Forse Firenze finirà

Ci sono storie che ci vengono addosso. Borgo Santi Apostoli, a Firenze, è un pezzo di città che gli si vede in faccia che è cambiata. Qui, una volta, c’erano i mestieri di mano, mestieri d’arte; oggi bastano poche punte e poche dita per contare i superstiti. Il passato ha un odore suo che qui arriva […]

Ci sono storie che ci vengono addosso.

Borgo Santi Apostoli, a Firenze, è un pezzo di città che gli si vede in faccia che è cambiata. Qui, una volta, c’erano i mestieri di mano, mestieri d’arte; oggi bastano poche punte e poche dita per contare i superstiti. Il passato ha un odore suo che qui arriva forte, a tratti quasi acre.

Mentre cammino vedo da lontano un cartello bianco sulla vetrina di un negozio; è la bottega di un orafo, l’insegna dice Tharros, e da vicino mi accorgo che i cartelli sono due, scritti a mano, di cui uno senza mezzi termini che incita “Ribellati Fiorenza!”. La scritta ce l’ha coi barbari che le stanno violentando la bellezza, c’è proprio scritto che quella bellezza i sindaci e gli amministratori l’hanno ormai svenduta tutta.
Mentre mi chiedo se sia o meno il caso di entrare e chiedere, sono già alla cassa per parlare con qualcuno.

“Deve sentire il titolare, è laggiù in fondo che lavora”.

Non mi aspetto un agnellino dietro il bancone in penombra.

Gli chiedo il tempo di un’intervista nei giorni a venire, concordiamo una data mentre continua a incastonare pietre. Mi sorride. Ringrazio e saluto.

Carlo Amato riesce a gridare vendetta senza far rumore e mi racconta che attacca cartelli in vetrina dai primi anni Novanta, dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino e Via d’Amelio. In quegli anni lavorava e viveva in una strada poco lontana, bottega sotto e casa sopra e non si è fatto mancare nemmeno lì qualche messaggio dei suoi, persino qualche gigantografia. Sfacciato con le misure, mai con le parole. Negli anni non ha risparmiato nessuno schieramento da sinistra a destra, da Berlusconi a Renzi: Carlo ce l’ha con l’ignoranza.

“Pensa che qualche settimana fa – era prestissimo, di mattina, perché io vengo qui sempre alle prime luci – ho incrociato Renzi con una troupe in Piazza della Repubblica che faceva le riprese del programma televisivo in cui racconta la sua Firenze. Gli ho gridato che era ridicolo. I cameraman hanno fatto finta di niente ma poi si sono voltati verso di me e hanno riso. Le città non si difendono in quel modo ma facendo una politica seria e per tutti mentre qui, da dopo La Pira, Firenze è stata usata solo per interessi comodi e privati”.

Addirittura bisogna tornare agli anni Cinquanta e Sessanta di La Pira per trovare un sindaco capace?

Dai tempi di La Pira, questa è una città governata da sindaci signor nessuno. Non è un discorso di appartenenze politiche, è l’assenza di competenza, di sensibilità e di interesse comune per Firenze. Qui tutti hanno preso per se stessi senza pensare a un presente e a un futuro. I sindaci hanno solo fatto “deportazioni” di residenti – perdonami il termine ma è per far capire – e sgomberi di pezzi di storia cittadina. Il Comune affitta i ponti per interessi privati oppure fa chiudere e spostare mercatini storci perché danno fastidio, in centro, ai russi ricchi che si lamentano quando vengono qua a spendere soldi e godersi la nostra arte e bellezza. Non gliene frega niente a nessuno della storia, tanto meno ai fiorentini che continueranno a votare sindaci così vuoti perché non hanno mai viaggiato nel mondo né loro fiorentini, né i loro rappresentanti. È strafottente e arrogante la politica fiorentina”. 

Dove parte la tua storia?

È dall’81 che sono a Firenze, prima di venire qui ho vissuto in Spagna. L’attività che faccio oggi è nata come idea ai tempi dell’Università a Roma dove studiavo sociologia ma che non ho finito, diciamo che ho trasferito un po’ tutto in questo mestiere che è partito concretamente in un laboratorio di Madrid con alcuni ragazzi spagnoli. Lì ho avviato il progetto che però nella mia testa era nato, appunto, nei primi anni Settanta

Immagino che studiare sociologia in quegli anni fosse diverso da oggi, un altro contesto.

