È una guerra antica, questa. Fatta di buchi nella terra e di cantine, di sangue e fango, mine antiuomo e trappole esplosive e trentamila proiettili d’artiglieria al giorno che si rovesciano sulle case, sui viali, sulla gente. Fatta di masse d’uomini gettate all’assalto in campo aperto, un’ondata dopo l’altra, falciate dal fuoco delle mitragliatrici, dilaniate dai mortai. Antica al punto d’aver messo in crisi i comandi militari occidentali, cresciuti nelle guerre asimmetriche, formati alle tattiche della controguerriglia, alla paradossale teoria della conquista dei cuori e delle menti armi in pugno, sempre contando su una indiscussa supremazia tecnologica – che pure gli è valsa disastrose sconfitte – e sull’assoluta certezza che il nemico non disponesse di altrettanti mezzi, materiali, risorse.
E invece: a un anno dall’escalation di questo conflitto, colpevolmente ignorato per quasi un decennio, la sorpresa è che di nuovo l’aritmetica della guerra torna a essere quella dei numeri, della capacità produttiva, della quantità di proiettili che l’industria, pronta a essere riconvertita alle esigenze della guerra totale, sarà in grado di fornire per il fronte aperto e per quello, sempre meno ipotetico, allargato ai Paesi confinanti, forse all’Europa.
Le dichiarazioni di Stoltenberg, segretario generale della Nato, lasciano poco spazio ai dubbi: “L’attuale tasso di utilizzazione di munizioni da parte dell’Ucraina è di molte volte superiore al nostro livello di produzione, ciò che mette a dura prova le nostre industrie della difesa”.
Gli arsenali sono quasi vuoti. E vanno riempiti in fretta, perché nessuno ha un’idea precisa di come può evolvere una guerra di quest’ampiezza, di questa intensità. Al momento, in dodici mesi l’Ucraina ha ricevuto armamenti e munizioni per un valore di circa 29 miliardi di dollari dai soli Stati Uniti.
L’Europa, più direttamente coinvolta nel conflitto per una serie di evidenti ragioni, anche geografiche, e più preoccupata per la propria sicurezza, tenta sporadicamente di mettere sul tavolo qualche dubbio, di frenare la corsa al massacro. Ma il vincolo militare con la NATO concede margini di manovra irrisori, e ora si affanna, tra mille difficoltà, per consegnare i vetusti carri armati Leopard 1 e qualche esemplare di Leopard 2 entro aprile. I Leopard 1 avranno bisogno d’esser rabberciati prima di raggiungere le zone operative, dove andranno probabilmente ad aggiungersi alle migliaia di tank e blindati mandati a schiantarsi su un fronte che diventa, di ora in ora, più indecifrabile.