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Gomorra. Da Scampìa è tutto
Ieri sera un giovane rider ha investito un uomo di 53 anni che è morto sul colpo e per una volta a fare notizia non è il settore del cibo a domicilio, ancora aggrovigliato nelle liane di un giungla legislativa nonostante l’attenzione che privati, sindacati, PM e qualche amministratore siano riusciti ad ottenere nell’ultimo anno, […]
Ieri sera un giovane rider ha investito un uomo di 53 anni che è morto sul colpo e per una volta a fare notizia non è il settore del cibo a domicilio, ancora aggrovigliato nelle liane di un giungla legislativa nonostante l’attenzione che privati, sindacati, PM e qualche amministratore siano riusciti ad ottenere nell’ultimo anno, accelerando processi che difficilmente sarebbero stati compiuti se affidati al senso di responsabilità delle multinazionali del food delivery.
La notizia riguarda un uomo che ha deciso di dedicare la seconda parte della sua vita alla ricostruzione sociale di uno dei quartieri più difficili di Napoli e riguarda anche una delle produzioni televisive e cinematografiche più imponenti e popolari.
Davide Cerullo, poeta, fotografo, ha una storia straordinaria di “ritorno alla vita”. Una vita che lo ha visto attraversare le maglie più strette della camorra per poi ripensarsi durante il periodo di reclusione, portandolo a diventare oggi un testimone unico di impegno con i bambini di Scampìa. La realizzazione dell’Associazione “L’albero delle storie” rappresenta per tanti bambini del Rione una vera e propria alternativa culturale per sfuggire a destini fin troppo scontati. Come raccontammo lo scorso anno a Nobìlita Festival.
Un giovane rider investe un uomo che muore sul colpo, dicevamo.
Al momento dell’incidente Davide era sul posto e si è avvicinato alla troupe di Gomorra per chiedere la cortesia di interrompere le riprese.
Quando sono arrivato sul posto ho visto quest’uomo avvolto da un lenzuolo. I miei occhi erano fissi su quel povero Cristo là per terra. Quando ho alzato gli occhi dall’altra parte, sulla sinistra a una ventina di metri c’era il set di Gomorra. Era presente tanta gente: gli attori, i registi, i curiosi, le comparse e sono scoppiato.
Si, sono scoppiato davanti a questa immagine che non potevo accettare e mi sono precipitato sul set urlando “Ma che cazzo fate, non è possibile, lì c’è un morto!”.
Mi hanno risposto: “Sì, ma l’hanno già portato via”. In realtà era lì; ho chiesto a un ’operatrice: “Ma come fate a girare?” La risposta è stata durissima: “Qual è il problema? Muore tanta gente”.
Davide, siamo sinceri: i Napoletani, quelli che vorrebbero veder valorizzare questa città per ciò che veramente è e non per i suoi stereotipi, non amano Gomorra. Ti saresti arrabbiato anche se su quel set ci fosse stata una qualsiasi altra produzione?
Mi sarei arrabbiato comunque, perché ci stiamo abituando a passare sopra qualsiasi cosa in nome del lavoro. Non esiste più un valore che tenga nemmeno di fronte alla morte. Ma se vogliamo parlare di Gomorra nello specifico, facciamolo: certamente Napoli ne risente. Se Gomorra fosse stato girato a New York non se ne sarebbero neanche accorti. A Napoli è differente perché incide sulla percezione tipica di chi vive di stereotipi. E di conseguenza Scampia ne risente, la periferia ne risente, ne risentono i bambini fragili, quelli nati nelle famiglie multi problematiche, i bambini che non hanno una guida che li aiuti a decifrare le immagini di violenza che vedono in televisione. Di conseguenza sono come spugne che la assorbono facendo diventare quella violenza uno stile di vita. Violenza e criminalità organizzata che continuano a reclutare risorse proprio grazie a questo tipo di film.
Comprendo la rabbia di chi come te, sta cercando di rivalutare contesti così difficili e poi vede il suo lavoro smontato da produzioni milionarie. Ma allora ti chiedo: in che modo si può rivalutare Napoli (e il Sud), quali sono i messaggi utili a raccontare gli aspetti culturali, sociali, estetici di questi territori?
Devi sapere che ci sono mogli e figli di boss che non aspettano altro che vedersi riconosciuti da palcoscenici così diffusi; la riproduzione di questo scenario di violenza è per loro la conferma di un potere, se non ancora più violento e più forte, come quello rappresentato da Gomorra. É il tornaconto ideale per dimostrare chi è che comanda a Scampia e quanto siamo violenti.
Credo che il cambiamento di Napoli e del Sud in generale debba avvenire attraverso la testa dei Napoletani stessi. Dobbiamo tornare a essere Napoletani, a far valere la sua storia, i suoi valori, la napoletanità che è arte, bellezza, cultura, pittura, poesia. Tornare a fare memoria. La cultura è l’unica arma di riscatto attraverso un massiccio intervento plurale per costruire una visione comune di futuro. Occorre investire nella bellezza, nella natura, nella poesia, nei libri, nell’ istruzione che è il più grande atto di democrazia e di libertà e quindi creare dei luoghi che abituino gli occhi dei bambini alla bellezza, alla fantasia, alla creatività, allo stupore.
Non possiamo offrire Gomorra alla loro crescita.
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