Il Primo maggio è anche la giornata del Concertone di Piazza S. Giovanni. Organizzato dai sindacati, la Festa del Lavoro in Musica serve a ricordare l’articolo 1 della Costituzione e le lotte (vere o presunte) delle organizzazioni dei lavoratori contro gli infortuni sul lavoro, le precarietà, i diritti e i doveri di tutti gli attori coinvolti. Ma è anche un modo per avvicinare le nuove generazioni ad argomenti che purtroppo non si insegnano nelle scuole e non si raccontano nelle serie televisive.
Il Concertone di domani ha fra i suoi sponsor almeno tre presenze che dovrebbero far sentire in forte imbarazzo i sindacati e che rappresentano l’ennesima contraddizione di questo Primo maggio.
Una banca che di recente ha allontanato unilateralmente dalla contrattazione il suo sindacato di riferimento, imbavagliando di fatto la rappresentanza dei suoi lavoratori.
Un’azienda di Stato che – rebranding a parte e alla faccia di qualsiasi transizione ecologica – continua a investire su combustibili fossili e a trivellare ovunque come se non ci fosse un domani. Coinvolta in scandali legati a faccende di tangenti, per cui l’azienda ha patteggiato milioni di euro. Non ultimo, azzarderei anche ad accennare a quanto questo genere di aziende, abbiano un ruolo nella speculazione sui prezzi delle energie, che hanno contribuito alla chiusura di migliaia di attività nell’anno in cui ci sarebbe dovuta essere una ripresa economica dopo due anni di crisi pandemica.
Controversa (e forse non opportuna) la presenza di Just Eat, azienda di food delivery, settore che non brilla di certo per l’aderenza ai valori di trasparenza, sicurezza sul lavoro e trattamento retributivo. A Just Eat, per dovere di cronaca, si deve riconoscere di essere uscita da Assodelivery per “divergenza di vedute”(l’associazione di categoria di riferimento, ma non prima di avere sottoscritto un contratto collettivo vergognoso con i vecchi partner Deliveroo e Glovo). Gli si riconosce di sicuro anche il tentativo – ancora un po’ goffo e insufficiente – di stabilizzare una parte dei propri collaboratori, sebbene attraverso il contratto Scoober che è ancora oggi fonte di discussione.
Chiedo a Federico Fornasari, sindacalista molto attivo sul fronte della tutela dei riders, in occasione di un incontro sindacale nazionale: “Il contratto Scoober è un contratto di secondo livello, solo per i lavoratori di Just Eat, in cui la paga oraria è inferiore a quella del contratto della logistica, dove i festivi sono forfettizzati – 1 euro contro il 30% della paga base previsto dal contratto della logistica – e i contratti sono ridotti a un massimo di 20 ore settimanali, non permettendo di certo ai riders di Just Eat di mantenersi con il solo ingaggio”, costringendo chi ha bisogno di guadagnare di più, a lavorare anche per gli altri operatori meno sostenibili, di fatto ricadendo sotto le grinfie del “sistema food delivery” più tipico.
Non si entra nel Tempio se non ci si è pentiti e mondati dei peccati, e in questo Primo maggio mi sembra che ci abbiano messo piede tutti i peccatori possibili. Con la benedizione dei Profeti.
Aggiornamento: per correttezza di informazione, riporto la replica di Alessandro Caprara che da Linkedin che ribatte: “L’attivazione ha riguardato la stragrande maggioranza dei nuovi rider (che sono stati assunti e hanno iniziato a percepire una retribuzione oraria, ferie, malattia etc). Dipendenti con maggiore anzianità lavorativa hanno avuto la possibilità di scegliere, per un limitato periodo di tempo, di mantere il rapporto di lavoro autonomo. Federico (se è lo stesso che conosco io, di USB) si sbaglia: la paga oraria è 7,5 € + € 1 di indennità sostitutiva di 13esima e 14esima per i primi due anni. Dal terzo anno del rapporto di lavoro scatta il trattamento regolare del CCNL. Inoltre le fasce orarie iniziali di lavoro erano di 10, 20 e 30 ore. Poi ci sono altri bonus.”