La nostra Gig economy non è più vergine

“La qualità di un prodotto dipende anche dalla qualità del lavoro”. Tra le prime affermazioni del Sindaco di Bologna Virginio Merola, ieri in conferenza stampa con l’Assessore al Lavoro Marco Lombardo, questa mi è sembrata da prendere al volo. Va presa per quanto è candida e di buone speranze di responsabilità in capo ad ognuno di […]

“La qualità di un prodotto dipende anche dalla qualità del lavoro”. Tra le prime affermazioni del Sindaco di Bologna Virginio Merola, ieri in conferenza stampa con l’Assessore al Lavoro Marco Lombardo, questa mi è sembrata da prendere al volo. Va presa per quanto è candida e di buone speranze di responsabilità in capo ad ognuno di noi in un contesto di tale caos normativo, sociale e giurisprudenziale dentro cui pedalano migliaia di riders.

È stata firmata ieri a Palazzo Accursio la prima Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano; prima in Europa, prima anche a livello internazionale per come è stata generata e strutturata.

Il Comune di Bologna ha organizzato mesi di tavoli e confronti dove ci fosse una sedia per tutti: tutte le piattaforme digitali, tutte le principali sigle sindacali, tutte le associazioni di rappresentanza dei riders fino ad accorgersi, un po’ alla volta, che qualcuno si sfilava. “Sappiamo bene, per tutti noi che abbiamo vissuto insieme mesi di trattative, che se avessimo ceduto sull’articolo 4 della Carta sicuramente avremmo avuto due piattaforme in più qui oggi alla firma”. I giornalisti chiedono di fare i nomi ma Lombardo glissa in eleganza: “Starà a loro, se vorranno, rilasciare dichiarazioni”. Carta alla mano, l’art. 4 è il cuore della questione: “Diritti di protezione della persona e dei suoi beni fondamentali”, due commi secchi che toccano la tutela di un compenso orario equo e dignitoso in ogni caso non inferiore ai minimi tabellari sanciti dai contratti collettivi di settore, indennità per il lavoro svolto in condizioni particolari come il lavoro notturno, il lavoro durante le festività ovvero in condizioni meteorologiche sfavorevoli”.

Soddisfatte e convinte a proseguire sulla strada anche CGIL, CISL e UIL. Sgnam e MyMenu, ormai fuse in un’unica azienda che copre circa 150 dei 400 fattorini bolognesi, è l’unica piattaforma che invece ha messo finora firma e faccia; parlano i due giovani fondatori, rivendicano l’italianità della app e l’etica con cui lavorano, dimostrano di saper stare al posto giusto nel momento giusto. “Non è un caso che a firmare sia l’unica app italiana che può scegliere liberamente di valutare e aderire senza la scusa di dover chiedere autorizzazioni da lontano”, rincara Lombardo. Non pervenuti i colossi del settore: Deliveroo, Glovo, Foodora, Food Pony, JustEat ritiratasi in zona Cesarini.

Union Riders è il sindacato dei lavoratori delle consegne a domicilio, di certo l’interlocutore principe per le istituzioni in tutta questa trattativa che è durata mesi; Tommaso Falchi prende la parola per tutti, ringrazia Comune e sindacati, ricorda lo sciopero del 1 maggio, legge un foglio corale col quale ricorda che il passo è decisivo ma è solo l’inizio, non un arrivo. A fine conferenza stampa lo avvicino perché c’è da capire meglio cosa voglia dire compenso orario e perché di fatto non si capisce mai quanto guadagnino questi lavoratori su due ruote né come si strutturi la loro giornata di lavoro. “Il nostro ufficio è la strada, è da lì che aspettiamo di ricevere gli ordini per poi partire. Le aziende ci consigliano di trovarci una piazza centrale o una strada comoda e il resto degli strumenti di lavoro ce li mettiamo noi: smartphone e bici o motorino. Il problema è che si sta prendendo la piega del pagamento a cottimo per cui veniamo pagati a consegna e non a ora di lavoro. E poi c’è differenza non solo sui metodi di pagamento tra piattaforma e piattaforma ma anche all’interno della stessa piattaforma tra città e città. Solitamente le multinazionali tendono ad arrivare in una città e adottare sistemi economici e contrattuali migliori per poi progressivamente andare a peggiorare. Prima acquisiscono manodopera e poi fanno passi indietro; in pratica riducono sempre più la paga oraria per arrivare al cottimo, al pezzo unitario di consegna. In media potrei dire che all’ora si arriva a circa 7 euro. Glovo, per esempio, è già arrivata al cottimo assoluto. È una deriva pericolosissima non solo perché non tutela il lavoro ma anche perché costringe i riders ad accelerare ritmi su strada per accumulare il maggior numero di consegne con tutti i rischi che le strade delle grandi città comportano”.

Tommaso Falchi, Riders Union Bologna

Certo questa Carta non impone forme contrattuali specifiche per le aziende, né tantomeno fissa compensi a cui attenersi: è un recinto dentro cui il Comune di Bologna invita le piattaforme che operano nel suo territorio ad attenersi, modulandone i contenuti all’interno dei propri contratti coi ridere. Sanzioni non sono escluse, commentano Sindaco e Assessore, fino a costituzioni di parte civile in caso di eventuali incidenti o infortuni dei riders su strade comunali.

Da quando le piattaforme digitali si sono globalmente sostituite sottobanco ai datori di lavori sfruttando le zone di buio – nemmeno d’ombra – degli ordinamenti giuridici sempre in ritardo sulla realtà, ogni volta che vediamo passare una bici o un motorino di food delivery dovremmo chiederci non tanto dove va ma chi è.

Chi è quel fattorino per la società? Chi è per il nostro diritto? Chi è per noi consumatori? Chi lo regolamenta? Chi lo tutela? Chi diventerà tra qualche anno? Fino a ieri c’era pure da chiedersi chi glielo fa fare.

Su un tema tanto attuale quanto spinoso, il Comune di Bologna sta insegnando all’Italia che la politica seria si fa osservando i cittadini per come vivono e lavorano, mettendosi una mano sulla coscienza per il ruolo politico e sociale che riveste e l’altra all’orecchio per ascoltare cosa hanno da dire.

Merola fa un passo oltre, lunghissimo, invitando i cittadini-consumatori a boicottare le app che non adotteranno la Carta. Ce lo siamo scordati che mangiare è un gesto profondo. Qualcuno ricorderà il libro di Wendell Berry del 2015, Mangiare è un atto agricolo: lui romanziere, poeta, critico culturale, agricoltore, attivista ecologista, pacifista del Kentucky che richiamava ognuno di noi al senso di responsabilità di fronte a questa Terra. Ieri non ci siamo andati lontano con la Carta dei diritti del lavoro digitale che di fatto rompe gli argini per tutti i mestieri, non solo per il food delivery.

C’era una finta purezza, finora, di fronte ai lavoretti con cui sempre più persone fanno i conti; che poi non era neanche purezza ma semplicismo con cui liquidare ciò che non conosciamo ancora bene, ancora informe. Finalmente la Gig economy non è più vergine e, quando la perdi, allora sì che ogni scelta chiede un prezzo.

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