L’Italia non è l’unico Paese a discutere di questo tema. Su tale fronte si sono già mossi diversi componenti dell’UE, a cominciare dalla Francia, che nel 2016 ha approvato la Loi du Travail, proseguendo poi con la Spagna, che nel 2021 ha introdotto una nuova legge sul lavoro a distanza che include disposizioni sul diritto alla disconnessione digitale, obbligando le aziende a definire politiche specifiche, e infine il Belgio, che ha introdotto il diritto alla disconnessione per i dipendenti del settore pubblico, con progetti di legge in discussione per estenderlo anche al settore privato.
A livello comunitario manca però una disciplina omogenea, nonostante il Parlamento europeo, con la risoluzione del Parlamento del 21 gennaio 2021, abbia invitato i Paesi membri a valutare e adottare misure legislative per garantire il diritto alla disconnessione, riconoscendone l’importanza per la salute e il benessere dei lavoratori.
“Serve una nuova scommessa sulla qualità del lavoro. Dopo la pandemia questa domanda si è fatta ancora più stringente. E questa risposta la deve dare la politica”, ha dichiarato il primo firmatario della proposta di legge Arturo Scotto, capogruppo PD in commissione Lavoro. La strada per la sua approvazione è però ancora lunga e tutta in salita: se le forze di centrosinistra si dicono favorevoli alla proposta, la destra sembra già opporre le prime resistenze.
Adesso la palla passa al Senato, dove la proposta verrà a breve depositata dal senatore del PD Filippo Sensi.
“In questo momento non so dire se la legge passerà o meno, dipenderà molto da quello che succederà in commissione Lavoro. Se l’onorevole Scotto riuscirà a costruire un’alleanza che regga abbiamo buone possibilità, altrimenti, in caso negativo, continueremo la nostra battaglia”, conclude Giovanni Crisanti.
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