Raggiunta una certa età il reinserimento professionale è solo un mito? Lo abbiamo chiesto a un lavoratore che l’ha vissuto sulla propria pelle e all’head hunter Gabriele Ghini.
Tutte le nostre dipendenze
I numeri e la geografia delle dipendenze in Italia, da quelle nuove a quelle più vetuste. Ma si tratta di un universo molto più variegato di ciò che ci si potrebbe aspettare: una tendenza endemica a tutti gli esseri umani dalla quale nessuno può dirsi immune
Leggi il nostro reportage “Da che dipendi“.
Chi ha detto che le dipendenze riguardano solo alcol, droga o gioco d’azzardo? Ciò che esercita sull’uomo un richiamo morboso e costante è un universo molto più variegato. In qualche misura, tutti siamo dipendenti da qualcosa: ciò che ci chiama, che sia un oggetto o un’idea, è correlato in modo inscindibile con la nostra vita, le nostre spese, i nostri lavori.
Legali o illegali, le dipendenze contribuiscono al PIL, perché danno da vivere a chi vende il materiale per soddisfarle e danno da lavorare a chi opera per arginarle. Ma rappresentano anche un costo per lo Stato italiano, che negli ultimi anni ha deciso di investire meno per combatterle. A confermarlo è il report del 2023 messo a punto dall’OISED, che spiega come interventi ad hoc di prevenzione e cura potrebbero migliorare la situazione non solo sociale, ma anche economica italiana, e come gli ultimi governi abbiano ridotto gli investimenti.
«Si stimano risparmi molto rilevanti ottenibili con gli effetti di una riduzione delle tempistiche dei processi penali e l’inserimento in strutture riabilitative (alternative alla detenzione): potrebbero consentire un risparmio pari a 59 milioni, per ogni punto percentuale di riduzione dei casi “a rischio”. Per quanto concerne la dipendenza da alcol, considerando tanto i consumatori a rischio (8,6 milioni), quanto i consumatori con abuso di alcol (circa 670.000), eleggibili questi ultimi alla presa in carico da parte dei servizi, come anticipato si stima un costo (diretto) nazionale annuo per il Paese pari a 1,3 miliardi.»
Cifre che ricadono su tutta la comunità e derivano da fenomeni che in molti casi fanno guadagnare soprattutto la malavita, che si sta già organizzando con nuove droghe e cambia in modo rapido i propri metodi.
Lo Stato volta le spalle alle dipendenze e ai loro costi
La spesa annua per residente dell’assistenza per le dipendenze, sia territoriale che ospedaliera, è pari a 19,8 euro, calcolata dividendo il costo complessivo dell’assistenza per le dipendenze per la popolazione residente nel 2021. L’assistenza territoriale ha un costo complessivo che ammonta a 1.127.288 (in migliaia di euro), di cui 764.116 (in migliaia di euro) per l’assistenza ambulatoriale, 63.440 (in migliaia di euro) per l’assistenza semiresidenziale e 299.732 (in migliaia di euro) per l’assistenza residenziale.
Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera, la remunerazione teorica delle prestazioni di ricovero ospedaliero è nel 2022 pari a 47.161 (in migliaia di euro), ma negli anni la spesa statale per questo settore si è molto ridotta.
Dal 2015 al 2022 il numero di SerD in rapporto alla popolazione si è ridotto dell’11,2%. A farne le spese sono state soprattutto le Regioni del Nord. Le cifre sono impietose: nel 2021 operavano nei SerD 6.213 operatori, dedicati all’assistenza di persone con problemi di dipendenza da sostanze illegali, escluso il gioco d’azzardo e l’alcol. Il numero si è ridotto del -6,2% rispetto all’anno pre-pandemico, attestandosi a 12 operatori ogni 100.000 abitanti (-0,8 unità rispetto al 2019), con un valore massimo pari a 13,9 nel Nord Ovest del Paese, seguito dal NordE st con 12,3 e dal Centro con 11,3.
