David Lazzari, presidente dell’ordine degli psicologi: “Lo psicologo di base contro l’uso di psicofarmaci”

L’utilizzo di psicofarmaci è un fenomeno in crescita costante da diversi anni, e si è acuito dopo la pandemia. È il sintomo di una sofferenza diffusa e di una cultura della salute mentale ancora insufficiente. Come le risposte del Servizio sanitario nazionale.

In Italia le persone depresse sono circa tre milioni. Un numero enorme, anche se andrebbero distinte forme di depressione più gravi e meno gravi. Oggi nel nostro Paese circa il 6% degli adulti fra i 18 e i 69 anni soffre di sintomi depressivi, e in particolare i sintomi sono più frequenti tra le donne (che sono l’8% rispetto al 5% degli uomini), nelle persone fra i 50 e i 69 anni, tra le classi socialmente svantaggiate per difficoltà economiche, e tra chi soffre di patologie croniche (Fonte: sorveglianza epidemiologica “Passi”).

Visti questi numeri, in redazione eravamo convinti che l’aumento al ricorso di farmaci antidepressivi fosse imputabile alla costante di ansia e paura in cui viviamo da qualche anno.

E in effetti rispetto al 2019 un aumento c’è stato, ma non si può imputare del tutto alla pandemia, alla guerra e alla povertà che cresce. In realtà, come dimostra il rapporto Os-Med (osservatorio nazionale sull’impiego dei farmaci) redatto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA),l’aumento degli psicofarmaci è un trend che va avanti da qualche anno.

I numeri potrebbero essere anche peggiori di quelli analizzati, perché nonostante oggi siano disponibili numerosi trattamenti efficaci, i disturbi depressivi sono ancora sottovalutati e poco riconosciuti, soprattutto da una certa fascia della popolazione. In sostanza c’è chi abusa dei farmaci e chi ancora rifiuta di assumerli a causa dallo stigma che li accompagna.

Sempre secondo il rapporto AIFA, nel 2021 il consumo giornaliero degli antidepressivi è aumentato del 2,4% rispetto al 2020, e con una variazione media annua del 1,9% dal 2014. In sostanza nel 2021 il consumo degli antidepressivi ha rappresentato il 3,4% del consumo totale di farmaci in Italia, e il costo medio per la dose giornaliera è stato di 0,42 euro. In pratica gli antidepressivi costano poco al pubblico, ma le persone depresse rappresentano un costo altissimo per il sistema sanitario.

Antidepressivi, andamento temporale 2014-2021 del consumo e del costo medio per giornata di terapia. Fonte Rapporto OS-Med 2021

Il rapporto AIFA compie anche una distinzione per Regioni rispetto all’uso di farmaci antidepressivi, e al primo posto ne mette una per me insospettabile, la Toscana, che ha un consumo quasi doppio rispetto alla Campania e alla Basilicata. Anche il Friuli, che è la regione con minor consumo nazionale, registra comunque un aumento nell’ultimo anno. In pratica tutte le Regioni rilevano degli aumenti di spesa e consumo rispetto al 2020. In generale le Regioni del Centro hanno un livello di utilizzo superiore di circa il 10% rispetto a quello del Nord, e del 33% rispetto al Sud.

David Lazzari: “In molti assumono farmaci perché non hanno accesso ad aiuti psicologici”

Assodato il fatto che facciamo sempre più uso di farmaci antidepressivi e che la colpa non è solo della pandemia e della guerra, ho cercato di capirne le motivazioni con David Lazzari, presidente dell’ordine degli psicologi dal 2020. Abbiamo richiesto il suo intervento perché è importante comprendere che i farmaci, in caso di stato depressivo, aiutano, ma non sono una manna del cielo, e la consulenza di uno psicologo deve essere sempre più richiesta e frequente. Magari mutuabile. Perché la depressione non aumenta solo la sofferenza personale e la disabilità psicosociale, ma fa lievitare anche i costi sociosanitari.

