Nel frattempo sua figlia Jessica è diventata maggiorenne. Quando è morto il babbo lei era in quarta elementare e Barbara ha conservato i suoi diari, pagine piene di disegni e di messaggi rivolti al suo papà. Chiede alla Madonna di proteggerlo e allo stesso tempo gli racconta le sue giornate. Come se lui fosse all’estero. In alcune pagine gli fa delle domande e lascia anche lo spazio per le risposte. Spesso lo disegna come un angelo con la cravatta e con le ali, in altre pagine giocano insieme.
Mentre parliamo della figlia, Barbara continua a maneggiare il faldone di documenti. Non li ha letti tutti, anche in questo caso preferisce non sapere proprio tutto. Sua figlia invece, proprio l’anno scorso li ha esaminati uno per uno. Jessica dopo una laurea in scienze della formazione ha deciso di lavorare nello stesso campo del padre, l’edilizia. Decisione davvero insolita dopo quel percorso di studi, e quando Barbara me l’ha detto non ci volevo credere, non pensavo fosse possibile. Con quella esperienza lavorativa come bagaglio ha voluto riguardare, anzi studiare quei documenti.
“Non so però che reazione abbia avuto davanti a quei fogli, perché difficilmente io e Jessica parliamo del dolore, difficilmente torniamo nel passato. Al massimo qualche volta le dico che somiglia tanto a suo padre.”
E Jessica oggi non lascia nulla al caso, lavorando nell’edilizia è attentissima a tutte le normative di sicurezza. Su alcuni cantieri ha anche incontrato gli imprenditori che erano coinvolti nella morte del papà e altre persone che lo hanno conosciuto. L’esperienza del padre l’ha travolta le ha dimezzato l’infanzia, ma le ha anche dato uno stimolo potente, ha portato il suo lavoro su un piano diverso. E ad oggi sta seguendo un corso per specializzarsi nella direzione lavori.
“Questo lavoro l’appassiona – conclude Barbara – ma io sono anche convinta che lo faccia perché vuole capire ancora meglio cosa è successo al padre, approfondire e non fermarsi alla sentenza. Lei vuole sapere tutto. Io rimango coi miei vuoti, con le cose che non voglio sapere e con quello che ho cercato di dimenticare. Comunque, dopo 25 anni piango ancora.”
Ho raccontato la storia di Barbara cercando di avere rispetto del suo dolore e di tutto quello ha passato in questo quarto di secolo. Non mi sono addentrata nelle pratiche legali, ma nella sua vita e nella sua casa sì. Una casa luminosa come lei, che nonostante tutto si è rifatta una vita, ha cresciuto una figlia forte, e oggi è anche una nonna a tempo pieno.
Lei ha rilasciato questa intervista per essere d’aiuto alle famiglie che hanno subito una perdita sul lavoro. Ma l’esempio di una donna che, oltre a dover affrontare un lutto inaspettato e terribile, rimane invischiata per dieci anni nei tribunali senza desiderio di vendetta, ma con uno sguardo attento e rispettoso anche verso chi ha provocato la morte del marito, può essere di ispirazione per ognuno di noi. Insieme alla tenacia di sua figlia, che segue le orme del padre senza pestare i piedi a nessuno.
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In copertina: Barbara mostra fotografie, articoli e un diario che raffigurano suo marito Fabio. Foto di Lara Mariani