Ieri era il rischio, oggi è l’ignoranza ad essere in azione

Trovarsi al posto giusto al momento giusto: questo si chiede al manager. Competenze interne e consulenti esterni sono mobilitati dal manager per tagliare il traguardo proprio in tempo. Il manager dovrà gestire i rischi incontrati lungo il sentiero da percorrere, tra i quali i rischi connessi ai costi di transazione lungo la catena del processo […]

Trovarsi al posto giusto al momento giusto: questo si chiede al manager. Competenze interne e consulenti esterni sono mobilitati dal manager per tagliare il traguardo proprio in tempo. Il manager dovrà gestire i rischi incontrati lungo il sentiero da percorrere, tra i quali i rischi connessi ai costi di transazione lungo la catena del processo d’ideazione che sbocca nella decisione. Essere just-in-time, ma a costi decisionali esorbitanti se confrontati con i benefici attesi, è una sconfitta. Questa è la rappresentazione familiare alla cultura manageriale. Ma pensiamo per un attimo al teatro dell’economia che subisce una mutazione, non permettendo più di mettere in scena il testo che il manager è abituato a recitare. Un quesito per niente peregrino, giacché l’economia post Grande Contrazione ha tutt’altra configurazione rispetto a quella che l’ha preceduta. Il da farsi consiste ora nel creare il posto giusto nel tempo della Grande Trasformazione in cui viviamo.

Se per “trovare” servono mappe della conoscenza le più dettagliate possibili, padroneggiate dagli esperti che il manager raduna attorno a sé, al fine del “creare” non serve neanche la pur perfetta mappa in scala 1:1, sogno irrealizzato del manager che ha avuto modo di osservare la “Mappa 1:1 dell’Impero” di Jorge Luis Borges. Esperti che tracciano tendenze seguendo il principio che vuole non esserci futuro senza passato dovranno cedere il passo ai non esperti che costruiscono il futuro nel segno della discontinuità. Non c’è passato senza futuro: questo il loro pensiero guida. Il futuro traccia in piena autonomia il proprio percorso, cogliendo dagli eventi passati ciò che ritiene appropriato per la sua costruzione. Rinascimento, Riforma, Rivoluzione scientifica, Illuminismo, Rivoluzione industriale, Capitalismo delle grandi imprese e Capitalismo molecolare: queste le tappe trasformative delle strutture sociali e produttive che sono state il portato della discontinuità.

Nel mondo di ieri verso l’oggi, il manager si è misurato con il rischio, cioè con probabilità che possono essere conosciute avvalendosi dell’esperienza accumulata, della competenza logica-argomentativa. Nel mondo di oggi verso il domani, il manager è chiamato ad affrontare l’incertezza, vale a dire le probabilità che non possono essere conosciute. È con l’esercizio dell’intelligenza intuitiva che egli potrà ridurre l’incertezza a probabilità, come pure puntare sull’avere approssimativamente ragione anziché trovarsi precisamente in torto. Nell’intraprendere il nuovo percorso, le letture degli scritti di un pensatore dell’incertezza del calibro dell’economista inglese John Maynard Keynes molto aiuterebbero il manager.

Prezzi che scivolano su un piano in discesa che potrebbe far cadere l’economia mondiale nella palude della stagnazione secolare; crescita della produttività in consistente caduta sin dagli anni Ottanta del secolo scorso; crescenti disparità nella distribuzione del reddito e della ricchezza che limitano ai consumatori più ricchi la domanda di prodotti innovativi offerti dai settori più produttivi verso cui dovrebbero indirizzarsi le risorse: questo il panorama lungo il percorso dell’incertezza. Deflazione, bassa produttività e ineguaglianza segnalano che il manager si trova nella terra di nessuno dove il sapere di non sapere e, peggio, il non sapere di non sapere dovrebbero indurre il manager a far leva sull’ignoranza creativa (come illustrato sul Senza Filtro del 25 marzo 2015, “L’ignoranza creativa: un punto di riferimento che fa paura”). L’ignoranza in azione (“agnizione”, dal greco agnōsis, non sapere) avviene in un gruppo di lavoro di cui si fa parte cedendo risorse. Non più esperti, interni ed esterni all’impresa, in possesso di mappe della conoscenza (da vendere, nel caso dei consulenti), bensì compagni di un viaggio verso l’ignoto che insieme al manager contribuiscono al raggiungimento dell’obiettivo e alla conseguente condivisione dei risultati se mai il successo arrida, come accade nell’Innovation Value Institute in Irlanda.

Il ciclo del management

Come mostra la figura del ciclo del management, è proprio nel momento in cui l’impresa è caduta nella zona del declino e corre il pericolo di precipitare giù nella terra di nessuno, è proprio allora che l’agnizione del manager può cambiarne la sorte. La ricerca di nuove percezioni (“cognizione”) nella successiva fase d’incubazione e, poi, il passaggio all’azione (“conazione”) indirizzano l’impresa verso la creazione di nuovi miti e simboli (“rappresentazione”) nella fase finale di crescita e maturità. È questo il ciclo del management che potrà essere percorso nella sua interezza se il manager privilegerà la creazione del posto giusto al trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

 

(Photo credits: Oscar Keys, Unsplash)

 

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