Rilevatori ISTAT sottopagati e a cottimo: “Così peggiora la qualità dei dati”

“Ci pagavano 42 euro a intervista, siamo scesi a 28. Ora tante volte si fa per telefono, o si inventa di sana pianta”: le testimonianze dei rilevatori ISTAT intervistati da SenzaFiltro chiamano in causa l’Istituto Nazionale di Statistica. Quanto è affidabile l’immagine del Paese che restituisce?

05.03.2025
Rilevatori ISTAT in sciopero: gli striscioni

L’ISTAT risparmia sui rilevatori statistici, e a farne le spese è la qualità finale dei dati raccolti, che arrivano ai ricercatori. A cascata, l’immagine che si ha dell’Italia, e del mondo del lavoro in particolare, risulta meno fedele. A raccontarlo, carte alla mano, è uno dei rilevatori (sono oltre 300 e ricoprono tutto il territorio italiano): uno di quei lavoratori che ogni giorno macina anche centinaia di chilometri per raggiungere il campione delle famiglie scelto per le indagini ISTAT.

Con il passaggio alla nuova società, nel maggio 2024, lui e i suoi colleghi si sono visti decurtare lo stipendio di circa 600 euro al mese.

"Il rischio di peggioramento qualitativo è altissimo. (...) Tante volte i colleghi non raggiungono la famiglia di destinazione e le interviste vengono fatte per telefono, oppure magari vengono inventate di sana pianta."
Anonimo, rilevatore ISTAT

“Sono un rilevatore statistico – dice uno di loro a SenzaFiltro – per le due indagini sociali più importanti, quella sulle forze di lavoro (che fotografano i livelli di occupazione) e quella sulle spese delle famiglie (da cui si misura anche il tasso di povertà); sono indagini che vengono effettuate in tutta Europa con il coordinamento di Eurostat. Per fare un esempio dalle indagini a cui ho partecipato, emerge come cinque milioni di cittadini italiani facciano fatica a mettere insieme il mezzogiorno con la sera.

ISTAT e la scelta di usare rilevatori a cottimo: “Noi pagati a intervista”

“Faccio il rilevatore statistico da 24 anni,” prosegue l’intervistato. “I primi contratti vennero stipulati come coordinati e continuativi direttamente con ISTAT. Dopo tre anni il governo Prodi diede la possibilità a noi rilevatori di essere stabilizzati, eliminando così la nostra precarietà. ISTAT tuttavia pensò di esternalizzare le indagini per affidarle ad aziende satelliti, che non avendo alcun obbligo hanno mantenuto i contratti precari. Nessuno si è mai preso la briga di andare a vedere come sono inquadrati i nostri colleghi in Europa, alcuni dei quali sono addirittura equiparati agli impiegati pubblici (un esempio: la Francia). Quando si ha un contratto a tempo indeterminato vengono riconosciuti i cosiddetti diritti elementari, quindi la malattia, le ferie, l’infortunio, la maternità per le donne, e tutta una serie di vantaggi di protezione per il lavoratore. Invece per noi non è così. Veniamo pagati a intervista, quindi più interviste facciamo e più guadagniamo. Nei momenti in cui abbiamo delle difficoltà, ad esempio perché ci ammaliamo, il nostro pacchetto di interviste viene spalmato ad altri colleghi, e noi rimaniamo senza guadagno e senza malattia, con un conseguente calo della qualità del prodotto finale”.

In media questi lavoratori fanno dalle 35 alle 40 interviste al mese. L’ISTAT ha infatti formato una classe di rilevatori professionisti e ha assegnato a ciascuno di loro un’area geografica in base alla distanza da casa. Non sempre basta la professionalità: c’è chi si trova ad esempio a occuparsi di più Comuni in provincia, se c’è da sostituire un collega. Siccome le interviste devono essere svolte seguendo un rigido protocollo imposto da Eurostat, che prevede tempistiche precise (per mantenere elevata la qualità del dato), si rischia sempre di lavorare male e in affanno, peggiorando la nostra salute psicofisica.