Il dimensionamento minore si riscontra nel Mezzogiorno, ed è pari a 10,8 unità ogni 100.000 abitanti. Per intendersi, è come se a Novara e ad Ancona ci fossero poco più di dieci persone a occuparsi di tutti coloro che hanno problemi di dipendenze. La riduzione delle risorse umane rispetto al periodo pre-pandemico (anno 2019) ha interessato soprattutto il Nord Est e il Meridione: -8,4% e -6,1%, rispettivamente. Si tratta di scelte che possono suonare avventate se si pensa che la dipendenza da alcol e droghe genera costi pari a 8,3 miliardi, senza contare le perdite di produttività e il valore delle sostanze stupefacenti, che arriva a rappresentare circa 15,5 miliardi (l’1% del PIL italiano).
Vecchie droghe, pericoli nuovi: dall’alcol all’eroina
Se da un lato ogni giorno ci sono politici che parlano di lotta alla droga (e in alcuni casi anche ai drogati, tornati di moda nei comizi di qualche leader), dall’altro si fa poco per mettere i proclami in pratica, alla luce di un approccio spesso moralistico.
«Io mi occupo di dipendenze quarant’anni,» spiega Alfio Lucchini, direttore di CerCo, il centro studi che ha collaborato al report di OISED. «I consumi impropri ci sono sempre stati. Assumere sostanze è una tendenza insita nell’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito le dipendenze come fattore strutturale della società. Bisogna che la politica analizzi in un modo laico questo fenomeno. Deve mettere in atto tutte le azioni di governance che permettono di non farsi male». Partendo dalle sostanze tradizionali, che rappresentano sempre la base del problema.
«Noi ci siamo occupati di sostanze psicotrope illegali e dell’alcol, che è la più importante sostanza psicotropa legale, e che dà i maggiori problemi alla società. Adesso si parla moltissimo di Fentanyl e del disturbo da gioco d’azzardo patologico. Ma l’impatto maggiore è quello delle droghe classiche nella loro evoluzione, come l’eroina, che non si inietta più, ma si fuma.»
Se sulla droga negli anni si è fatto molto, sull’alcol (complice anche il basso stigma sociale) in Italia è più difficile agire. «La premessa è la lotta allo stigma,» spiega Lucchini, «questo è il punto fondamentale. E lo stigma si basa sulle regole ai consumi. È molto facile costruire uno stigma su droghe come cannabis, quando non si vede come quattro Regioni italiane hanno un’economia basata sul vino e sugli alcolici. Basti pensare come non sia stato possibile mettere per legge sulle bottiglie messaggi che dicono che l’alcol fa male (l’Italia fu in prima linea nella battaglia contro le avvertenze sulle bottiglie, N.d.R). Pesa la cosiddetta cultura mediterranea. A questo si aggiunga il fatto che nei gruppi di giovani, oggi, non viene stigmatizzato l’uso della marijuana».
Nuove generazioni, nuove dipendenze
Negli anni si sono poi aggiunte nuove dipendenze, in modo particolare quelle sui social.
«In questo momento mi dedico essenzialmente all’intervento precoce in adolescenza e a tutti gli aspetti under 25 dei fenomeni di consumi e di dipendenza,» prosegue Lucchini. «È diventato molto difficile per chi ha più anni riuscire a capire i giovani. Cerchiamo di concentrarci su questo. Una variante che non posso definire fino in fondo è legata a eventuali problemi connessi a fenomeni social; e poi ci sono nuove abitudini che arrivano dall’estero. C’è una diceria per cui i fenomeni che nascono negli USA dopo dieci anni arrivano anche in Italia. La questione degli oppioidi sintetici, per esempio, non è da poco. Uccide 110.000 persone l’anno solo negli USA, mentre l’eroina ne uccide 2.000. Abbiamo un’organizzazione sanitaria migliore degli USA, ma detto questo è indubbio che, se il mercato globale della droga decidesse di investire in quella sintetica, potrebbe essere un’emergenza non indifferente».
Non importano l’età, la latitudine o le generazioni: quello con le nostre dipendenze è un corpo a corpo che durerà finché esisterà l’uomo. Sconfiggerle è impossibile, gestirle e indirizzarle sì. Per farlo, tuttavia, serve non poca consapevolezza di tutti i vuoti e i pieni di cui siamo composti. Serve guardare con onestà a ciò che ci chiama ogni giorno; un viaggio scabroso in tutte le nostre dipendenze.
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