Staccioli mi ha raccontato tutto dall’inizio.
“L’aeroporto di Montichiari (civile) ha una vocazione cargo, e negli ultimi mesi tra le operazioni di carico e scarico è arrivato del materiale bellico”. Quando gli chiedo la destinazione delle armi mi ha risposto che la destinazione e la provenienza esatta delle armi è un concetto vago, perché magari sono dirette a Doha (Qatar), che era la destinazione dell’ultimo carico, o in Turchia, ma non si può sapere con esattezza dove arriveranno.
“Seguono itinerari che non conosciamo nei dettagli, ma sappiamo che sono destinate a teatri di guerra, anche perché non sono fucili da caccia, ma armamenti pesanti. Di fronte a questi eventi sono iniziati i malumori del nostro delegato all’interno dell’azienda, che non ha né la preparazione, né la volontà per fare queste operazioni.”
Da quel momento è iniziato un rapporto molto difficile con la GDA Handling, impresa per cui Luigi lavora da quasi vent’anni. Un rapporto che si è aggravato quando Luigi ha divulgato la notizia del passaggio di missili previsto per lo scorso 25 giugno, violando un presunto patto di riservatezza. Ricordiamo che già nel porto di Genova e nel porto di Livorno USB, all’inizio di giugno, si era impegnata per bloccare il trasporto di 19 pallet contenenti 14 tonnellate di munizioni per mitragliatrici, proveniente dalla Francia e diretto in Israele.
“Per sottrarre il lavoratore alla responsabilità individuale, poiché è un dipendente e sottostà al ricatto occupazionale, abbiamo deciso di scioperare il 25 giugno” prosegue Francesco Staccioli. “Le sanzioni ricevute da Luigi le abbiamo impugnate e sono in attesa di essere giudicate dal tribunale, l’azienda gli contesta la recidiva della violazione della riservatezza. In pratica sostengono che il lavoratore non può segnalare in alcun modo dove c’è un carico e scarico di armi, perché questo viola gli accordi aziendali. Noi abbiamo risposto con un’azione collettiva, per creare uno strumento che per permetta ai dipendenti di scegliere di non essere complici del carico e scarico di armamenti. Perché in un aeroporto civile, dove i dipendenti non sono dei militari, nessuno deve essere costretto a lavorare per la guerra. Abbiamo lanciato un appello sottoscritto da tanti giuristi e tante associazioni che sostengono che rispetto a certi temi è sacrosanto il diritto dei lavoratori a fare sciopero, e i lavoratori devono avere uno strumento collettivo, non individuale, per opporsi. I lavoratori non sono più individui passivi, molti stanno diventando protagonisti e fanno delle scelte precise, anche etiche. E di questo certe aziende hanno paura”.
Francesco Staccioli conclude sostenendo che la loro è “un’iniziativa di dignità, di civiltà e di pace”. Io concludo pensando che la loro è una forma di ribellione non violenta che non fermerà il riarmo: ormai è chiaro che le armi vengono considerate, trasportate e smistate alla stregua di qualsiasi altra merce. Almeno, però, potrà garantire a chi vuole fare scelte lavorative etiche di portarle fino in fondo.
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Photo credits: usb.it