Bologna, nuove regole per gli appalti

Il Comune di Bologna sugli appalti volta pagina. Una rivoluzione, che mette nell’obiettivo il contrasto al lavoro precario e alle infiltrazioni mafiose. Il protocollo d’intesa, in vigore dal prossimo anno, inserisce una clausola sociale per la salvaguardia dei diritti acquisiti dei lavoratori ed elimina la gara la massimo ribasso. Il percorso, già iniziato nel 2005, […]

Il Comune di Bologna sugli appalti volta pagina. Una rivoluzione, che mette nell’obiettivo il contrasto al lavoro precario e alle infiltrazioni mafiose.
Il protocollo d’intesa, in vigore dal prossimo anno, inserisce una clausola sociale per la salvaguardia dei diritti acquisiti dei lavoratori ed elimina la gara la massimo ribasso.
Il percorso, già iniziato nel 2005, durante l’amministrazione Cofferati, ha visto la firma di un nuovo protocollo che sarà operativo a partire dal 1 gennaio 2016. L’intesa ha visto la partecipazione e la successiva firma di tutti i soggetti coinvolti, Comune, associazioni delle imprese operanti sul territorio e organizzazioni sindacali.

Per i lavoratori si tratta di un cambiamento radicale, innovativo e potenzialmente in grado di porre fine allo stato di precarietà permanente che caratterizza il settore.
Nell’intesa, infatti, non solo sono riviste alcune disposizioni introdotte dal Jobs Act, ma soprattutto sono arginati spostamenti e ricatti diventati deprecabili consuetudini, utilizzati anche prima della riforma del lavoro.

Come ci ha detto Sonia Sovilla, segreteria Cgil Camera del lavoro di Bologna, l’articolo 18 è l’ultimo dei problemi di un operaio di queste società: la strada per metterlo da parte è sempre stata quella di inserirlo in un cantiere dove l’azienda è sicura di perdere o addirittura non partecipare alla gara. Nessun appalto, niente lavoro. Con tanti saluti allo Statuto dei lavoratori.

Il protocollo con il Comune agisce per impedire manovre sostanzialmente illegali. A cominciare dalla difesa dell’occupazione, ponendo come requisito, per la partecipazione, il rispetto della clausola sociale. “La limitazione degli effetti del Jobs Act entra in gioco proprio attraverso il mantenimento dei rapporti in essere”, dice la sindacalista Cgil.
È un passaggio cruciale, perché si stabilisce che per la partecipazione ai bandi, le aziende s’impegnano al rispetto dei diritti acquisiti e ad assumere i lavoratori senza soluzione di continuità.
“L’azienda che vincerà la gara non potrà trattare i lavoratori come fossero neo-assunti, mandando all’aria il pacchetto di diritti acquisiti e trattarli con le regole della recente riforma del lavoro”, sottolinea Sonia Sovilla.
L’intesa pone un argine al rimbalzo dei lavoratori da un’azienda all’altra con l’unico scopo di liberarsene, oppure, attraverso il Jobs Act, di azzerare diritti conquistati nel corso del tempo.
Le imprese che lavorano in appalto per il Comune hanno accettato, almeno come obiettivo, di conservare i diritti acquisiti, anche se – come indicato nel verbale d’intesa “compatibilmente con le condizioni economiche della gara di appalto”.
Un risultato importante, ma non è stato ripristinato l’articolo 18, come riportato da alcuni giornali: le nuove norme, come il contratto a tutte crescenti, sono applicate nei confronti dei neo-assunti.

Capitolo cooperative. Anche per loro, il protocollo fissa paletti rigorosi e innovativi. I nuovi capitolati del Comune prevedono che esse non possano avere statuti contrari ai contratti collettivi nazionali. Postilla importante perché spesso queste organizzazioni assumono i lavoratori in qualità di soci. Perché?
Far prevalere la norma statuaria – peggiorativa, soprattutto sul fronte dei salari – rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali.

L’accordo siglato dal Comune disegna un quadro normativo che in prima battuta potrebbe portare a un innalzamento dei costi delle gare d’appalto. Ma solo in apparenza, se si ragiona con il bilancino.
In realtà il mix realizzato dal “progetto Bologna”, legalità (minori spese) e rispetto dei diritti del lavoro ha un valore economico intrinseco.
Regole chiare e limitazioni alla precarietà selvaggia portano maggiore produttività e ricchezza all’intero settore.
La sicurezza del lavoro e dei diritti sono le migliori manovre di stimolo dei consumi. Considerazione che troppo spesso è lasciata per strada o volutamente dimenticata da politiche industriali di breve respiro.

Oltre all’occupazione, il protocollo vuole porre le basi per la realizzazione di una piattaforma dove legalità e trasparenza siano il filo conduttore di ogni gara. Fulcro su cui si fonda questa sfida è la stazione appaltante unica, un vero centro di controllo della spesa pubblica.
“Una novità – dice la Sovilla – che rende il potere dei dirigenti comunali e di tutte le figure intermedie, che si frappongono a un capitolato, sotto il controllo di questa struttura: per la città metropolitana di Bologna un grande passo avanti sul contenimento dei costi e sulla correttezza dell’affidamento degli appalti”.
E sarà realizzato uno strumento di mappatura dei bandi aperti, di quelli assegnati, delle aziende partecipanti e dei lavoratori – con relative mansioni – impegnati.

Scompare, poi, la gara al massimo ribasso, spesso la chiave utilizzata dalle aziende per caricare in fase successiva nuovi costi e per imporre salari e condizioni di lavoro peggiorativi.
Dal massimo ribasso si passa all’offerta economicamente più vantaggiosa per gli affidamenti ai servizi. Inversione decisiva. Ora l’azienda non avrà più come unico criterio il prezzo, ma dovrà preoccuparsi di proporsi con un curriculum fatto di rispetto della legalità e delle condizioni dei lavoratori. E l’impegno di rafforzare l’occupazione.
In cambio – e non è cosa da poco – il Comune si assume l’obbligo di fissare tempi certi nel pagamento e nel sostegno alle imprese.

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