Tra le prime informazioni che Gemma offre, c’è il numero di persone che collabora nella Film Commission, una decina, struttura ben al di sotto delle altre in Italia: in Puglia, per citarne una, sono circa 21.
“L’audiovisivo, nel mondo, è un comparto molto evoluto; in America lo fanno dai primi anni Quaranta e nella loro economia industriale rappresenta uno dei segmenti più importanti: dopo l’acciaio e le automobili viene l’audiovisivo, appunto. Da noi purtroppo è un comparto minore, meno evoluto. Per noi sul podio c’è l’enogastronomia, seguita dalla moda e molto altro a seguire, prima di intercettarlo come voce industriale di rilievo”. Nel parlare ha un approccio concreto e immaginifico al tempo stesso, adatto per un pubblico di giovani studenti che lo ascolta.
“Pensate a quanto lavoro può muovere un’impresa simile in contesti come gli Stati Uniti. Le grandi produzioni hollywoodiane già negli anni Sessanta cominciano a uscire dagli studi di posa e lo fanno per due ragioni di base: motivi tecnologici ed economici. La guerra aveva prosciugato le casse, per cui la produzione audiovisiva doveva uscire dagli studi per cercare nuovi luoghi e nuove storie più coinvolgenti, che però andavano finanziate: l’aspettò più complicato della filiera audiovisiva non è tanto quello creativo, purtroppo, ma quello economico, e le due cose devono essere estremamente connesse.”
La genesi delle Film Commission in giro per il mondo ha la stessa matrice comune dappertutto e Gemma lo spiega con rigore, coi numeri, con le storie di cinquanta o sessant’anni fa per arrivare a capire il presente, le occasioni perse e quelle prese.
“Una volta fuori dagli studi, il cinema americano iniziò a invadere i territori, con una media di cinquecento lavoratori per troupe. Non si aspettavano una simile mole di lavoro e così tanti servizi da movimentare. Gli americani capirono quanto l’implemento delle attività avesse odore d’affari anche perché, oltre ai servizi, occorrevano attrezzature aggiuntive, costumi, assicurazioni. Stabilirono che per ogni dollaro speso in attività audiovisive ne ritornassero indietro sei, considerandone solo la ricaduta automatica, a cui andava sempre aggiunto un ulteriore incasso. Loro capirono subito che l’enorme fattore economico muoveva un gigante fattore occupazionale. E poi, terzo fattore, c’era e c’è tuttora il piano promozionale, che di fatto ha generato Film Commission a livello internazionale”.
I luoghi e le geografie iniziavano a chiedere la scena e a voler parlare di sé per far nascere nuove tendenze di viaggio e turismo. In Europa le prime Film Commission arrivano negli anni Ottanta, in Italia nei pieni Novanta. L’Italia si è anche resa protagonista della prima legge di tutela dell’audiovisivo a livello UE.