Francesca Serri, psicologa e HR specialist, su innovazione e creatività

Un modo per rintracciare i minuziosi tasselli che costituiscono la creatività umana, e la spinta che può conferire al progresso. La traccia B2 della maturità 2023 svolta da Francesca Serri, psicologa e HR specialist

Il tema di Francesca Serri

La tesi che avanza Piero Angela nel brano proposto consiste nel sostenere che la conoscenza, il sapere, la creatività, che possono essere definiti come elementi immateriali, in quanto intangibili, siano il vero capitale di ogni nazione. Le argomentazioni che l’autore porta a supporto sono esplicative: il caso del fallimento di Kodak, colosso mondiale, ma non abbastanza forte in termini di innovazione e dinamismo intellettuale; la ripartizione dei costi tra hardware e software di un computer. Nel secondo caso il sistema che gestisce i vari programmi copre il 90% dell’investimento, mentre si stima che la materia prima, estremamente tangibile, come mouse, schermo e tastiera, arrivi a pesare solo il 10% del costo totale. Secondo Piero Angela quindi, in questo scenario, profondamente differente rispetto al passato, le prestazioni del cervello, nello specifico la creatività, tramite cui passa l’innovazione, siano la chiave per fare la differenza sul mercato.

Si parla di distruzione creativa in quanto prodotti, ma soprattutto metodi, attività funzionali in passato, non lo sono più nel presente e sono/devono essere rimpiazzati da altri, vincenti in riferimento al momento storico presente, in un susseguirsi di distruzione, innovazione e creazione.

La ricchezza immateriale è proprio questo: proattività, creatività, conoscenza che consentono di sviluppare “software”, sistemi di gestione, attività, metodi, prodotti adeguati al progresso. Un sistema efficiente, secondo l’autore, possiede proprio tale tipo di ricchezza, che è in grado di alimentare altra ricchezza attraverso attività artistiche e culturali, in un circolo virtuoso.

La crescita economica va di pari passo con lo sviluppo intellettuale del Paese. Non ci può essere progresso senza innovazione e l’innovazione è strettamente legata al cervello delle persone, al sapere. Non solo un sapere tecnico-scientifico, ma un sapere più trasversale, in grado di aprire prospettive nuove e consentirci anche di sbagliare durante la ricerca di qualcosa di nuovo. Non è un caso che a seguito della pandemia da COVID-19 siano saltati molti paradigmi incentrati sulla quantità, sulla performance fine a se stessa. E anche in questo le aziende che non sapranno cogliere questa rivoluzione soccomberanno lentamente.

Siamo entrati nell’era della complessità, a dispetto di imprenditori che tentano ancora di incasellare gli avvenimenti in un semplice binomio causa-effetto. Le variabili che intervengono nel mercato, così come nella vita delle persone, si stanno moltiplicando, e questo richiede non solo reattività, ma proattività e visione di lungo periodo, con l’adattabilità necessaria per rivedere i programmi, se necessario. Per esperienza personale in molte realtà si è abituati a lavorare rispondendo all’emergenza e spesso, presi dalla fretta, le risposte che si danno sono efficaci contestualmente, ma miopi se si allungano in una prospettiva anche solo di medio termine.

Il progresso inarrestabile del mondo IT ci mostra come ruoli che adesso continuano a sopravvivere verranno soppiantati da intelligenze artificiali. Qualcuno particolarmente polemico potrebbe gridare allo scandalo, ma a mio parere non ci potevamo aspettare altro. Si automatizzeranno molte attività, perché ancora oggi molti lavoratori sono impiegati in mansioni estremamente operative, ripetitive e di basso valore aggiunto. Una ricerca dell’Harvard Business Review spiega proprio come si faticheranno ad automatizzare, invece, componenti relazionali, emotive, creative che al contrario caratterizzano la mente umana, insomma la ricchezza immateriale di cui parla Piero Angela.

Sembra dunque che le persone, con le loro competenze trasversali, faranno la differenza ancora per molto tempo. Secondo Forbes, infatti, al primo posto tra le abilità che daranno una svolta alle aziende nel 2023 c’è il pensiero critico, tipicamente umano. Al secondo posto troviamo il decision making, al terzo l’intelligenza emotiva e al quarto la creatività. Non mi stupisco di come queste siano tutte competenze immateriali, che un buon percorso scolastico può stimolare.

