Manutentori cercasi: stavolta hanno ragione le imprese

In Italia si trovano quattro operai specializzati su dieci, una situazione destinata a peggiorare che trova origine nelle scelte scolastiche: i licei stanno togliendo risorse all’industria?

Le aziende cercano manutentori: uno di loro maneggia una chiave inglese

Azienda che vai, manutentore che cerchi. Non c’è realtà industriale più o meno complessa, visitata o approfondita negli ultimi anni, che a specifica domanda non abbia indicato i tecnici specializzati tra le ricerche di personale impossibili da chiudere in modo positivo. Una sorta di caccia al tesoro dove a latitare, con incredibile costanza nel tempo, sono sempre le competenze manutentive: meccaniche, elettriche ed elettroniche.

Sul tema, a scanso di equivoci, una premessa bisogna specificarla con chiarezza: non parliamo di aziende incapaci di strutturare processi di selezione o disposte a cavalcare i luoghi comuni del momento, dall’improbabile deterrente del Reddito di Cittadinanza all’inverosimile poca attitudine al sacrificio delle generazioni più giovani. In questo caso si spazia tra tutte le organizzazioni italiane, dalle piccole-medie imprese a conduzione famigliare fino alle grandi aziende multinazionali, con tanto di profilo LinkedIn completo e budget di recruiting consolidato.

Carenza di manutentori: da Nord a Sud, in Italia non si salva nessuno

Il problema è annoso e trasversale.

Se prendiamo in esame l’ultimo quinquennio, scopriamo che in Veneto già nel 2017, ripescando i dati Unioncamere Excelsior dell’epoca, non si trovava un manutentore su due. Parliamo di picchi, giusto per citare un caso concreto, di oltre il 45% per gli addetti a lavorazione dei metalli e macchinari. Saldatori, fresatori, operatori di macchine utensili, carpenteria, controllo numerico: lavoratori agognati da tutto il mondo dell’industria, non solo da piccole e medie imprese magari meno disposte alla selezione o a generose retribuzioni. A nulla sono servite tutte le iniziative messe in campo per sopperire alle necessità, i progetti di territorio proposti dalle associazioni di categoria e le numerose partnership per la formazione di profili specializzati nella metalmeccanica. Specchietti per le allodole di fronte a una questione profonda e strutturale.

La riprova è offerta dalla cronaca attuale. Più della metà delle figure con estrema difficoltà di reperimento sono infatti operatori specializzati nell’ambito industriale: meccanici collaudatori, elettricisti, installatori di impianti, operatori dell’industria 4.0. In Toscana, ad esempio, riprendendo quanto sostenuto dall’associazione CNA Toscana Centro, si è passati da un gap di 8.000 manutentori mancanti nel 2022 a una previsione di 14.000 posti vacanti per l’anno in corso. Non solo la statistica non è migliorata, ma il divario è perfino aumentato, anche in considerazione del fisiologico ricambio generazionale.

Spostandoci più a sud, l’Abruzzo – prendiamo in esame una Regione specifica – non naviga certo in acque migliori. I dati di inizio anno evidenziano un’evidente difficoltà di reperimento di manodopera qualificata, pari addirittura (fonte ANPAL) al 48,1%, in aumento del 7,7% rispetto allo scorso anno. Numeri che la collocano alla stregua delle Regioni del Nord, dove Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Piemonte e il citato Veneto oscillano tra il 56% e il 49%.

A livello nazionale, stringendo il focus, si parla del 61% di metalmeccanici introvabili, e in generale di una percentuale sempre vicina al 60% per tutti gli operai specializzati.

Senza scendere nel micro-dettaglio, come per la parte più ricca e industrialmente avanzata dello Stivale, tutto il Sud condivide le medesime criticità. Anche qui, leggendo la cronaca degli ultimi cinque anni, il ritornello è sempre lo stesso: tra i profili più difficili da reperire molti riguardano professioni tecniche nell’ambito industriale, per l’appunto elettrotecnici, tecnici elettronici e tecnici meccanici.

Tutti al liceo. Ma chi studia per diventare tecnico specializzato?

Per provare a capire l’origine di questa consolidata tendenza tornano utili i dati sulle iscrizioni al prossimo anno scolastico 2023/2024, pubblicati dal ministero dell’Istruzione e del Merito alla fine dello scorso mese di gennaio.

Ebbene, se è vero che le iscrizioni agli istituti tecnici salgono dal 30,7% al 30,9%, a farla da padrone sono ancora i licei, che con la totalità dei diversi indirizzi vengono scelti dal 57,1% dei neoiscritti. Ma è sviscerando il dato positivo sui tecnici che si scopre, purtroppo, come appena un 19,4% di volenterosi abbia scelto il settore tecnologico, contro il 20,4% di un anno fa. Tra i singoli indirizzi, quelli inerenti a meccanica, meccatronica ed energia racimolano un poco invidiabile 2,8%, davanti solo ai corsi di chimica e biotecnologie, fermi al 2,4% dei futuri alunni. Ciò significa che, riflettendo su quest’analisi, appena tre studenti su cento si proporranno al mercato come potenziali figure operative specializzate. Se nessuno di questi sceglierà la strada universitaria.

