Alta scuola, bassa retribuzione: i giovani scappano dal giornalismo

In Italia ci sono sempre meno giornalisti, e la loro età media è sempre più alta: se quindici anni fa più di metà delle nuove leve era under 40, oggi il 70% dei professionisti dell’informazione ha superato quell’età. Colpa di precarietà, basse retribuzioni e inaccessibilità delle scuole di giornalismo: ecco la nostra analisi

Giovani del giornalismo all'opera: una ragazza prende appunti su carta in strada

Questo articolo fa parte del reportage Gioventù Sfruttata, che verrà pubblicato nel corso delle prossime settimane su SenzaFiltro: realizzato da giovani giornaliste e giornalisti, fa il punto sullo sfruttamento dei professionisti che si affacciano in diversi settori del mondo del lavoro, dagli Ordini professionali alla gig economy, passando per i social media.

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di Emma Besseghini

 

 

Chiedendo a sei ragazze e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 21 anni quale mestiere farebbero volentieri in futuro, le risposte sono state varie: fisioterapista, maestra dell’infanzia, ingegnere civile, oncologa, ma anche lavori meno convenzionali, come la sceneggiatrice o il mental coach in ambito sportivo. Tra i sogni dei giovani non rientra la professione giornalistica, nonostante tutti ne riconoscano l’importanza.

“È un mestiere interessante e utile per la collettività” afferma Beatrice, 16 anni. “Permette di conoscere quello che succede intorno a noi e a volte vengono trattati temi di cui non si parla spesso”. “Ci sono diversi tipi di giornalismo e so che le testate più grosse di solito hanno uno schieramento politico” aggiunge Jacopo, 16 anni. “Questo si nota poi dalle informazioni che vengono riportate”.

Chiedendo che cosa ne pensassero del mestiere del giornalista, le risposte sono state varie. “È un lavoro tosto, devi stare sempre sul pezzo riguardo a quello che ti accade intorno” racconta Maria, 19 anni. “Credo ci sia molta competitività: se scrivo una notizia più velocemente degli altri le persone leggeranno il mio articolo, bisogna essere veloci”.

“Non è un lavoro facile”, afferma Daniele, 16 anni. “Bisogna avere le idee chiare e conoscere l’argomento di cui si parla, ma anche saper cogliere l’occasione non appena si sente il profumo di una notizia. Si deve anche trasmettere la passione per ciò di cui si scrive”.

È un mestiere importante, ma delicato: è difficile rimanere imparziali, anche perché i lettori si aspettano una presa di posizione”, afferma Lucia, 21 anni. C’è anche chi è più scettico nei confronti della professione: “È un lavoro troppo invadente, sia per il giornalista, sia per gli altri. Invadente nel senso che penso richieda troppo tempo, essere sempre impegnati, stare attenti in ogni momento”, racconta Giacomo, 17 anni.

“Nella società odierna penso sia un lavoro fondamentale: oggi diffondere notizie false è facile” continua Jacopo. “Si vede con le guerre: è importante che ci siano persone sul posto a raccontare quello che accade. Il giornalista può anche cambiare il pensiero delle persone che leggono i giornali, quindi può anche fare del male. È un’arma a doppio taglio”.

Sempre meno giovani vogliono fare i giornalisti

Il 31 dicembre 2023, alle 22.00, 17 giornaliste e giornalisti della redazione romana dell’agenzia di stampa nazionale Dire ricevono una mail che li informa di essere stati sospesi dal lavoro con effetto immediato e senza retribuzione. Pochi giorni prima, nel periodo natalizio, erano stati licenziati 14 colleghi tra tecnici, montatori, segretari e amministratori. La redazione per quasi due anni ha lavorato con un contratto di solidarietà, un tipo di accordo stipulato tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali che prevede la riduzione di orari lavorativi e di stipendio, senza perdere però la totale retribuzione.

I licenziamenti sono stati duramente attaccati dalla FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana), il sindacato nazionale dei giornalisti: l’agenza Dire, infatti, a inizio 2024 avrebbe ricevuto dal Governo un finanziamento per oltre due milioni di euro per un triennio grazie al decreto per i servizi d’informazione. “Un’importante iniezione di risorse che però non è servita a scongiurare questo attacco a tutta la nostra categoria”, ha affermato FNSI. “Da una parte ci sono milioni di euro che gli imprenditori si mettono in tasca, e dall’altra si riduce l’occupazione senza se e senza ma”.

Secondo i dati della terza edizione dell’Osservatorio sul Giornalismo di AGCOM, pubblicato nel novembre 2020, in Italia sono attivi circa 35.000 giornalisti, il 10,7% in meno rispetto alla quota registrata nel 2010. Nel corso degli anni la professione è cambiata e insieme a lei anche i lavoratori e le lavoratrici del settore: in poco più di quindici anni il giornalismo italiano è passato da essere una professione svolta in genere da giovani – con più della metà dei giornalisti under 40 – a un’attività svolta per il 70% da persone di età superiore ai 40 anni.

