Adriatronics, sedotta e rivenduta sei mesi dopo

L’azienda triestina, che opera nella produzione di manufatti elettrici, è in crisi ormai da dieci anni: oggi rischiano il posto 230 dipendenti. Nel frattempo il fondo tedesco Fair Cap, che l’ha acquistata a novembre, la rivenderà a un nuovo acquirente. Che al momento ancora non c’è

12.05.2025
Adriatronics, ex Flextronics, a Trieste: lo stabilimento presidiato dai sindacati

Da un gruppo industriale a un fondo e poi, di nuovo, a un gruppo industriale. Nel mese di maggio potremmo assistere a un ennesimo balletto, che forse potrebbe essere quello risolutivo di una crisi industriale che dura da anni: il fondo tedesco di private equity Fair Cap è intenzionato a cedere la proprietà di Adriatronics, società specializzata nella produzione di manufatti elettronici a Trieste, a soli sei mesi dall’acquisto. La notizia è circolata a ridosso dell’incontro al ministero del Lavoro tra i responsabili del fondo, i sindacati, i consulenti del ministero e gli advisor, e ha smentito anche quella circolata a marzo, secondo la quale il Fair Cap era pronto a cedere la parte immobiliare.

Già all’epoca si era intuito che qualcosa non andava, nell’operazione che a novembre aveva portato il giovane fondo tedesco a puntare gli occhi sull’Italia: nato nel 2020, aveva deciso di investire al di qua delle Alpi, ma ora ha cambiato idea. Per il momento i circa 300 posti di lavoro dell’azienda con sede a Trieste sono salvi, ma c’è ancora una lunga strada da percorrere, perché all’orizzonte non si vede un acquirente. Inoltre, vista la situazione delle commesse e della produttività dell’azienda, non è nemmeno detto che tutti quei posti di lavoro si possano salvare, perché lo stabilimento per il momento non riesce a mantenersi.

Trieste: da Flextronics a Adriatronics, nel segno della crisi

Flextronics, multinazionale svedese, acquisisce la divisione Hardware della società Italdata di proprietà di Siemens e di Telecom Italia nel 2000. Sempre nello stesso anno Flextronics Group annette – sempre da Siemens – l’Aquila S.r.l., attiva nella produzione, assemblaggio e riparazione di prodotti elettronici e moduli base. Entrambe le partecipazioni sono state dismesse, ma nel 2015 l’azienda ha comprato lo stabilimento di produzione di Trieste da Alcatel-Lucent. In quel momento è iniziata la vicenda di cui si sta occupando anche il ministero del Lavoro.

La crisi inizia quasi subito. Dopo le dichiarazioni di rito dei politici, nel 2015, per il passaggio di consegne già un anno dopo si paventa il licenziamento dei primi 50 lavoratori interinali, che nel 2017 diventano 65; della Flextronics si è occupato fin dall’inizio il tavolo delle crisi industriali del ministero. Tre anni fa scoppia la crisi a tutti gli effetti per i circa 300 lavoratori, questa volta dipendenti, e in questa occasione si parla di esuberi. A tamponare arrivano i contratti di solidarietà, ma a fine 2024 riesplode il problema.

Fair Cap compra e rivende a sei mesi

A novembre sembra arrivare una soluzione dall’estero. Si chiama Fair Cap, ed è un fondo di private equity che acquisisce il 100% dell’azienda triestina, cambiandole il nome in Adriatronics. Fair Cap è specializzata nel rilevare aziende cheattraversano situazioni speciali”, recita il sito ufficiale, là dove per “situazioni speciali” si intendono cessioni di ramo d’azienda o trasferimenti.

A livello generale l’intenzione è quella di continuare a produrre. Il mandato con il quale il gruppo arriva in Italia è di far proseguire la produzione in loco, ma sono molte le perplessità che vengono espresse fin dall’inizio su questa situazione, a partire dai sindacati e dal Partito Democratico locale, che addirittura parla di bluff. E infatti la proprietà della Fair Cap dura poco tempo, perché già ai primi di aprile si parla di cessione. L’ufficialità arriva a fine mese, e nell’ultimo tavolo del Mimit viene dato mandato ad alcuni consulenti di cercare un nuovo acquirente.

Il vero nodo sono i posti di lavoro. Al momento nessuno si sente di poterli garantire, proprio perché l’azienda da tempo sta attraversando un periodo di difficoltà, anche se a febbraio il vincolo era quello di mantenerli. Nel corso dell’ultimo incontro al Mimit il rappresentante di Fair Cap ha confermato che, con l’attuale situazione, i volumi di produzione non consentono la piena occupazione di tutti i lavoratori coinvolti. Ha ribadito che su questa situazione ha pesato l’assenza di ammortizzatori sociali, che sta impattando in modo significativo sulle risorse dell’azienda. A fine aprile era già stata ipotizzata la possibilità di vendere per recuperare liquidità, che nell’incontro del 5 maggio è stata ufficializzata, con l’advisor Vertus che ha dichiarato di aver contattato 203 realtà industriali italiane e non potenzialmente interessate all’acquisto. La vendita potrebbe essere agevolata grazie a un sostegno pubblico, ma anche dal fatto che l’immobile che ospita Adriatronics verrà ceduto con un prezzo agevolato – proprio come era successo quando ha comprato Fair Cap. L’ultimo incontro si è concluso con qualche schiarita, anche se il percorso non sembra essere così semplice.

Secondo il gruppo tedesco al momento erano previsti 230 esuberi, ma entro il 2030 verrà garantita l’occupazione di 250 lavoratori. La scelta di avere dei tempi lunghi, però, potrebbe significare che nei prossimi anni non mancheranno le difficoltà per i dipendenti.

Le prospettive a dieci anni dall’inizio della crisi

Nel frattempo a sostegno dei lavoratori sono arrivati i contratti di solidarietà. Dei 312 dipendenti dell’azienda 141 saranno sospesi quattro giorni su cinque, 85 per tre giorni su cinque, e 73 per due giorni su cinque; 13 per un giorno solo. L’accordo prevede inoltre l’anticipo alle normali scadenze di paga, così come l’integrazione da parte della Regione, che sarà erogata in modo anticipato come nei precedenti periodi.

I sindacati hanno chiesto che nelle giornate di presenza siano favoriti gli affiancamenti del personale alle attività in corso, in modo da affinare le competenze. Nel frattempo l’advisor che si occuperà della vendita incontrerà i lavoratori. I tempi per la trattativa si preannunciano lunghi, perché – è bene ribadirlo – al momento sul tavolo non c’è ancora un acquirente definito per il gruppo triestino.

La speranza dei lavoratori è che, nel giro di poco tempo, si possa arrivare a una soluzione per una crisi aziendale che quest’anno compie dieci anni di vita.

 

 

 

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Photo credits: primorski.eu

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