono soprattutto in due.

Frontrunner è Adrian Brody, che va per la seconda statuetta da protagonista, dopo la prima ottenuta per il ruolo di Władysław Szpilman ne “Il Pianista” di Roman Polański nel 2003. In The Brutalist interpreta l’architetto ebreo László Tóth, che dopo la Seconda guerra mondiale approda in America dall’Ungheria, esperienza vissuta dalla stessa madre di Brody, la fotografa Sylvia Plachy.

Il suo principale rivale è Timothée Chalamet, dai tempi di James Dean l’attore più giovane a ricevere due nomination prima dei 30 anni (la prima era stata per Chiamami con il tuo nome), che sta mettendo d’accordo critica e pubblico nei panni del giovane Bob Dylan.

Il Golden Globe se l’è aggiudicato Brody, resta da vedere se gli Screen Actors Guild Award e i Bafta – previsti a febbraio – sposteranno gli equilibri. Agli Oscar britannici potrebbe prevalere l’idolo di casa, il grandissimo Ralph Fiennes, protagonista di Conclave. Completano la cinquina Colman Domingo, già nominato con Rustin, per il film Sing Sing di Greg Kwedar, incentrato sulla rieducazione dei detenuti del famoso carcere attraverso l’arte, e in particolare l’esperienza del teatro.

La grande sorpresa di categoria è la presenza di Sebastian Stan, che aveva vinto il Golden Globe per un altro film: A Different Man. L’attore di origini rumene, volto noto del Marvel Cinematic Universe, raggiunge l’ambito traguardo nientemeno che nei panni del giovane Donald Trump, da poco insediatosi alla Casa Bianca per il suo secondo mandato presidenziale, in The Apprentice – Alle origini di Trump di Ali Abbasi. Uno schiaffo morale al tycoon che ha sempre osteggiato il film, scarsamente distribuito negli Usa?

Miglior attrice: per la prima volta nominata un’attrice transgender

Molte interpreti si sono contese la preziosa cinquina come migliore attrice, con esclusioni eccellenti come Angelina Jolie, la Maria Callas in Maria di Pablo Larraín, e Nicole Kidman, Coppa Volpi a Venezia per il thriller erotico Babygirl di Halina Reijn. Quello che è certo è che si riscrive nuovamente la storia.

Se nel 2024 Lily Gladstone è stata la prima nativa americana a essere candidata all’Oscar, quest’anno la spagnola Karla Sofia Gascón è la prima transgender in corsa per la statuetta come protagonista. Suo è il doppio ruolo di JuanManitasDel Monte/Emilia Pérez nel plurinominato film di Jacques Audiard. Ad affiancarla è la bravissima Zoe Saldaña, inserita non senza polemiche nella categoria di migliore attrice non protagonista quando è a tutti gli effetti una coprotagonista.

La favola di questa edizione è certamente quella di Demi Moore, che a 62 anni trova il ruolo della carriera con The Substance. Ce l’ha fatta anche la brasiliana Fernanda Torres, vincitrice del Golden Globe per Io sono ancora qui, ma esclusa dalle candidature ai SAG e ai BAFTA.

Riconoscimento anche per Mikey Madison, la sex worker Anora del film di Sean Baker, e Cynthia Erivo, cantante e attrice che in Wicked dà vita sullo schermo alla strega Elphaba; Erivo è la più giovane artista ad aspirare a vincere il prestigioso EGOT (Emmy, Grammy, Oscar, Tony Award).

Chi vince, alla fine: sullo sfondo politica e intelligenza artificiale

In queste nomination convivono film d’autore da festival e titoli più convenzionali e mainstream; un trend favorito dai membri sempre più internazionali dell’Academy. A prevalere, in questa fase, sono soprattutto i musical, atipici e non.

Trump ha dichiarato senza mezzi termini: “Esistono solo due sessi”. La comunità cinematografica chiamata a votare potrebbe “punirlopremiando Emilia Pérez, con un’interprete transgender come protagonista, ma il titolo francese – presentato a Cannes 2024 – ha sin dal primo momento affascinato critici e addetti ai lavori per la sua imprevedibilità e originalità artistica, indipendentemente dalle elezioni americane. Il film di Audiard raccoglie però numerosi detrattori, ed è oggetto di aspre polemiche, legate alla rappresentazione della cultura messicana e del tema dei dispersi dovuti al narcotraffico. Sotto accusa anche la scelta del cast principale, dove compare una sola attrice messicana, Adriana Paz.

Girato in pellicola VistaVision, The Brutalist è l’ambiziosa opera monstre della durata di 215 minuti (compreso di intervallo di 15 minuti) concepita da Corbet in sette lunghi anni di lavoro. L’epopea privata e professionale di László Toth, architetto ebreo ungherese scampato all’Olocausto, non lascia indifferenti. Anche questo film ha però ricevuto la sua dose di critiche per l’uso dell’intelligenza artificiale; nello specifico della tecnologia ucraina Respeecher per rendere impeccabile la pronuncia ungherese di Adrien Brody e di Felicity Jones (anche lei candidata agli Oscar).

Tra questi due titoli così autoriali e, per ragioni diverse, divisivi, potrebbero spuntarla opere più accessibili e crowd pleaser come Wicked, Conclave e, soprattutto, A Complete Unknown. La parola ora spetta ai “giurati”.

 

 

 

L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.

Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro. 

Sottoscrivi SenzaFiltro

 

Photo credits: luckyred.it

CONDIVIDI

Leggi anche

Il cibo pugliese giù al Nord

Puglia: terra di emigranti, di mare azzurro e di ottima cucina. Una regione che è diventata a tutti gli effetti un brand forte, vincente, e che molto deve proprio a questi tre fattori. In fondo, volendo risolvere la questione in maniera semplicistica, tra i promotori del suo cibo, delle sue bellezze paesaggistiche e della sua […]

Milano ieri, oggi e l’altro ieri

Oggi Sono convinto che i Grandi Eventi, tipo Olimpiadi o Expo, finiscano comunque per tradursi in una chiavica per i territori prescelti e i loro cittadini, con l’eccezione dei costruttori e degli sponsor. Sono stato influenzato da una consolidata diffidenza professionale per le esagerazioni retoriche dello storytelling (per chi fa il mio lavoro, quello del […]