Un settore tenuto insieme dai freelance

I cambiamenti riguardano anche la precarizzazione della professione: secondo i dati di AGCOM quattro giornalisti su dieci sono freelance, circa il 39% del totale. Le nuove testate che reclutano giovani professionisti hanno redazioni tendenzialmente più snelle e flessibili, e si affidano sempre di più a lavoratori autonomi, che però hanno meno tutele e redditi più bassi rispetto ai colleghi dipendenti: tra i giornalisti dipendenti l’80% ha un reddito annuo superiore ai 20.000 euro, percentuale che crolla al 21% per lavoratori autonomi e al 15% per quelli parasubordinati, ossia con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.), che si trovano a metà strada tra il lavoro dipendente e quello autonomo.

La precarietà è quindi maggiore per i lavoratori outsider, esterni alle redazioni, che godono di minori tutele e di un reddito inferiore rispetto ai lavoratori dipendenti, o insider. Il 74,6% dei giornalisti con collaborazione occasionale, poi, non supera i 5.000 euro annui. La precarizzazione del settore ha portato giornaliste e giornalisti non dipendenti a trovare altri impieghi in agenzie di comunicazione e uffici stampa presso enti pubblici e privati, per assicurarsi stipendi medio-alti e rimediare all’instabilità professionale e personale.

Il sistema giornalistico italiano, inoltre, tende a premiare la carriera. Si parla di “piramide generazionale”: più della metà dei lavoratori e delle lavoratrici di fascia d’età compresa tra i 36 e i 55 anni e over 55 percepisc4 redditi annui superiori ai 20.000 euro, mentre oltre il 70% degli under 35 guadagna meno di 20.000 euro annui. Secondo il report di AGCOM, il pay gap tra giornalisti giovani e adulti – insieme a quello tra giornalisti dipendenti e freelance – incide in modo negativo sulla qualità del prodotto informativo, discriminando la categoria dei freelance, considerata la reale forza innovativa nella professione giornalistica, sia in termini di conoscenze, sia di competenze.

Rispetto ai giornalisti dipendenti, i liberi professionisti hanno in genere un maggiore livello di istruzione, si impegnano in attività innovative e tendono a usare maggiormente i social media. Innovazione e studio: non a caso la crisi del giornalismo tradizionale riguarda anche l’insufficiente conoscenza specialistica su temi scientifici e la scarsa attitudine ad approcciarsi a contenuti innovativi.

Giornalismo d’alta scuola a basso stipendio

Fare giornalismo in Italia è possibile, ma comporta una fase iniziale di precariato: provare a farsi pagare, cambiare redazioni, cambiare contratti, accettare retribuzioni basse e che spesso arrivano molto in ritardo.

“Durante la mia prima esperienza mi hanno detto che dal momento in cui scrivi e firmi sei una giornalista, non importa se vieni pagata o no” racconta Martina Toppi, 26 anni, dipendente di una redazione nel comasco. “L’ho trovato svilente, mi sembrava un hobby”.

Precarietà e paghe basse non permettono di coinvolgere generazioni di persone che non hanno capitali alle spalle. “Se devo scrivere un pezzo per 50 euro lordi (nel migliore dei casi) è chiaro che questo esclude una buona fetta di persone. È anche un problema di divario sociale”, racconta Francesco Guidotti, giornalista freelance che si occupa di tematiche legate al settore dell’informazione.

“Per la mia esperienza, l’aspetto più svilente è vedere che non arrivi dove vorresti, nonostante la fatica. Mi hanno detto che sono appetibile a livello lavorativo perché sono giovane e ho un bel curriculum, però quando uno dei requisiti è aver frequentato la scuola di giornalismo allora non vado più bene”. La confusione riguardante l’accesso alla professione rimane un nodo irrisolto: “In questo momento non c’è una via unica e questo crea giornalisti di serie A e di serie B”.

Un elemento fondamentale per regolare la professione è il ruolo ricoperto dall’Ordine dei giornalisti. “Deve avere un ruolo più decisivo: stabilire delle linee chiare, creare delle scuole di giornalismo accessibili a tutte e tutti”, chiosa Toppi. “Sono sempre meno le persone che si possono permettere di frequentare le scuole di giornalismo, anche a livello umano. Viviamo una vita piena di cose da fare e per fare un lavoro così totalizzante bisogna essere fortunati: avere genitori in salute, non avere figli; o meglio, puoi averli solo dopo un po’ che hai avviato la carriera”.

Le scuole di giornalismo, infatti, prevedono una presenza full time e non permettono di fare lavori extra. “Per quanto riguarda i giovani il problema è che puoi iniziare a fare il giornalista se riesci a permettertelo”, continua Guidotti. “È un investimento di cui si spera di rientrare”.

Sono pochissime in Italia le redazioni che riescono a fornire una formazione interna: nella maggior parte dei casi si tende a regolarizzare il giornalista freelance o i collaboratori storici, che “costano notevolmente meno alle aziende, nonostante spesso facciano una percentuale grossa del giornale. Senza di loro credo che alcune testate si troverebbero in grossa difficoltà”, chiude Guidotti.

“Per quanto ti impegni, poi, comunque ti senti in ritardo”, conclude a sua volta Toppi. “Nella realtà so che non è così, ma sei sempre spinto a proiettarti verso i grandi personaggi, le firme che ce la fanno anche da giovani. Ma come ci riescono?

 

 

 

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Photo credits: StanJourdan via flickr.com

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