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Liquidità per le microimprese: il sogno infranto dal governo
I membri del Consiglio dei ministri hanno lasciato Palazzo Chigi a notte inoltrata. È il 7 aprile, sono stanchi ma soddisfatti. Ancora combattuti se ascoltare l’invito alla cautela dei medici o dare spazio alle pressioni di Confindustria e Confesercenti per la riapertura veloce di fase 2, i ministri sono consapevoli di avere predisposto una valida […]
I membri del Consiglio dei ministri hanno lasciato Palazzo Chigi a notte inoltrata. È il 7 aprile, sono stanchi ma soddisfatti. Ancora combattuti se ascoltare l’invito alla cautela dei medici o dare spazio alle pressioni di Confindustria e Confesercenti per la riapertura veloce di fase 2, i ministri sono consapevoli di avere predisposto una valida rete di sicurezza per il sistema economico in emergenza.
Il decreto legge, che uscirà sulla Gazzetta Ufficiale, deve mettere in sicurezza centinaia di migliaia di micro-imprese che dopo due mesi di chiusura hanno esaurito le riserve; molte sono tecnicamente insolventi, con magazzini spesso da buttare. Quindi il governo ha deciso di stanziare per tutti un sussidio immediato a carico dello Stato, pari all’80% del danno (mancato incasso) effettivamente subito, basato sull’autocertificazione degli introiti di gennaio e febbraio (due mesi di scontrini e micro-fatture con limite unitario di 300 euro). Il sussidio sarà accreditato sul conto della banca indicata nella richiesta entro 10 giorni, in un conto vincolato utilizzabile solo per bonifici di stipendi, fornitori, bollette e affitti. I controlli sulle auto-dichiarazioni avverranno per il tramite dell’Agenzia delle Entrate entro un mese. Le sanzioni per chi richiederà sussidi ingiustificati sono sufficienti a scoraggiare l’abuso.
Con questo provvedimento, che ha richiesto una copertura finanziaria straordinaria, si evita il tracollo della rete distributiva di moltissimi settori e si rimette un bel po’ di liquidità in circolazione ai piccoli fornitori e piccoli proprietari di immobili. Per i microimprenditori titolari di bar, ristoranti, commercianti, negozi di abbigliamento, franchising che confermeranno la volontà di riaprire le attività, invece, sono stati previsti prestiti a sei anni per un importo aggiuntivo. La novità consiste nel rimborso, che avverrà in modo automatico ed elettronico, attraverso un prelievo in percentuale dalle somme incassate via POS e carte di credito, secondo le più avanzate tecnologie digitali dei nuovi sistemi di pagamento.
Il sogno della ripartenza
Le imprese, quelle più grandi, che producono beni industriali e servizi, hanno bisogno di una medicina diversa e più articolata. Sono state chiuse per oltre due mesi, ma la maggior parte possiede una maggiore solidità e capacità di ripresa, dal giorno in cui riparte l’attività e si riattivano ordini e consegne. I tecnici del governo hanno esaminato a fondo il problema, e per queste imprese verranno messe a disposizione nuove linee di credito per anticipare o scontare le fatture verso i clienti in pochi giorni, in modo da garantire, alla ripartenza, la copertura del ciclo di circolante. Il decreto legge prevede che i pagamenti verso fornitori debbano essere effettuati da tutte le imprese entro massimo 60 giorni dall’emissione della fattura. Abrogata per legge la possibilità di divieto della cessione del credito, e quindi tutte le piccole imprese potranno ricorrere al factoring senza temere ostacoli.
Società di factoring e banche godranno di garanzie fino al 90% sui pagamenti di crediti commerciali e sulle cessioni. Tutti hanno confermato l’impegno di esaminare le richieste entro 15 giorni. SACE è inoltre pronta a fornire coperture assicurative e garanzie sui crediti concessi per sostenere anche le esportazioni. I 10 miliardi di nuova garanzia statale sulle assicurazioni crediti saranno oggetto di una integrazione della richiesta alla Commissione Europea, come già approvato a Francia e Germania.
Il ministro della Giustizia ha trovato l’accordo per neutralizzare fino alla fine del 2021 i rischi previsti nella legge fallimentare per i soci, e per esentare da rischi penali le banche che si trovano ad affidare imprese in emergenza COVID-19. La modifica sarà inserita nel prossimo decreto. Banca d’Italia, ABI, il MEF e il MISE – che lavoravano da oltre un mese sul progetto emergenza – hanno predisposto tutte le istruzioni operative e le circolari.
Tutti i portali COVID-19 per la raccolta e interscambio dei dati tra banche, SACE e MediocreditoCentrale (che eroga le garanzie del FCG alle PMI) sono interconnessi via API e sono stati testati nelle scorse settimane. Possono reggere un carico elevato di richieste senza i problemi che hanno messo in ginocchio il sito dell’INPS. Le domande potranno essere presentate online da domani; la documentazione richiesta è minima e standard, e può essere caricata nella procedura online. Si prevede la delibera entro 7-10 giorni.
