Beatrice Venezi non piace agli orchestrali perché poco competente, non perché “fascistella”

Il caso della direttrice d’orchestra contestata dalla Sinfonica siciliana potrebbe fare scuola se lo analizziamo dal punto di vista più onesto: non si tratta di politica, ma di capacità. Ce lo spiega in esclusiva uno degli orchestrali  

28.01.2024
Beatrice Venezi dirige l'orchestra sinfonica di Palermo

Gliene dicono tante alla Venezi.

Sentirsi vittime però va sempre di moda, è la volta della destra ma è sempre la volta degli alibi. Per chi vive e lavora nel giro delle orchestre sinfoniche italiane, è risaputo che quella siciliana non le mandi a dire quando il direttore non è gradito.

È il caso in questione, quello che riguarda Beatrice Venezi, nota direttrice toscana che ultimamente spopola sui media. L’altro ieri persino Mediaset è andata con una troupe ad annusare che aria tirasse al Politeama di Palermo: in cartellone c’era il concerto diretto da Carlo Boccadoro per la Giornata della Memoria e l’orchestra, compatta, lo ha applaudito e sostenuto. Non come accaduto a lei la scorsa settimana.

Il senso della contestazione da parte di alcuni orchestrali siciliani non è ideologico, tutt’altro, così tagliamo subito la testa al toro di una polemica che si vuole far passare per politica. “La mia colpa? Non dirigo a sinistra”, aveva dichiarato la direttrice pochi giorni fa sul Foglio, appena scoppiato il caso. La questione andrebbe letta come un vero e proprio processo al lavoro, perché di questo si parla, la politica arriva dopo con tutta la sua noiosa scia di vittimismi e conflitti.

Il caso Venezi traccia un fattore chiaro: lavoratori invisibilima esperti, preparati, capaci di riconoscere qualità o artificio – che contestano dal basso chi sta sopra e si prende i meriti. Ho diversi amici musicisti, orchestrali, gente con cui parlo con piacere della loro musica che a noi arriva solo in superficie; musica che è spesso come il tappeto sotto cui finisce ciò che non possono dire o raccontare, perché ormai ogni mestiere è sotto attacco o sotto ricatto, se te lo vuoi tenere stretto come il violino sotto il mento. Comandano le fondazioni, i presidenti, i direttori, le scacchiere e gli interessi personali. Anche nella musica, i competenti comandano di rado.

Beatrice Venezi contestata a Palermo: parla un orchestrale

Proprio qualche giorno fa, parlando con un direttore che sta da sempre in mezzo alle orchestre, a un certo punto se ne esce così, facendomi riflettere: “Ma hai visto lo sketch contestato a Virginia Raffaele in cui fa la parodia della Venezi? Ancor prima che scoppiassero le polemiche dalla Sicilia, io l’avevo guardata in diretta quella prima puntata sulla Rai. Subito, d’istinto, facendo da tempo il suo stesso lavoro, ho pensato: accidenti, anche noi direttori siamo diventati un brand se arriviamo in prima serata”.

Allora mi sono messa a cercare una fonte interna al Politeama che fosse disposta a raccontarmi cosa ci fosse realmente dietro questo caso. Che non è sterile caso politico: è peggio. È il qualcos’altro che nessuno dice.

Per proteggerla la lascio anonima, ma mi faccio dire per filo e per segno, fin dall’inizio, dove parte la collaborazione della Venezi in Sicilia. Un’intervista durata quasi mezz’ora, alla fine sciolti tutti i dubbi. “Chiedo subito di non far comparire il mio nome perché ho già visto cosa è successo in questi giorni tra colleghi. Ci tengo però a dare un contributo per tutelare anche la nostra figura professionale, che è frutto di grandi sacrifici, grandissimi. Noi che lavoriamo nel settore sappiamo bene che gli orchestrali siciliani tendono a dimostrare sempre ciò che sentono e pensano del direttore”.

