Il padre di tutte le creature fu di sicuro Alessandro Proto, con cui vanto un trascorso personale fin dai primi anni Duemila, quando il Sole 24 Ore pubblicò un’intervista in cui dichiarava di far pagare 100 euro a ogni candidato per essere ammesso ai colloqui di selezione, in modo da filtrare “le perdite di tempo”.
Questo genere di boutade era nel suo stile, ma non c’era nulla di vero: non una società, non un ufficio, nessuno dei collaboratori e delle collaboratrici di cui amava tanto parlare. Fu solo grazie a una serratissima attività in collaborazione con LinkedIn Italia che riuscimmo a fargli chiudere l’account dal quale trasmetteva messaggi fuorvianti e macchinare veri e propri imbrogli. Furono poi Le Iene a incastrarlo e ad aprirgli le porte della prigione di Brescia, nel 2019, per una truffa perpetrata nei confronti di un’anziana signora malata di tumore. Nel 2021 il PM ha aggiunto ancora sette anni di carcere per altri avvenimenti di cui il nostro si vantava in un fortunatissimo libro tenuto a battesimo da Gianluca Nicoletti o Alessandro Milan (non ricordo e la puntata è sparita) dai microfoni di Radio 24.
Nel frattempo sono tanti i nomi che si avvicendano nei post e nelle sponsorizzate che trattano di “successi sicuri”, di cui ognuno, sulla base delle sue conoscenze, competenze ed esperienze, può farsi un’idea senza farmi sempre esporre in prima Persona.
Per una volta, metteteci del vostro!
Avevano appena finito di disinfettarsi le scottature da carboni ardenti fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, quando i manager hanno deciso di bruciarsi con la PNL che arrivava dall’America (Programmazione NeuroLinguistica, un modo importante per definire quelli che erano veri e propri lavaggi del cervello).
Portatori sani di PNL furono Roberto Re e la sua scuola “ispirata” ad Anthony Robbins, inquinando letteralmente il mondo del business con slogan motivazionali (“Se vuoi, puoi!”; “Be Your Best!”) e veri e propri format (“Leader di te stesso”, che con la crisi dei leader e la moda del coaching ecco prontamente aggiornato in “Coach di te stesso”). Entrando poi di prepotenza nelle aziende nel momento storico a cavallo fra grandi picchi economici e le prime crisi finanziarie, con eventi motivazionali di grande impatto emotivo più un’infinita serie di libri dai titoli emblematici (Smettila di incasinarti la vita, Cosa vuoi davvero?, Energy!. Tutti bestseller assoluti), che rappresentano ancora oggi un “modello di formazione alternativa“, ma anche l’inizio di una cultura della performance discutibile e poco credibile (oltre che poco etica).
Un genere che evolve con i formatori- imprenditori: Frank Merenda (autore del Metodo Merenda e di Venditore Vincente) e Alfio Bardolla. Una letteratura sconfinata (Ricchi prima delle 8, Milionario in 2 anni e 7 mesi, Il denaro logora chi non ce l’ha) a supporto di veri e propri metodi che non si accontentano più di generare “academy” di formazione, ma che evolvono in consulenze e incursioni aziendali soprattutto in contesti a un passo dal fallimento, con clienti disposti ad affidarsi all’ultima disperata scialuppa di salvataggio. Senza verificare se il fondo di quella scialuppa fosse solido a sufficienza per salvare chicchessia ed evitare di portare i libri in tribunale.
Con l’avvento dei social come principale canale di comunicazione, si forma la terza generazione: quella degli influencer. Porta i nomi di Mik Cosentino (special guest in uno speciale di Fufflix di Germano Milite ), Mirko Scarcella (sgamato da Le Iene per aver truffato personaggi del calibro di Gianluca Vacchi, “influencer” a sua volta), Big Luca (giovanissimo, già molto discusso e “inseguito”, più che seguito), Davide Caiazzo, che si autodefinisce il profilo LinkedIn più seguito in Italia e oggi autoreferenzia anche la sua academy come la più importante realtà italiana per risultati su LinkedIn.
Autore di autodefiniti bestseller sul personal branding, ritiene che il suo più grande successo sia stato “essere diventato l’uomo che è”. Alla faccia dell’autostima.
Tuttavia nessuno può sindacare su dati, numeri, referenze, testimonianze così impercettibili, per non dire costruite, che sono proprio al centro della contestazione dell’Antitrust che imputa a questi personaggi una comunicazione ingannevole, dati gonfiati ad arte, follower acquistati.