La verifica incrociata sulla regolarità contributiva delle imprese richiedenti e sull’assenza di procedure di licenziamento (condizione necessaria per preservare l’occupazione) sarà fatta in via telematica dalla stessa banca che delibera il finanziamento.
Che cosa (non) è stato fatto per la ripresa dell’economia
I crediti erogati in precedenza dalle banche non potranno essere sostituiti, ma potranno essere allungati: la moratoria sui pagamenti in scadenza è stata infatti estesa fino a giugno 2021. Gli affidamenti a revoca non possono essere revocati per 12 mesi. Questo assicura che i nuovi finanziamenti siano concessi esclusivamente per esigenze di liquidità o per nuovi investimenti. Le regole bancarie di Basilea per la classificazione dei ritardi e dei prestiti ristrutturati sono state appositamente modificate con istruzioni della Banca d’Italia.
I ministri dell’Economia e delle Finanze si sono già accordati sulla possibilità di estendere il ricorso alle garanzie anche alla fase successiva alla riapertura. Un nuovo decreto, che sarà presto emanato, prevede la possibilità – solo per le imprese che attestano un fatturato 2020 pari ad almeno il 60% di quello 2019 – di accedere alla garanzia statale su nuovi finanziamenti a medio termine a partire dal 1.1.2021 per investimenti produttivi e innovativi, con un rafforzamento del programma Industria 4.0. In questo modo le imprese ripartite hanno un set di strumenti finanziari completo e modulare per finanziarsi, un contesto legale, bancario e fiscale che incoraggia il recupero delle posizioni perse.
Infine un’ottima novità: le garanzie dello Stato potranno essere utilizzate anche dalle nuove piattaforme fintech che già oggi erogano finanziamenti alle piccole e medie imprese o smobilizzano i crediti commerciali, con tempi di risposta molto più rapidi e processi completamente digitali. I tecnici del ministero hanno approntato le modifiche ai regolamenti: per facilitare l’accesso al credito le imprese possono rivolgersi anche alle società fintech, che accelerano l’erogazione dei fondi con processi semplificati ma sicuri. Nello stesso modo è previsto che i voucher per le categorie più deboli dei cittadini possano essere erogati, come già fatto dal Comune di Milano, anche attraverso nuove app di pagamento (come Satispay e Soldo). Il ministro per l’Innovazione è stato particolarmente pressante in questa direzione, sottolineando l’importanza dell’uso delle nuove tecnologie al servizio del Paese.
Ritorno alla realtà: le imprese che falliscono, e quelle che suppliscono agli interventi dello Stato
I titolari di attività commerciali e i piccoli imprenditori, che da parecchie settimane dormono molto male dovendo affrontare un dramma così imprevisto e finanziariamente devastante, si risvegliano ogni mattina consapevoli che tutto quanto descritto sopra sarebbe stato tecnologicamente, praticamente, umanamente fattibile. Ma purtroppo si tratta di un sogno, non della realtà italiana.
I confronti con i Paesi che hanno già innaffiato di liquidità un tessuto economico in sofferenza, con lavoratori che hanno perso il lavoro e imprese che hanno perso gli incassi, sono a volte impietosi. Le complessità della macchina burocratica si sovrappongono alle promesse eclatanti (400 miliardi per le imprese) non sostenute ancora dagli stanziamenti al bilancio necessari. La delusione dei piccoli imprenditori è salita quando le misure adottate si sono dimostrate poco efficaci a causa delle procedure complesse per attivarle, ed è peggiorata a fronte delle risposte tardive e piene di cautela da parte delle banche. La disillusione crescerà, alimentando la scelta di cessare attività e ripensarci più avanti, oppure la ricerca di alternative. Le imprese destinate al fallimento sono stimate dagli specialisti in aumento fino al 19%.
C’è solo un punto da aggiungere al quadro italiano, e non è di minore importanza: tutti i piccoli esercizi, che siano parte della catena alimentare (50.000 ristoranti), o dell’abbigliamento, o dei servizi alla persona (parrucchieri, centri estetici, palestre), sono un terminale di vendita di prodotti di società industriali e commerciali. Un terminale spesso fondamentale nella catena di vendita. La morte annunciata del sistema distributivo al dettaglio, composto da microaziende familiari, mette in difficoltà anche le grandi imprese, che stanno prendendo coscienza del problema e forse si decideranno a usare una parte della loro potenza finanziaria per preservare, se non tutti, almeno parte dei loro distributori. C’è da sperare che siano loro a offrire interventi di supplenza a uno Stato impoverito nelle risorse e molto confuso nell’organizzare soccorsi e ripartenze.
Photo by Roman Synkevych on Unsplash
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