Stima è una parola quasi in disuso, senza mercato, ma la questione gira tutta intorno a lei.

“La stima verso un direttore non è mai qualcosa di soggettivo e personale, per noi si basa su fondamenti artistici, e vale nel bene e nel male. Per chi suona come me nelle sinfoniche, le variabili sui direttori sono molteplici e solitamente teniamo per noi tutte le valutazioni critiche, non le facciamo uscire allo scoperto per tanti motivi, soprattutto perché vanno contestualizzate e, talvolta, anche comprese fino in fondo. Spesso ci capita un direttore giovane a cui si perdona l’inesperienza se compensa con altro, oltre al fatto che sempre più spesso le orchestre scelgono ormai direttori ‘minori’ sulla carta per ragioni di bilancio. Invece qui siamo esattamente davanti a una Beatrice Venezi, che certo pesa sul piano economico per un’orchestra come la nostra, ma che di sicuro è stata scelta proprio sfruttando la chiara posizione politica, provando a far salire mediaticamente il cartellone siciliano su scala nazionale”. Peccato che dietro il nome risonante non ci fosse il valore atteso.

Una frangia della sinfonica del Politeama si è staccata e mossa da sola, creando un danno di immagine non banale, oltre che possibili ripercussioni sui musicisti stessi. “Io per fortuna non ho problemi di stabilizzazione contrattuale, ma molti miei colleghi dentro l’orchestra sì. Per questo credo che chi ha sollevato il caso – un gruppo comunque strutturato, non precario – avrebbe dovuto riflettere su possibili disagi che sarebbero arrivati a cascata su tutti, in particolare su quelli in sospeso”. Parecchio onesta questa nota di disappunto che odora di comunità, altra parola desueta.

"Contestata perché incompetente". E adesso alcuni musicisti rischiano

Resta però aperta la ferita iniziale: Beatrice Venezi non piace perché inesperta e incompetente, tanta immagine pubblica e poca sostanza tecnica.

“Diciamo una cosa; negli ultimi anni molte orchestre si sono livellate verso il basso, non girano più grandi direttori e quelli che lavorano a livelli alti lo fanno perché spendono i contatti politici giusti. Della Venezi noi musicisti sappiamo bene che non è certo un fenomeno musicale, sicuramente è un fenomeno mediatico, di immagine, per quanto l’esecuzione ci sia sembrata comunque dignitosa; ma magari per i colleghi che hanno contestato è stata la goccia finale. È anche vero, e va detto, che grazie a lei il teatro è stato riempito in ogni posto per due serate consecutive e non sarebbe stato così, in altre situazioni.”

Il pubblico, tranne gli appassionati e i frequentatori assidui dei concerti, non ha conoscenze tecniche così raffinate da cogliere fino in fondo le competenze di un direttore. Il pubblico ascolta, nella maggior parte dei casi si emoziona, la musica gli basta per andare via con la mente un paio d’ore e poi tornarsene più leggero a casa.

Rincara la dose: “Così come, grazie alla Venezi, sono esplosi gli abbonamenti nella stagione diretta da lei qui al Politeama. Però è ovvio che noi musicisti, tecnicamente preparati, abbiamo tutti i diritti di esprimere tra di noi un parere su un direttore, sulla sua tecnica di direzione, sul suo senso della musicalità, su come vive e gestisce le prove con noi”.

