In Italia i numeri parlano chiaro, ed è come un bollettino di guerra: circa 142.800 infortuni solo nel primo trimestre 2025, con quelli mortali cresciuti del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2024 – anno che, lo ricordiamo, si è concluso con un bilancio di 1.041 decessi e un incremento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente. Se è vero che la piaga degli infortuni sul lavoro, di frequente mortali, colpisce in modo trasversale tutti i settori produttivi, è anche vero che la criticità aumenta là dove prolifera il ricorso ad appalti e subappalti, e che la maggioranza dei decessi riguarda lavoratori precari e avviene in piccole imprese, in subappalto per definizione.
Ogni volta che si affida un lavoro a ditte esterne, terze, si abbassa il suo costo, con un risparmio che viene scaricato sul lavoratore. Senza tenere conto della logica del massimo ribasso per farsi assegnare le commesse, che può favorire il ricorso ad appaltatori non in regola con le norme antinfortunistiche. Dunque, la sicurezza passa anche dalla responsabilità: estenderla anche alle imprese committenti significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro, non permettendo loro di ignorare ciò che potrebbe succedere quando le norme non vengono rispettate.
“I quattro referendum sul lavoro sono di uguale importanza, ma quello relativo alla sicurezza li riassume politicamente tutti,” spiega Bussandri. “Il fatto che in Italia più tre persone al giorno muoiano lavorando ci parla del livello di svilimento del lavoro cui si è arrivati nel nostro Paese. I numeri sugli infortuni si spiegano non solo con la mancanza di formazione, controlli e finanziamenti per la sicurezza, ma anche con un modello di sviluppo che precarizza il lavoro a favore del profitto. Non è un caso che le vittime siano soprattutto lavoratori di piccole aziende, precari e ricattabili. La sicurezza sui luoghi di lavoro passa prima di tutto dal lavoro stabile”.
È allora la dignità a essere chiamata in causa da questi referendum. La dignità di avere un lavoro che garantisca stabilità, sostentamento, realizzazione personale. E la dignità, ancora prima, di non morire di lavoro.
L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.
Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.
Sottoscrivi SenzaFiltro
Photo credits: cgil.it