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Il cinema del Sud non ha più bisogno di Roma
Cosa significa parlare di Sud in termini culturali, nell’era della globalizzazione e del web 3.0? Secondo Paride Leporace, direttore del Lucana Film Commission, “è attraverso la cultura che il Sud potrà prendere in mano le redini del proprio destino e smettere di piangersi addosso. Per creare percorsi valorizzanti e opportunità di lavoro concrete. Perché, come […]
Cosa significa parlare di Sud in termini culturali, nell’era della globalizzazione e del web 3.0? Secondo Paride Leporace, direttore del Lucana Film Commission, “è attraverso la cultura che il Sud potrà prendere in mano le redini del proprio destino e smettere di piangersi addosso. Per creare percorsi valorizzanti e opportunità di lavoro concrete. Perché, come ha documentato Joris Ivens, l’Italia – e il suo Sud – non è un paese povero.
Cos’è e come nasce LFC?
“Attraverso la consapevolezza di una forte vocazione cinematografica. La Basilicata è terreno d’indagine sin da quando l’antropologo Ernesto De Martino e la sua troupe hanno ripreso la Basilicata nel 1952, oltre cinquant’anni prima di Hollywood; e, sin da allora, il cinema e l’audiovisivo sono stati visti come risorse fruttuose. Ecco perché, la politica ha deciso di investire in questa direzione favorendo, anche se in ritardo rispetto ad altri territori, la creazione di una Film Commission. La nostra parte nel 2013 con un primo bando europeo, tramite cui vengono stanziati 2 milioni di euro; il progetto è soddisfacente, in termini di adesione e promozione. Ecco perché, in quello stesso anno, la Regione decide di stanziare ulteriori 1,2 milioni di euro. Attualmente gestiamo 44 progetti finanziati, fra cortometraggi, lungometraggi e start-up”.
Quali sono gli intenti con la settima arte?
“Unire creatività e lavoro secondo le linee della modernità e attraverso un’azione di agenzia sul territorio, in grado di favorire l’incontro fra persone e lo scambio di progetti, ma anche la diffusione di una cultura del cinema”.
In che modo il cinema può creare occupazione?
“Investire nel cinema e nell’audiovisivo significa creare opportunità non solo per registi e produttori, ma anche per figure come attrezzisti, truccatori e costumisti. Il punto di partenza di LFC è la presenza di professionisti lucani all’interno di progetti legati al cinema e all’audiovisivo. E, poiché la Basilicata è una regione a forte migrazione, abbiamo deciso di estendere questa presenza anche ai figli e ai nipoti dei migranti lucani, incentivando il rientro dei cervelli: di chi, dopo un periodo di studio o di lavoro altrove, decide di tornare in Basilicata e di svolgere qui la propria attività”.
Un esempio significativo?
“Nel 2015 abbiamo destinato 10 mila euro a sostegno del crowdfunding di Without, dell’italoamericana Paola Sinisgalli. Il cortometraggio, girato a Vaglio Basilicata con la partecipazione dell’attore Massimo Bonetti, ha coinvolto numerosi professionisti lucani”.
Sud e Basilicata, a cosa è dovuta la scarsità di cinema sul territorio?
“La Basilicata è costellata da poche città e molti piccoli centri, con una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. Ecco perché abbiamo deciso di sostenere le sale esistenti attraverso un finanziamento che favorisca il passaggio al digitale. Inoltre, stiamo sperimentando forme di aiuto per favorire i territori privi di sale, con un’attenzione particolare alla didattica e alle scuole”.
Qualche esempio?
“Anche sull’onda di Matera 2019 è stato aperto un cinema multisala a Matera, moderno e dotato di standard tecnici molto avanzati”.
Cosa accade in Basilicata da Mel Gibson in avanti?
“Dopo l’interesse scatenato da The Passion, l’attore lucano Rocco Papaleo sceglie di svelare questa regione, sconosciuta anche in Italia, con la regia del suo Basilicata coast to coast. Ecco perché, dagli anni Duemila in poi, la Basilicata non attende più che i progetti arrivino dall’esterno: al contrario, cerchiamo attivamente sul mercato tutto ciò che può sviluppare una vera e propria industria della creatività”.
Esiste un conflitto di interessi fra industria della creatività e arte cinematografica in sé?
“No. Noi non interveniamo sui contenuti e garantiamo l’indipendenza autoriale in termini di director system. Ci assicuriamo solo che non emerga un’immagine della Basilicata in chiave negativa, falsa e stereotipata”.
Come il Sud degli anni Sessanta, immortalato da Joris Ivens e, per questo, vittima di una censura spietata.
“No, piuttosto come nel documentario di Simone Aleandri Mater Matera, finanziato e assistito dalla nostra Commission e che indaga sulle contraddizioni presenti nell’unico capoluogo di provincia italiano privo di una stazione ferroviaria. E che, nonostante ciò, sarà Capitale europea della cultura nel 2019″.
Nel 1948 Carlo Lizzani realizza il documentario Nel Sud qualcosa è cambiato. Cosa rimane di questa narrazione?
“La memoria”.
Da Sud e magia a The Passion; dal familismo amorale a Basilicata coast to coast. Quanto è cambiato il rapporto fra il Sud e chi lo osserva da lontano?
“Concetti legati al Sud, come il familismo amorale, sono stati superati a favore di un’attenzione nei confronti del paesaggio e una di forte creatività, economica e sociale. Questi aspetti producono resilienza. Buona vita e tempi dilatati inducono ora a vedere il Sud come un territorio da vedere e gustare, da vivere e conoscere. Il cinema del Sud, a sua volta, si sta gradualmente de-romanizzando, a favore di nuovi linguaggi e sperimentazioni”.
Cosa realizzerete nei prossimi mesi?
“Il regista israeliano Amos Gitai ha deciso di girare Doña Grazia a Matera; inoltre, è stato istituito un bando di 200 mila euro per lungometraggi, corti, documentari e per la creazione di una webserie. Inoltre, stiamo preparando il terreno affinché una celebre serie televisiva trasmessa da Rai 1 venga girata proprio nella città dei Sassi”.
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