Quota carbone, addio: Assicurazioni Generali vola ma taglia i benefit

Un accordo del 1916 che premiava alcuni lavoratori di Assicurazioni Generali è a rischio nonostante la situazione aziendale rosea. I dipendenti: “Significa dover rivedere di colpo il proprio tenore di vita”.

I vecchi dipendenti della Assicurazioni Generali la chiamavano quota carbone. Era un accordo che prevedeva un extra a fine anno che doveva essere impiegato per acquistare il carbone, che quando nel 1916 venne istituito aveva un prezzo particolarmente alto. Qualcuno arriva a definirlo un atto di generosità da parte delle Assicurazioni Generali nei confronti dei dipendenti.

Oggi il carbone non si usa praticamente più, eppure sotto altra forma, per circa 600 dipendenti dei 9.000 che sono presenti in Generali, è rimasto come partecipazione agli utili. Quest’anno però la società ha deciso di toglierlo, dando il via a una trattativa sindacale – e non solo – che si concluderà del tutto alla fine dell’anno.

Il sindacato UILCA ha infatti stipulato un accordo che in parte preserva quella quota, ma l’adesione sarà a discrezione dei lavoratori. Una decina di loro della sede di Treviso ha già deciso di non aderire, anzi di passare alle vie legali intentando una causa alla società. Gli altri hanno tempo fino a fine anno per aderirvi, perdendo parte dell’introito, ma conservando un benefit che è di pochi e che non è mai stato esteso a tutti gli altri lavoratori, pur avendo un peso non da poco sulla RAL.

Il capolinea della quota carbone di Generali, da argent de poche a partecipazione agli utili

Nata come un atto di generosità dell’azienda all’inizio del secolo scorso, la quota carbone è stata più volte rinnovata. Negli ultimi decenni si è trasformata in partecipazione agli utili, diventando per chi ne beneficia oggi un diritto acquisito – anche se il management di Generali non lo considerava tale.

A dispetto del nome non aveva nulla a che fare con gli utili della società, che negli ultimi anni hanno avuto una crescita continua, ma veniva rivalutata di rinnovo in rinnovo in base all’Istat. La cifra in media si aggirava attorno ai 5.000 euro annui (variabile in base al tipo di retribuzione) che hanno consentito a molti lavoratori una serie di spese che in altro caso non sarebbero state nemmeno preventivate. La sospensione all’improvviso ha messo in difficoltà molti che magari, facendo affidamento su quei soldi, avevano contratto mutui o si erano impegnati in finanziamenti.

L’interruzione del benefit ha aperto una trattativa sindacale, conclusa con un accordo che conserva in parte questo trattamento, ma che non sarà esteso anche agli altri. E, vista l’età media di coloro che ne beneficiano, si esaurirà nel giro di qualche anno, perché andranno in pensione. Inoltre negli anni Generali ha assorbito diverse altre società, i cui lavoratori non hanno mai avuto diritto alla partecipazione agli utili.

A fine 2020 è arrivata così la decisione di livellare i trattamenti, ma questa iniziativa è passata dalla concertazione con la componente sindacale.

La trattativa sindacale che salva parte della quota carbone

In apertura di incontro Generali ha subito dichiarato la volontà di non voler prorogare l’accordo in scadenza, ma si è resa disponibile a trattare.

Già a partire dai primi mesi del 2021 i lavoratori che fino a quel momento avevano beneficiato della partecipazione agli utili hanno trasmesso alla società varie diffide, rivendicando il loro “diritto di partecipazione agli utili di bilancio”. La società ha ribadito che l’accordo era cessato il 31 dicembre 2020, ma allo stesso tempo ha manifestato la propria disponibilità a trovare un accordo con il sindacato e con i dipendenti. Il 12 maggio le società del Gruppo Generali, su richiesta dei sindacati, hanno riconosciuto un importo calcolato in base ai criteri previsti dall’accordo, e commisurato alla presenza e al part-time dei 12 mesi del 2020, a tutto il personale che fino al 31 dicembre 2020 beneficiava della quota carbone.

