“Molti datori di lavoro imbrogliano quando si tratta di dichiarare gli infortuni sul lavoro perché, trattandosi di un sistema assicurativo, un numero eccessivo di richieste di risarcimento comporterebbe un aumento dei contributi da loro versati”.
A spiegarlo è Jérôme Vivenza, dirigente della CGT (Confédération Général du Travail) e rappresentante dei lavoratori dipendenti all’interno del Comité National de prévention et de santé au travail. E continua: “Si tratta della cosiddetta sottodenuncia degli infortuni sul lavoro, il cui valore è stimato dalla Corte dei conti, organo di controllo ufficiale, oltre il miliardo di euro”.
Precarietà del lavoro, formazione carente, ricorso massiccio a manodopera interinale o in subappalto, promozione dell’“uberizzazione” e deresponsabilizzazione delle aziende sono alla base dell’enorme numero di decessi. Lo ha dimostrato Matthieu Lépine, militante della sinistra francese, con un lavoro di monitoraggio del fenomeno attraverso la stampa locale online durato quattro anni e confluito nel libro L’hécatombe invisible. Enquête sur les morts au travail.
Dall’indagine risultano quattro grandi categorie a maggior rischio: gli interinali, i lavoratori in nero, quelli distaccati da aziende con sede legale in altri Paesi europei e i giovani. Sono lavoratori la cui precarietà e ignoranza rispetto ai diritti non permettono loro di rifiutare di operare in condizioni di pericolo.
Gli interinali, per lo più impiegati nel settore edilizio e industriale, sono per lì80% operai e per oltre un terzo hanno meno di 25 anni. Parliamo di un esercito di persone quasi quadruplicato nel giro di trent’anni. Nel loro caso l’elemento formazione è cruciale, perché i loro contratti durano un tempo insufficiente a dare una preparazione adeguata a garantire la sicurezza. Una realtà che fa tremare le vene nei polsi se pensiamo che l’80% degli addetti alla manutenzione delle centrali nucleari francesi è rappresentato proprio da loro.
“In nome della flessibilità”, afferma Lépine, “i contratti precari si sono moltiplicati negli ultimi trent’anni. A ciò vanno aggiunte condizioni di lavoro spesso schiavizzanti. Così non solo la frequenza degli infortuni sul lavoro tra gli interinali è doppia rispetto alle altre categorie, ma gli incidenti sono anche più gravi”. È quindi evidente che le scelte circa l’organizzazione del lavoro influiscono sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.
Più vulnerabili al rischio di morire mentre lavorano sono i giovanissimi. Il problema è la mancanza di una formazione adeguata perché, anche qui, più che l’inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro, l’obiettivo è il facile reperimento di manodopera a basso costo – addirittura gratuita, se i giovani hanno tra i 15 e i 17 anni. Lo dimostra il fatto che si sta via via sottraendo alla scuola la formazione professionale a vantaggio dei centri di formazione per gli apprendisti (CFA), e che la destra francese ha suggerito di abbassare l’età minima per accedere all’apprendistato da 15 a 14 anni. E ciò benché tra il 2019 e il 2022 il 10,9% di morti sul lavoro avessero tra i 15 e i 24 anni, e nonostante l’Institut National de Recherche et de Sécurité (INRS) abbia certificato che gli incidenti sul lavoro sono 2,5 volte più frequenti tra i giovani con meno di 25 anni.
“Come in tutti i Paesi, anche in Francia il lavoro si sta intensificando. La settimana lavorativa legale è di 35 ore, ma la produttività richiesta è notevole”, dice Vivenza. “Questa intensificazione porta a organizzazioni del lavoro stressanti e spesso prive di logica. I compiti sono scarsamente definiti e il ricorso a fornitori di servizi e subappaltatori porta a una mancanza di lavoro di squadra. Il turnover porta alla stanchezza dei lavoratori più esperti, che non si prendono più la briga di accogliere e formare i nuovi arrivati”.