Mi continua a spiegare – puntuale, meticoloso, chirurgico – cosa vogliano dire le tre parole un bravo direttore. Io potrei tradurre usandone solo due: competenza, scambio. Entra nel dettaglio di come lavori la Venezi con loro, e forse come prassi: “Si limita a eseguire i brani più e più volte, ripete i passaggi che non sembrano perfetti e puliti ma senza dare grosse indicazioni, lasciando l’orchestra da sola a risolversi i problemi. Lei ha sempre continuato a lavorare solo così ed è toccato a noi, piano piano, senza dire mai nulla, raddrizzare il tiro delle esecuzioni facendo leva su un nostro senso di cooperazione interna, basilare in tutti i lavori, ma nel nostro anche di più. Il fatto denunciato dal collega di Palermo è verissimo, c’ero anch’io, ci sono stato anch’io alle prove; quello che però vorrei dire è che tra musicisti d’orchestra è prassi comune il meccanismo solidale per cui solo con gli sguardi spesso riusciamo a evitare i disastri dei direttori. Forse, con lei, il nostro errore è stato abituarci troppo a farlo anche durante le prove, a renderlo abitudine, appunto fino a farlo anche davanti al pubblico quasi senza accorgercene”.

La sua posizione è netta e sgombera il campo dal ciarpame dei social e dei media che, per complicità o per mediocrità intellettuale, cercano la scorciatoia dell’essere di destra: “Beatrice Venezi solitamente non piace agli orchestrali italiani perché non è preparata come dovrebbe e non ci fa crescere, cosa che dovrebbe essere l’obiettivo di una qualsiasi figura chiamata a guidare un gruppo”.

Lui e la maggior parte dei colleghi siciliani avrebbero preferito che si tollerasse la parziale incompetenza della direttrice e che si tacesse, che non uscisse fuori in tutta la sua cruda realtà. “Con lepisodio legato della Venezi, sul piano delle relazioni interne ci si è proprio spezzata l’orchestra. Se fossero stati precari anche i musicisti che hanno denunciato lo stile Venezi, forse sarebbero stati più tolleranti anche verso la sua incompetenza. È una situazione delicata, credo si capisca”.

Gli ribatto che è proprio grazie alla ribellione di lavoratori invisibili – quelli che scompaiono dietro i “capi” pigliatutto, dietro chi si prende gli onori alle loro spalle e che si traducono in guadagni d’immagine e portafoglio – che le circostanze prendono altri colori e la cultura del lavoro trova una via di fuga per provare a crescere.

Non dite che si tratta di politica: è questione di qualità (e cultura del lavoro)

Raccontando i fatti si liberano verità.

La sinfonica siciliana sta provando a dirci che c’è in corso una lotta sulla qualità del lavoro in campo artistico dietro la sfiducia alla direttrice, la quale continua a ripetere di voler essere chiamata direttore, e che continua a rilasciare interviste mettendo le mani avanti su quando da ragazza, a scuola, subiva discriminazione per l’affiliazione del padre a Forza Nuova, e che neanche adesso è amata perché il ministro della Cultura Sangiuliano l’ha nominata consulente per la musica. Spero capisca che le stanno contestando tutt’altro.

Chi vuole vederci chiaro, può farlo.

Chi vuole smettere di banalizzare su destre e sinistre da tempo defunte, può farlo. Certo poi che la sinistra ipocrita sale a bordo del caso per traghettarlo politicamente, dopo che per decenni ha fatto male lei per prima alla cultura italiana, mettendo avanti spocchia e arroganza che di culturale hanno ben poco. Su questo la Venezi mi trova dalla sua parte.

Ne approfitto per farmi spiegare con quale contratti lavorino, se ci sia regolarità nei pagamenti, se sotto la buca dei teatri in cui li intravediamo suonare sparisca anche altro. Non gli chiedo quanto guadagna, ma se parliamo di retribuzioni in linea. Nemmeno mi fa finire di parlare che già mi rincuora, aggiungendo che la sua è una delle condizioni più fortunate. E mi ripete ancora una volta che avrebbe preferito nessuno attaccasse frontalmente la Venezi per il ruolo che copre al momento. È chiaro che la rottura dentro la loro sinfonica è più grave di quanto vediamo da fuori.

Che la musica vinca, ma anche la qualità del lavoro e la voce rotta di chi non ha mai diritto di parola, anche mentre suona.

 

Photocredits: Giulia Raia_Teatro Goldoni

 

 

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