Pitigliano, la piccola Gerusalemme e il sogno di guarire da soli

Chiunque è nato in Maremma conosce vita, morte e miracoli della tarantola, ragno elegiaco e erraiolo, molto meno pericoloso di quel che la fantasia popolare farebbe credere. Vincenzo Cardarelli ha unito sublime e miseria nei versi poetici che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Non poteva sapere che la terra che lo aveva cresciuto e […]

Chiunque è nato in Maremma conosce vita, morte e miracoli della tarantola, ragno elegiaco e erraiolo, molto meno pericoloso di quel che la fantasia popolare farebbe credere.

Vincenzo Cardarelli ha unito sublime e miseria nei versi poetici che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Non poteva sapere che la terra che lo aveva cresciuto e ripudiato affettivamente avrebbe costruito un esperimento che del pericolo della tarantola, e della conseguente paura/venerazione popolare, sarebbe stato traduzione moderna. Non nella base scientifica, sia chiaro, ma nell’intento di guardare al veleno per quello che è. Ieri del ragno, oggi degli indispensabili “veleni” contemporanei, i farmaci.

L’ospedale di medicina integrata a Pitigliano, la “piccola Gerusalemme”

Accade a Pitigliano, ragnatela di case abbracciate al tufo, un borgo di neppure 4 mila anime nella maremma grossetana. È la “piccola Gerusalemme”, rifugio dal 1400 delle comunità di ebrei cacciati da Stato Pontificio e Granducato di Toscana. Un’eredità di accoglienza nei tempi in cui era sconsigliato dare ospitalità ai “giudei”.

Così, oggi, nel borgo di antiche sinagoghe e pregiudizi tarantolari esiste un ospedale – esperimento unico in Europa – di Medicina integrata, attivo dal 2011. È il frutto, nella sostanza, della decisione della Regione Toscana di non chiudere un piccolo nosocomio, il Petruccioli, che non aveva più i numeri, ma di “rilanciarlo” unendo in una struttura pubblica cure convenzionali e terapie complementari. Ovvero omeopatia e agopuntura.

Cure complementari per tutti: basta il ticket sanitario

Pubblico vuol dire che si può avere accesso alle cure di medici omeopati e agopuntori dietro pagamento di un ticket sanitario. In prospettiva un esperimento vivente per verificare l’integrazione tra quella che i medici integrati chiamano “medicina ortodossa”, la convenzionale, e quella eterodossa, la complementare. Destinatari i cronici, ovvero, banalizzando, chi è in riabilitazione dopo un ictus, chi combatte contro un tumore in stadio avanzato, gli adolescenti alle prese con allergie “presumibilmente perenni”. Poi c’è la parte di prevenzione: “Non si può prescindere”. Parola di Gianni Gliozzi, medico del 118 e collaboratore del centro.

I numeri parlano di oltre 30.000 visite ambulatoriali e circa 1500 pazienti in 7 anni, per un bacino di 17 mila persone residenti nei quattro comuni confinanti. Numeri bassi per la medicina convenzionale che diventano risultati eccezionali per quella integrata. E intanto Pitigliano si candida a “modello da esportare” nelle immediate vicinanze, se al centro riabilitativo di Manciano e all’ospedale di Grosseto si muovono passi di integrazione tra le tre strutture, e più in generale tra approcci alla medicina.

“La medicina integrata non salva la vita, la migliora”

Simonetta Bernardini, presidente della Società italiana di omeopatia e medicina integrata (Siomi), è responsabile del centro di Pitigliano: “Tutto è medicina; ogni atto volto a recuperare salute appartiene alla medicina”. Pertanto di questa parola, “medicina”, non può impossessarsi soltanto la medicina “moderna” o “occidentale”. Il presupposto di base è “la possibilità di intercettare il potenziale di autoguarigione dell’organismo vivente.

Fatte le premesse, occorre chiarezza: “Se arriva una persona con un’appendicite va diretta in sala operatoria”. E dunque: “La diagnosi è comune tra medicina ortodossa e medicina integrata, siamo innanzitutto medici”. Poi, se c’è pericolo di vita è affare della medicina convenzionale. Se invece non c’è urgenza si sottopone il paziente a una seconda visita, valutando se sia possibile intervenire con cure complementari. Quindi: “La medicina ortodossa salva la vita, quella integrata la migliora, perché riduce la terapia farmacologica e quindi la spesa sanitaria”. La chiosa: “La nostra idea è quella di non dividere il paziente tra tanti specialisti, ma di curare la persona con più approcci se uno da solo non basta. Un sogno realizzato, spero che sia un’esperienza ripetibile”.