"Prima ci pagavano 42 euro a intervista, ora siamo scesi a 28. (...) Ho dovuto cambiare tenore di vita, perché i compensi in alcuni casi sono diminuiti del 40%."
Anonimo, rilevatore ISTAT

Cambia la società, cambiano i compensi dei rilevatori: ribassi fino al 40%

Dal 2009 c’è quindi un passaggio in più, perché i rilevatori sono gestiti da una società esterna. In un primo tempo l’appalto è stato vinto dalla francese IPSOS, mentre dal maggio 2024 è andato a CSA.

Il cambio di azienda è passato attraverso una procedura a evidenza pubblica che, pur non essendo tecnicamente al ribasso, è finita con una convenzione con la nuova società, che ha offerto 604.814,80, partendo da una base d’asta di 926.040 euro. Insomma uno sconto, circa del 30%, che è finito tutto sulle spalle dei lavoratori.

“Questo significa – dice uno dei rilevatori interpellati da SenzaFiltro – che in pratica, se manteniamo gli stessi standard numerici, guadagniamo sicuramente di meno. Il problema è che noi nel calcolo dell’intervista dobbiamo far ricadere la telefonata a nostre spese e lo spostamento con l’automobile. Prima ci pagavano 42 euro a intervista, ora siamo scesi a 28. Non bisogna calcolare solo la benzina, nelle spese: c’è stato un periodo in cui cambiavo macchina ogni tre anni, perché mi muovevo tantissimo. Ho dovuto cambiare tenore di vita, perché i compensi in alcuni casi sono diminuiti del 40%, mentre il costo della vita è aumentato. Siamo penalizzati perché non solo ci pagano di meno, ma per realizzare questo tipo di attività spendiamo di più, quindi i margini di guadagno si restringono.”

Meno controlli, interviste fatte per telefono o inventate: così il dato peggiora

Oggi si lavora con un approccio diverso al campione statistico.

Al rilevatore viene affidato un gruppo di famiglie, e ogni famiglia considerata rappresentativa ne ha tre “di riserva” che lo sono meno. Se non si trova la prima, perché si è trasferita o ha cambiato recapito, si devono lavorare le altre. In passato gli sforzi per trovare la più rappresentativa erano maggiori. Un tempo si insisteva molto di più sul fatto che, una volta terminata l’intervista, la famiglia fornisse il recapito telefonico, cosa che aveva lo scopo di permettere una seconda tornata di interviste, così da monitorare i cambiamenti. Su questo tema del recupero del numero di telefono si è impuntata molto anche IPSOS, mentre oggi CSA non insiste al riguardo. Per ottenere chiarimenti in merito SenzaFiltro ha contattato direttamente ISTAT, che però al momento non ha ritenuto di rispondere.

Alcuni rilevatori hanno deciso di non passare alla nuova società, nonostante l’offerta. C’è chi ha preferito la disoccupazione e chi invece ha cambiato lavoro, ma non per tutti è facile. Infatti, la platea dei rilevatori ha un’età media intorno ai 55 anni, ed è difficile per loro trovare un piano B. I tagli influiscono anche sulla qualità del lavoro, anche se la società attua delle forme di controllo.

Il rischio di peggioramento qualitativo è altissimo. Infatti, per un periodo con IPSOS eravamo monitorati con telefonate di verifica alle famiglie a campione. Alcune interviste in passato sono state annullate. Oggi non è così semplice, perché ormai tutti hanno il cellulare e bisogna recuperarli. Il rischio di un peggioramento nella raccolta c’è perché, lavorando di meno, tante volte i colleghi non raggiungono la famiglia di destinazione e le interviste vengono fatte per telefono, oppure magari vengono inventate di sana pianta. Io ho l’impressione che magari i controlli non siano ancora partiti perché, semmai dovessero partire, non so cosa potrebbe succedere. Quindi, alla fine, se i dati vengono raccolti in questo modo sono molto raffazzonati, e la qualità ne è inficiata, anche per via del compenso minore.”

Da fonti interne, si è venuto a sapere che gli stessi dirigenti ISTAT sarebbero al corrente del problema e per questo molto preoccupati, sia per la qualità dei dati prodotti sia per la grave situazione della precarietà dei rilevatori; allo stesso tempo, sarebbero consci del fatto che per ora non si potrà fare niente, perché il danno sarebbe già stato fatto.

 

 

 

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Photo credits: flcgilromaelazio.it

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