Presidente, che cosa ha fatto aumentare il ricorso ai farmaci antidepressivi negli ultimi anni?

L’aumento degli psicofarmaci è un trend che va avanti da tempo. C’è un uso spesso incontrollato o un vero e proprio abuso. Al di là dei casi necessari e appropriati, il problema è che molti pensano che ci sia una pillola magica che risolve tutti i problemi. Ma ci sono anche molte persone che prendono i farmaci perché non riescono ad avere un aiuto psicoterapico o psicologico.

 Quanto sono aumentati i casi di ansia e depressioni, i disturbi del sonno e i disturbi alimentari?

Sono aumentati i disturbi più strutturati, ma soprattutto le situazioni di disagio psicologico. Le situazioni più gravi per fortuna non hanno avuto per ora un incremento significativo, ma se non si interviene su questa marea crescente di malessere, soprattutto con azioni di prevenzione, promozione delle risorse e intercettazione precoce, ci ritroveremo delle ricadute molto negative sulla salute fisica e psichica delle persone. Nello specifico i problemi del sonno e dell’alimentazione sono spesso legati alla fase adolescenziale o allo stress nella vita adulta, e sono aumentati durante la pandemia. Ora bisognerà osservare l’andamento per capire meglio il quadro. In genere le ricerche ci consegnano una maggiore incidenza di problemi e disturbi negli adolescenti e nei giovani. Sembra che queste fasi della vita siano diventate ancor più problematiche e incerte.

Quali sono le cause principali, secondo lei?

I cambiamenti sociali hanno reso il mondo più veloce e più complesso, direi anche più competitivo. I riferimenti tradizionali sono venuti meno e questo ha creato un diffuso disorientamento. Dobbiamo dare ai ragazzi degli strumenti nuovi per capirsi, capire il contesto e orientarsi. La scuola deve aggiornare la sua missione e il contributo degli psicologi è necessario per lo sviluppo delle competenze di vita nei giovani, per aiutare i docenti nel loro lavoro e la scuola come organizzazione che promuove consapevolezza e benessere. Ma il problema del disagio psicologico riguarda comunque tutte le fasce d’età. 

Distribuzione della prevalenza d’uso e del consumo di antidepressivi in regime di assistenza convenzionata. Fonte Rapporto OS-Med 2021

Sono aumentate le persone che richiedono l’intervento degli psicologi?

Abbiamo fatto un’indagine sulla comunità professionale che ci mostra un aumento del 40%. Questo è frutto non solo di un aumento dei problemi, ma anche – e per fortuna – di una diversa consapevolezza. Oggi c’è meno vergogna rispetto al passato, l’idea che chi ha i problemi è un debole è oggi meno diffusa, e sempre più persone vedono queste problematiche come parte della vita che meritano di essere affrontate.

 La legge 15/2020 ha previsto un sostegno da 200 a 600 euro per terapie psicologiche, erogabile una sola volta. Ma la sfera sociale è in un momento di sofferenza psicoemotiva. Non sarebbe il caso di investire più risorse sanitarie nello psicologo di base? Si potrà arrivare secondo lei a un servizio mutuabile?

Il bonus psicologico è una grande svolta culturale e sociale perché ha riconosciuto l’importanza di questi problemi e la necessità di una risposta pubblica. Ovviamente, come abbiamo sempre detto, serve una risposta articolata che metta le infrastrutture sociali – scuola, sanità, welfare – nella condizione di fare attività efficaci con l’uso appropriato di competenze psicologiche. Di certo lo psicologo di base è una figura necessaria, perché la medicina di famiglia intercetta tante situazioni di questo tipo e oggi non è nelle condizioni di dare una risposta.

 Secondo lei abbiamo abbastanza psicologi in Italia per soddisfare le esigenze, nel caso il servizio diventasse mutuabile?

Il nostro Paese ha normative avanzate sulla formazione di psicologi e psicoterapeuti, e al nostro ordine abbiamo oltre 100.000 iscritti. Quindi sì, c’è la concreta possibilità di rispondere a queste esigenze. 

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