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Il più recente rapporto sull’Italia dell’Organizzazione parigina contiene diversi suggerimenti in materia di riforma fiscale, tra cui l’ammorbidimento della linea sui sussidi e la revisione delle norme sulla concorrenza. La Lega: “Giù le mani”. E l’FMI si pronuncia sulla riduzione del debito
Deve essere la parola “inclusività” ad aver spaventato e scandalizzato i grilli parlanti di Matteo Salvini. O forse è stato quel consiglio dal sapore sinistroide, “un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più ricche”, accompagnato magari da una “limitazione della tassazione forfettaria” (cioè la flat tax), a far andare su tutte le furie l’establishment della Lega. E dire che queste citazioni non le abbiamo prese da un documento programmatico del PD o del Movimento 5 Stelle, ma da un lungo ed elaborato rapporto sull’Italia dell’OCSE, presa di mira dal centrodestra con irrisioni e rifiuti secchi delle proposte ivi contenute.
D’altronde è ormai noto in tutto il mondo che quando si parla di inclusività e di redistribuzione del reddito a favore dei ceti più poveri c’è la reazione scomposta dei leader della destra, da Orban al duo Meloni-Salvini, dalla Le Pen fino a Trump. Da noi la drastica riduzione del Reddito di Cittadinanza e l’opposizione netta di Giorgia Meloni al salario minimo sono l’esempio plastico di questa politica.
In realtà l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel rapporto economico dedicato all’Italia, si limita a proporre una politica blandamente riformista.
Come si legge nel rapporto OCSE, a politiche invariate, “l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza di lungo termine, nonché l’incremento della spesa per gli interessi, potrebbero portare il debito pubblico a circa il 180% del PIL entro il 2040”. Per arrestare questo tsunami che rischia di travolgerci l’organizzazione con sede a Parigi indica dei correttivi, anche tenendo conto delle incertezze sulla crescita – prevista allo 0,7% nel 2024 – che invece l’Italia deve rafforzare.
L’OCSE raccomanda di riformare il sistema previdenziale, anche introducendo un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più ricche; di limitare le forme di tassazione forfettaria (come, appunto, la flat tax). In sostanza l’Organizzazione parigina propone di “spostare il peso delle tasse dal lavoro al patrimonio”, che è il minimo che dovrebbe fare una politica riformista in una situazione in cui la competitività delle aziende italiane è legata a doppio filo a salari vergognosi, se confrontati con quelli di altri Paesi.
È il capitolo su crescita e inclusività quello incriminato, tanto da far dire a un esponente della Lega che l’OCSE deve tenere “giù le mani dalle case degli italiani e dai loro patrimoni”. In realtà, invece, nel rapporto vengono elencate tutte le anomalie del nostro mercato del lavoro.
“L’economia italiana deve affrontare sfide legate alla bassa crescita della produttività, alla scarsa partecipazione al mercato del lavoro, in particolare delle donne, e alla povertà relativamente elevata. La partecipazione dei giovani e delle donne al mercato del lavoro è tra le più basse della zona dell’OCSE”.
È interessante notare che gli economisti dell’OCSE danno un suggerimento anche in merito al passaggio dal Reddito di Cittadinanza all’assegno di inclusione, proponendo di mettere una pezza al drastico ridimensionamento deciso dal Governo. Scrivono infatti che “gli incentivi al lavoro per i beneficiari delle prestazioni previsti nell’ambito del nuovo regime potrebbero essere migliorati rendendo più graduale la revoca del sussidio in caso di assunzione”. L’ampliamento della copertura dell’assegno di inclusione alle persone con prospettive molto deboli sul mercato del lavoro garantirebbe che i limitati fondi disponibili per la formazione siano mirati alle persone impiegabili, garantendo allo stesso tempo che i più vulnerabili rimangano coperti dalla rete di sicurezza sociale.
L’OCSE si pronuncia anche sul tema della concorrenza, e in modo implicito sulle corporazioni che soprattutto in Italia sono state e sono un vincolo allo sviluppo della produzione. Dietro il linguaggio tecnico si disvelano i fantasmi italiani che non fanno dormire sonni tranquilli alla signora Santanché in merito alle concessioni balneari e agli ordini professionali (avvocati, farmacisti etc.): “Occorre eliminare le restanti barriere normative alla concorrenza in particolare nel settore dei servizi professionali (…). La riforma della concorrenza nel 2022 dovrebbe essere pienamente attuata per gli appalti pubblici alla loro scadenza”.
Una serie di osservazioni circostanziate, insomma, alla quale si è accodata negli ultimi giorni la bacchettata di Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che ha suggerito all’Italia di “attuare piani prudenti” per ridurre il debito sfruttando la “incredibile opportunità del PNRR”, pari all’8% del PIL. Se i consigli verranno accolti o meno, superando i mal di pancia, si vedrà.
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