L’oncologia complementare: l’affaire curcumina

“Il problema di Pitigliano è solo uno, la strada per arrivarci”, sorride l’oncologo Massimo Bonucci, presidente di Artoi (Associazione per la ricerca di terapie oncologiche integrate) e parla anche lui di “fratelli o figli” dell’ospedale maremmano a partire dal reparto di Senologia del Policlinico Gemelli di Roma, dove, accanto alle più tradizionali chemioterapia e chirurgia, vengono offerte agopuntura, fitoterapia e riflessologia plantare. A livello internazionale il riferimento è lo Sloan Kettering di New York, autorità nelle terapie mondiali anti cancro, con il suo centro di medicina integrata.

Proprio l’oncologia è sfida principe delle cure complementari. È il caso della discussa curcumina, estratta dalla curcuma: Bonucci cita lo studio dell’Università di Kyoto, pubblicato sul World Journal of Gastroenterology, che evidenzia come questa sostanza si possa candidare a essere, e già lo è, “integratore nelle cure anti tumorali, da sola o con altre sostanze”. I principali limiti riguardano il dosaggio, seppure nuove formulazioni ne permetterebbero un miglior assorbimento senza gli effetti collaterali – la tossicità. Si vuole cioè evitare quello che succede con i farmaci, dove la guarigione passa per un’intossicazione accettabile del corpo. Per avere studi clinici approfonditi e validati, però, “attendere prego”.

Il presidente di Artoi tira in ballo Big Pharma: “Il problema fondamentale è che gran parte delle attuali ricerche hanno numeri bassi, ci sono pochi casi. Numeri alti hanno bisogno di sponsor, ovvero le aziende farmaceutiche, le quali, evidentemente non hanno nessun interesse a sostenere una ricerca per un principio attivo basato su una pianta che di fatto non è brevettabile”. O meglio, nessuno si muove per primo, perché un minuto dopo il concorrente ne copia la formulazione e la commercializza a costo zero. Così ci vuole l’intervento del pubblico: “In Italia timidi segnali all’Istituto superiore di sanità, in Cina investimenti più corposi”. Bonucci chiude con uno slogan che è sintesi delle cure oncologiche complementari: “Niente di sostitutivo (a chemioterapia, radioterapia, chirurgia, N.d.R.), ma con”.

Il farmacologo Garattini: “E allora diamo spazio a maghi e guaritori”

Chi non tifa per il modello Pitigliano, invece, è il farmacologo Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, che ebbe a dire: “Il Servizio sanitario nazionale non può assecondare la libertà di cura dei pazienti, altrimenti perché non dare spazio in ospedale anche a maghi e guaritori, nei quali una parte del pubblico ripone grande fiducia?”

La risposta della Bernardini: “Si chieda piuttosto Garattini come mai tanta gente si affida alla medicina complementare. Se quella convenzionale bastasse, nessun malato andrebbe in cerca d’altro”. Lo stesso Garattini, successivamente, ha ammesso il problema: “Metà dei farmaci in commercio oggi sono del tutto inutili”.

La sintesi: “L’effetto placebo evita l’abuso di farmaci”

Nel merito delle ricerche, omeopatia e agopuntura, oggi, poggiano su basi non ritenute valide dalla comunità scientifica internazionale, o meglio non ampiamente riconosciute: “Se solo si ammettessero i limiti e le assurdità di alcune pratiche dette ‘alternative’ – scrive Salvo Di Grazia, medico in prima linea nella divulgazione scientifica – saremmo tutti d’accordo con il fatto che l’effetto placebo in certe condizioni è benefico ed evita l’abuso di farmaci”.

Così tutto torna al potenziale di autoguarigione, per un tentativo lessicale di sintesi tra le parti, nelle parole di Simonetta Bernardini: “Il placebo è lo scopo, innato, di recuperare la propria salute”. È il fine ultimo di Vincenzo Cardarelli: “La vita io l’ho castigata vivendola”.

 

In foto la “Torciata di San Giuseppe” di Pitigliano. Segna il cambio dei cicli di vita: la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera.

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