Proprio vero. Un’Italia e un mondo completamente diversi da ora, stessa cosa vale per Firenze. Anche in quegli anni il mondo era in fermento ma ci si spostava con uno spirito di costruzione, ora si distrugge tutto dalle basi. Mi ero messo in viaggio anch’io e il lavoro che faccio da tutti questi anni è sempre stato un lavoro a stretto contatto con la strada dove il punto di osservazione è reale e fulminante al tempo stesso.

Era Firenze il centro del mondo artigiano di strada?

Direi che lo era tanto quanto Milano. Il mercato di Sant’Ambrogio era un posto che forse non ho più rivisto altrove, era un ritrovo di libertà e tolleranza nonostante alcune amministrazioni ostili. Artigiani e artisti che venivano da ogni parte del mondo. Però anche Firenze ci sapeva accogliere, tra l’altro con una bellezza che Milano non aveva. Io iniziai col mio tappeto sul Ponte Vecchio, non mi vergogno a dire che ero abusivo, un abusivo che credeva nella bellezza della storia e dell’arte. Sono calabrese e venivo qua per prendere minuterie metalliche da una ditta che ancora esiste, a un certo punto non riuscii più a lasciarla Firenze. Mi ha dato tutto ciò che sono oggi ma è una città che si fa amare e odiare al tempo stesso.

Prova a descrivermela da sociologo, quasi fosse una persona.

La Firenze degli anni’ 70 era la città che si apriva al mondo dopo l’alluvione. Era una culla di civiltà figlia anche di politiche firmate appunto La Pira o Bargellini. La gente lo sentiva di vivere un tempo speciale. Le strade ti accoglievano fino a tarda notte, si discuteva nel Piazze o sotto gli Uffizi. C’erano persone diversissime tra loro eppure curiose di parlare e conoscersi proprio perché così distanti. Venivano e vengono tuttora da ogni angolo della terra perché forse la rinascita del mondo intero era davvero partita da Firenze, il mondo cercava una purezza nuova ma oggi non più.

Un marchio di fabbrica, Firenze, per il tuo mestiere?

Al cento per cento. Ovunque facessi fiere, e dicessi che ero di Firenze, mi rispondevano “non poteva che esser così”. Pur essendo calabrese, quando lavoravo per fiere in Calabria mi chiamavano il Fiorentino. Firenze la assorbi sottopelle se ci vivi, i colori e le forme in giro per le strade mi hanno ispirato ogni genere di oggetto. Roma è un’altra storia, ho vissuto anche lì, ma i fiorentini sanno anche ridere di se stessi e forse sono gli unici italiani ad esserne capaci perché sono polemici e burloni con tutto e tutti compresi se stessi.

Io lavoro con metalli poveri usando pietre preziose e semipreziose. In questa strada ci sto dall’85, prima stavo poco più in là in un negozio piccolino. Vedi la lungimiranza della Firenze di un tempo? La famiglia Rosselli del Turco, nome storico e nobile, preferì lasciarlo a me in affitto, seppur guadagnando meno, che non svenderlo. Siamo a due passi dal Ponte Vecchio in una delle strade di confine della città romanica del Borgo Santi Apostoli. Qui dietro c’è Piazza del Limbo, il primo duomo di Firenze.

Trent’anni fa com’era questa strada?

Era un’altra città, un’altra temperatura tra le persone. Eravamo solo artigiani, corniciai, orafi, lavandaie, tappezzieri, gioiellieri. Ora è tutto un B&B da circa dieci anni a questa parte, è stato svenduto tutto.

Cosa si è svenduto, cosa resta?

Il discorso vale per Firenze e per Venezia, impossible paragonarle ma la logica con cui secondo me si è deciso a tavolino di invertire i flussi e spostare i residenti e le attività commerciali dal centro è molto simile. Soldi, soldi, soldi. Un fenomeno che ha eroso la città in pochissimo tempo e non è ancora finita. Per un periodo ho avuto ben tre negozi e una decina di persone che lavoravano per me; i clienti venivano a cercarmi da tutto il mondo grazie alle fiere che avevo fatto e al nome che era girato bene. Scrivilo, per favore, che una volta i turisti ci stavano a Firenze, la città la vivevano e la godevano, sapevano amarla. Ci dormivano. Oggi passano e via, rubano foto e cercano una seconda città da visitare e poi una terza e via così. Tutto è stato svenduto a interessi più grandi di noi piccoli uomini. Ti racconto un aneddoto che descrive bene come Firenze sia gretta e ignorante, incapace di comprendere il proprio valore, la propria identità nella storia. Negli anni Novanta rifecero Piazza della Signoria e numerarono per mesi tutti i lastroni di pietra serena con i fiorentini che passavano e ridevano mentre schedavano pezzo dopo pezzo. L’assurdo è che alla fine dei lavori non rimisero al loro posto quelle pietre ma ne usarono di comuni mentre politici e amministratori le presero o rivendettero abusivamente per dimore private. Ci fu un’inchiesta per danneggiamento del patrimonio artistico, miliardi di lire di risarcimenti. Rendo l’idea? 