L’idea che la scuola debba insegnare competenze tecnico-pratiche, in grado di formare ragazzi “pronti all’uso” per darli in pasto al mondo del lavoro è, secondo il mio punto di vista, obsoleta. I tecnicismi si possono imparare: con un po’ di impegno si può apprendere a disegnare in autocad. Ben più difficile è imparare a pensare e a coltivare la creatività.

Se ripenso al liceo che ho scelto di frequentare, alcuni lo disprezzano tutt’ora perché dà solo nozioni, non garantisce un lavoro. Ebbene sì, il greco e il latino non mi sono serviti per intraprendere i numerosi stage a stipendio zero che mi sono toccati dopo la laurea. Se Tremonti mi dicesse, per puro caso, che con la cultura non si mangia, non potrei certo dargli torto. Nel nostro Paese purtroppo non abbiamo ancora imparato a capitalizzare questo tipo di risorsa, sbagliando. Tuttavia l’arte, la storia, le lingue morte hanno contribuito, almeno per un po’, ad insegnarmi a vivere.

Mi hanno instillato la fame di conoscenza, un metodo di studio, mi hanno insegnato che, anche se una materia proprio non mi piace, con l’impegno e la costanza posso imparare quasi qualsiasi cosa. Mi hanno insegnato a pensare, a godere del bello perché bello, non perché deve per forza servire a qualcosa. Come dice Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”. E io credo ci salvi ogni giorno. Mi hanno insegnato che talvolta la mole di lavoro è talmente alta che non si può sapere tutto, e con questo tenere sempre tutto sotto controllo. E se per caso va male, non è nulla di irrimediabile, si va avanti.

Mi hanno insegnato a incassare il fallimento e a imparare dagli insuccessi (quella che molti oggi chiamano resilienza). Il greco poi mi ha insegnato che a volte non è come sembra, e che osservando da punti di vista differenti una sola parola può significare almeno tre cose diverse. Il latino, per contro, mi ha insegnato la logica, la consequenzialità, il metodo, lo studio indefesso, e che a volte sì, può essere solo ciò che sembra. La letteratura mi ha infuso l’amore per la parola dimostrandomi la sua enorme potenza. La filosofia e la storia mi hanno insegnato che “abbiamo sempre fatto così… potremmo aver sempre sbagliato”. Queste e altre cose mi rendo conto di averle interiorizzate, senza saperlo, perché sono aspetti che contribuiscono alla formazione delle persone e del loro sapere. Le stesse persone che un domani potrebbero dirigere un’azienda, un Paese, o essere chiamate a sviluppare un brevetto per un farmaco salvavita.

Il mondo, la storia, le società, le aziende, persino il progresso e l’economia sono determinati dalle persone. Inutile quindi dire che la psicologia, il lavoro di miliardi di cervelli, con pregi e difetti, può influenzare fenomeni finanziari, economici di portata mondiale. Chi legge, chi si informa, chi apprezza l’arte e la storia, mantiene la mente stimolata e aperta; ad esempio ha meno pregiudizi, perché si è immerso in tante culture diverse (senza spostarsi dal divano), o più fantasia perché ha conosciuto scenari insoliti, fantastici. Leggere romanzi inoltre, significa anche ritrovare un po’ di se stessi nei personaggi, mettersi nei loro panni, e quindi coltivare empatia.

In conclusione, la ricchezza immateriale di cui parla Piero Angela riguarda l’individuo e la sua interiorità, la sua mente. Il bagaglio del sapere e la curiosità verso di esso si sviluppano nel tempo, creatività inclusa. Sistemi efficienti, vincenti a seconda del periodo, si realizzano solo se dietro ci sono cervelli pensanti. Il clima di disruption riferito ai vecchi schemi, visto da alcuni come fumo negli occhi, potrebbe essere semplicemente il lavoro di tante piccole menti innovative e creative, come dice l’autore, che distruggendo ciò che più non funziona in termini di economia, società e progresso, hanno saputo capitalizzare la propria conoscenza e utilizzano la loro enorme potenza per portarci, forse, verso un mondo migliore.

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