In soccorso al certificato allarme rosso sul futuro dei tecnici specializzati non arrivano nemmeno le percentuali relative agli istituti professionali, che passano dal 12,7% al 12,1%. Di questi, i percorsi di manutenzione e assistenza tecnica sono scelti da un misero 1,6%.

 

 

Detto che i centri di formazione professionale versano in un’incontrovertibile crisi, l’ultima speranza risiede negli istituti tecnici superiori, opportunità post diploma in alternativa alle università, che si propongono come ponte tra il mondo della scuola e le imprese, rilanciando le velleità degli indecisi e dei futuri NEET. Guardando i dati proposti da INDIRE, l’Istituto Nazionale Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, emerge però che gli ITS rappresentano una scelta ancora di nicchia. Si parla di 20.000 iscrizioni per tutte le oltre cento Academy, a fronte di una ricerca di oltre 52.000 figure professionali affini.

Insomma, a far due conti le percentuali che risultano sono sempre le solite, con una difficoltà di rimanere al passo con le richieste che ormai supera di gran lunga il 50%. Per evidenziare un confronto a tutti gli effetti impietoso, in Germania sono 800.000 gli studenti che scelgono percorsi comparabili.

Pochi candidati da convincere e tanta scelta. E le aziende ricorrono alla formazione interna

Tutte considerazioni analitiche utili a fornire una fotografia del contesto di partenza. Per un ulteriore approfondimento qualitativo provo a sentire Alberto Carpenedo, esperto di selezione con focus specifico sui tecnici specializzati, oggi executive manager per LHH.

“Dal punto di vista geografico confermo che la tematica è abbastanza trasversale e comune a molti territori, con un picco di difficoltà nelle aziende PMI di provincia rispetto a quelle concentrate nelle medie o grandi città. In questo momento di mercato, molte aziende che nel periodo COVID-19 avevano bloccato le assunzioni o tamponato le necessità di personale mediante realtà terze e consulenze, hanno avuto poi una necessità impellente di inserire molti più profili tecnici rispetto a prima, con un’urgenza quantitativa di inserimento che il mercato non sempre è in grado di soddisfare. In più, se a questo uniamo la richiesta sulle competenze digitali e sulla lingua inglese (quando parliamo di profili qualificati), le difficoltà aumentano in modo verticale.”

E così, se a tutto ciò uniamo i dati che arrivano dalla scuola, nel processo di selezione le cose si complicano drasticamente. “Si sdoppiano, perché noi professionisti del settore ci troviamo a collaborare con molti clienti al palo e, di contro, con candidati di valore che a questo punto godono di una vasta possibilità di scelta, spesso già forti di alcune offerte di lavoro a disposizione nel momento in cui vengono contattati. Come ci muoviamo in questi casi? Oltre a capire di cosa ha davvero bisogno il candidato, le sue specifiche esigenze, è ovvio che un peso determinante lo riveste la bilancia vita-lavoro che l’azienda è in grado di fornire, elemento che si aggiunge ai classici lati dello sviluppo di carriera e della retribuzione. Un aspetto che è sempre più considerato da chi si appresta a cambiare lavoro, e che fa la vera differenza nel valutare una posizione lavorativa. Insomma, l’attenzione verso un buon equilibrio tra lavoro e vita privata è sicuramente un crocevia molto importante nel mondo post pandemico. Confermo, tra l’altro, che le aree più coinvolte sono i dipartimenti manutenzione, sia per i tecnici che per profili manageriali, i dipartimenti di sviluppo prodotto e l’area sicurezza ambiente”.

Lavoratori simili a specie protette in via d’estinzione. Come se ne esce?

“Le figure più junior pronte a iniziare la loro esperienza nel mondo del lavoro dovrebbero essere supportate da scuola e università, magari con percorsi formativi extra-curriculari di orientamento, così da fornire una panoramica reale su collocamento e sulle opportunità da sfruttare nel mercato del lavoro, specie sulla base delle attitudini e delle competenze acquisite. Molto spesso al termine del percorso di studi tanti giovani non hanno le idee chiare su questo punto, con il rischio di dilapidare ottime opportunità professionali. Partiamo già da una base limitata di studenti a disposizione: la dispersione aggrava ulteriormente la carestia. Per gli esperti la questione è diversa. In questo caso torniamo a quanto dicevamo prima: pochi candidati con vasta scelta. Chi fa selezione si trova giocoforza in un contesto di forte mediazione. Infine, la questione principale: l’assenza di un numero congruo di figure professionali in grado di soddisfare le esigenze delle aziende. Ormai, è evidente, non si può prescindere dalla formazione interna negli stabilimenti produttivi, con specifici programmi di sviluppo e di crescita. Oppure, in alternativa, con il supporto di società specializzate si può sempre provare a reinventare e cambiare i percorsi professionali dei dipendenti.”

Specifici e stimolanti programmi di rotazione. Un po’ di creatività, idee chiare in un’organizzazione flessibile e un serio investimento in termini di risorse nel lungo periodo. La ricetta è servita.

 

 

 

Photo credits: ns-newelding.com

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