Sembra che i fiorentini siano poco legati alla propria storia.

I fiorentini sono ignoranti, mediamente non hanno una cultura reale e con questo passato glorioso ci campano di rendita da secoli. Se io non sapessi nulla della mia origine non sarei nessuno. Qui invece non hanno velleità di conoscenza della propria storia, la usano ma non la conoscono. Però se parli con loro della Fiorentina, quella sì. Temo che questa città non durerà in eterno. Alle persone non interessa niente della cultura e della storia, le rivoluzioni non si fanno da lì. Sapessi quanta gente mi torna qui dopo 40 anni che mi conoscono ma sono per lo più stranieri.

Fino a due o tre anni fa lavoravo per i bookshop dei musei fiorentini e degli Uffizi, fatturavo loro dai 250mila ai 300mila euro l’anno e loro li vendevano al doppio; abbiamo collaborato per vent’anni. Con la loro arroganza nemmeno mi hanno risposto quando chiesi un piccolo aumento. Coi miei lavori ho fatto tanto cinema, teatro e televisione. Mi sono venuti a cercare anche per la serie televisiva dei Medici o per il Pirata dei Caraibi e ovviamente ho accettato.

Il Comune o le Associazioni di categoria tengono vivi questi lavori organizzando corsi di formazione?

Non scherziamo. Semmai gli unici corsi che vengono promossi sono per i turisti a cui promettono in poche ore o in pochi giorni di diventare anche loro un po’ artigiani. Solo un modo per fregare soldi.

Che città vedi oggi dalla strada?

Non c’è un bagno pubblico a Firenze eppure ci passano milioni di turisti, calpestiamo buche ogni giorno, siamo in mezzo all’odore di pipì anche qui in centro, gli amministratori coprono strade storiche con asfalto e pietraia. L’Italia è alla mercé del nulla e Firenze lo testimonia perfettamente.

La Firenze che il mondo vede da fuori non ha niente a che vedere con la realtà, quindi. Vendono un’immagine che non corrisponde al vero e il passato sembra sempre più opaco.

Si accorge di questa trasformazione radicale solo chi ci vive e ci lavora da dentro, tutti i giorni. I fiorentini in centro non ci vivono più, i commercianti se ne sono per lo più andati, i turisti ci passano poche ore e arrivano coi pullman che li spostano poi negli outlet. Firenze è rimasta sola in mezzo a tutta la sua bellezza, è una città completamente abbandonata. 

Te ne andrai mai da qui?

Io ho tuttora la fame chimica di imparare quindi la mia risposta è sì.

Chi apprezza ancora Firenze?

Penny Rose è una costumista americana dagli anni Settanta, una delle migliori professioniste al mondo. Quella che ha vinto, ad esempio, per Evita o il Pirata dei Caraibi. Mi dice sempre: “Vattene via da qui, vieni da noi”. Con lei ho fatto anche quella collana laggiù, per La Mummia, però le chiesi di ridarmela indietro. Noi artigiani siamo un nulla per il Comune di Firenze mentre all’estero ci farebbero ponti d’oro.

 

Vieni con me che ti faccio vedere gli ultimi scatoloni di archivio e di contratti con gli Uffizi di Firenze che sto buttando via proprio in questi giorni. Anni e anni di lavoro ridotti così che però non fanno male a me che sto comunque in piedi ma alla città che perde pezzi di storia e di mestiere. Oggi contano solo soldi e numeri, tutto di corsa, tutti di corsaa. Io invece ogni tanto mi faccio una sigaretta mentre sto qui col mio lavoro oppure guardo la città o ascolto la mia musica. Non ho paura di fermarmi. Oggi la gente non sa più perdere tempo per godersi qualche meraviglia.

 

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