Ma in futuro le cose andranno diversamente. Nel mese di maggio 2022 verrà riconosciuto il 100% di quanto spettava in base al precedente accordo, ma dal 2023 sarà corrisposto il 72% spalmato su 14 mensilità e rapportato alla presenza e al part time secondo i normali criteri di riproporzionamento della retribuzione. In futuro si arriverà al 65% della cifra che veniva corrisposta in passato.

«La trattativa – dice Emanuele Bartolucci, segretario responsabile UILCA Gruppo Generali – non poteva essere fatta erga omnes, quindi abbiamo raggiunto un accordo al quale si può aderire su base volontaria entro il 31 dicembre. Il sindacato per legge non poteva procedere per vie legali, cosa che però alcuni lavoratori possono fare a titolo personale. La fine di questo trattamento era comunque già stata fissata all’interno del precedente accordo, che era stato firmato nel 2006. Resta la piena libertà di non aderire e di scegliere altre strade, anche legali, da parte dei lavoratori».

La palla ai lavoratori: aderire all’accordo o intentare una causa?

L’accordo è stato presentato in questi giorni ai lavoratori, che hanno tempo ancora due mesi e mezzo per decidere se aderire o meno. Al momento non si registrano adesioni, anche perché è disponibile solo da pochi giorni. C’è però chi ha già deciso di rivolgersi a un avvocato: si tratta di una decina di lavoratori di Treviso, mentre altri stanno valutando se accettare o meno.

«Non ho intenzione di fare alcuna causa e accetto questa decisione», spiega uno dei dipendenti, «anche se per noi che lavoriamo da diversi anni per questa azienda comunque rappresenta una perdita. Penso che accetterò. Il fatto che in media gli stipendi siano alti non significa che si possano togliere i benefit, anche perché molti colleghi sapendo di questa possibilità hanno fatto degli investimenti, magari contratto mutui per sistemare parti di casa, o fatto acquisti che richiedono un mantenimento. Significa dover rivedere di colpo il proprio tenore di vita. Al netto del fatto che la nostra azienda non sta attraversando alcun momento di crisi, noi dipendenti con più anni di lavoro rimaniamo sorpresi, anche perché questa decisione improvvisa arriva da una società che ci ha sempre riservato un ottimo trattamento e con la quale non ci sono stati mai problemi».

La Generali negli anni ha allargato il proprio business arrivando a 9.000 lavoratori e diventando una delle principali compagnie di assicurazione in Italia. Questo ha comportato in parte una spersonalizzazione nei rapporti che ha sorpreso alcuni lavoratori, i quali non si aspettavano venisse toccato un benefit del quale hanno goduto fin dal momento dell’assunzione.

Assicurazioni Generali fa utili, ma chiude i rubinetti

I dati finanziari del bilancio 2020 hanno mostrato un calo dell’utile netto e un miglioramento del risultato operativo, che è andato oltre le migliori previsioni. La compagnia assicurativa ha terminato il 2020 con un utile netto di 1,74 miliardi di euro, in contrazione del 34,7% rispetto ai 2,67 miliardi contabilizzati l’anno precedente. Le previsioni degli analisti, pubblicate dalla stessa società sul proprio sito, indicava un risultato finale di 1,75 miliardi di euro con un intervallo compreso tra 1,62 e 1,96 miliardi di euro.

Generali ha evidenziato come la riduzione del risultato finale risente principalmente di 332 milioni di euro derivanti da un’operazione di liability management, dal contributo per il Fondo Straordinario Internazionale per il COVID-19 e dalle dismissioni, nonché di 287milioni di svalutazioni sugli investimenti, principalmente nel primo semestre del 2020.

Si tratta di dati che comunque rimandano a una situazione positiva, che ha reso agli occhi dei dipendenti ancor più sorprendente il taglio della quota. Una stretta che purtroppo sorprende di meno se si estende la prospettiva oltre Generali, al quadro di una ripresa che comincia a mietere vittime quasi in ogni settore.

Photo credits: advisoronline.it

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