A dirlo, denunciando un sistema restio a mettersi in discussione, sono anche gli addetti ai lavori. D’altra parte, i dati del settore disegnano una realtà ineludibile: oggi il mondo della ristorazione lamenta una carenza di 140.000 addetti, di cui 55.000 camerieri e 30.000 cuochi. E questo nonostante le oltre 165.000 aziende del comparto con almeno un dipendente abbiano impiegato l’anno scorso 987.052 lavoratori, valori inferiori a quelli pre-pandemia soltanto di 3.700 unità. I soli ristoranti hanno occupato 567.757 persone, con un incremento dell’1,7% rispetto al 2019 e del 27,9% rispetto al 2021. A mancare sono soprattutto i giovani tra i 20 e i 40 anni e le donne, in calo rispettivamente dell’8,1% e dell’1,1% rispetto al 2019.

Malgrado la carenza di personale e nonostante nel 2022 il saldo tra attività avviate e cessate segni -10.600 unità (al 31 dicembre dell’anno scorso le imprese attive erano 336.000), il settore mostra comunque una certa dinamicità, che si conferma nei dati economici: 43,5 miliardi di valore aggiunto (con un incremento del 18% sul 2021, ma ancora a 8 punti di distanza dal 2019) e un fatturato in crescita del 39,3% rispetto al 2021. Per il 2023 è attesa una crescita del comparto compresa tra il 5 e il 10%.

Insomma, se i conti ancora reggono nonostante il rincaro di materie prime ed energia, il nervo scoperto della ristorazione italiana è proprio il reperimento di personale. Per capire la situazione attuale sono necessarie due premesse.
La prima è che il settore ha sempre avuto un problema strutturale a trovare personale qualificato che nasce a monte, in una formazione professionale ancora poco ancorata alla pratica per la quale neppure i PCTO, la nuova alternanza scuola-lavoro, riescono a fornire un’adeguata dimensione di esperienza sul campo.
C’è poi una fragilità legata al reclutamento dei lavoratori, che, in assenza di un efficiente incrocio tra domanda e offerta, avviene con modalità che non tengono conto della professionalità dei candidati. Le assunzioni si fanno infatti per lo più attraverso il passaparola, anziché la selezione dei curricula.