La questione del contratto degli alimentaristi ha provocato una rivolta senza precedenti all’interno di Confindustria: i sindacati incassano, a rischio la presidenza di Carlo Bonomi. Ne parliamo con Ivano Gualerzi e Sara Palazzoli della CGIL.
Cosa deve insegnare la vicenda Guzzini agli imprenditori
Le dimissioni di Domenico Guzzini non devono essere il pegno sacrificale richiesto dalla rete.
La giornata del 15 dicembre non deve essere stata facile per Domenico Guzzini, neo Presidente di Confindustria Marche ed organizzatore dell’evento “made for Italy per la moda”.
Una sua dichiarazione prontamente ribattuta su twitter (presumibilmente, ci dicono i nostri “insider” sul luogo) da un giornalista di Sky presente all’evento (e anche piuttosto pratico con lo strumento da aver protetto il tweet da possibili cancellazioni) ha fatto in breve il giro del web scalando la classifica dei TrendTopic della giornata. Con conseguenze tutt’altro che irrilevanti sia per la Persona, per il ruolo e soprattutto per l’azienda che rappresenta (e per la responsabilità nei confronti dei propri dipendenti).
Dalla nostra analisi emerge che le citazioni online sono state relativamente poche, circa 6 mila, convolgendo direttamente [like + commenti + condivisioni] oltre 42 mila persone. Elevatissima però l’amplificazione mediatica, e infatti, come mostra l’infografica sottostante, tali volumi hanno generato una portata potenziale, o meglio un numero di “opportunity to be seen”, di più di 13.6 miliardi di impression, che stimiamo ragionevolmente essere pari a 684 milioni di impression effettive, al lordo delle duplicazioni.
Fonte: Data Media Hub
La Persona, l’azienda.
Domenico Guzzini è imprenditore di terza generazione. Una laurea in economia e una storia mono aziendale lo portano nel 2005 ad essere direttore marketing e Presidente di Fratelli Guzzini. Un marchio (solo uno dei tanti fiori all’occhiello di una regione di cui troppo poco si parla ma che ha nascosto per anni eccellenze come Indesit, Poltrona Frau, Elica e tante altre portate alla storia industriale dai nonni e dai padri di origine contadina per vederle poi svilire da figli laureati col macchinone nel parcheggio) che nel corso del tempo ha conseguito tantissimi premi di design compreso due Compasso d’Oro nel 1991 e nel 2004, nonché la presenza al Moma di NewYork e all’ Albert Museum di Londra.
L’imprenditore, a gennaio di quest’anno, in piena pandemia vince il titolo di Presidente di Confindustria con il discorso minestrone standard: “contaminazione, condivisione, fare sistema e inclusione, economia circolare, digitalizzazione dell’impresa, credito alle imprese, internazionalizzazione, infrastrutture e pubblica amministrazione” le parole ricorrenti e confortanti per il pubblico dei suoi elettori industriali.
Persone semplici a cui piace ascoltare sempre la stessa sinfonia che parla di un futuro da guardare il più possibile di schiena, per lasciare tutto com’è.
Ma se da una parte anche chi lo conosce bene lo tratteggia come una Persona senza particolari doti intellettuali e spesso incline a qualche discorso da bar, non si può dire che di fronte a un contraddittorio minimamente più strutturato ritorni sui suoi passi e ammetta la sua inadeguatezza su certi temi.
Non per niente, durante la pandemia Guzzini è stato fra le Persone più generose (e silenziose) nei confronti degli ospedali e nei confronti di ONG di medici e infermieri. Oltre al fatto di aver perso dei cari per colpa del Covid, il che rende la sua frase ancor più inspiegabile.
Nelle ore immediatamente successive alla brutta dichiarazione, con evidente ingenuità al netto di qualsiasi suggeritore di professione, si è reso conto della gravità della dichiarazione. E se ne è scusato.
Non c’è giustificazione, ma almeno gli va dato atto di aver evitato il patetico teatrino dei “fraintendimenti” o dell’”estrapolazione di frasi dal contesto” con cui spesso si sono difesi imprenditori o politici. A dimostrazione di un “background” molto terrestre e poco incline agli arzigogoli da comunicatori.
La rete, che non cambia mai.
Chi da questa storia ne esce altrettanto male, come sempre è la rete. La violenza con cui ci si schiera contro (o a favore) del politico di turno fa rabbrividire. Madri di famiglia, studenti modello, consulenti in cerca di visibilità si trasformano in bestie affamate di sangue. E qui non si capisce più quale sia il labile confine fra accusato e accusatori.
Purtroppo, ci siamo dovuti sorbire anche la paternale del virologo Galli, che come ormai è noto, ha un’opinione praticamente su tutto che ogni sera dispensa su vari canali, dove sembra aver trasferito il suo ambulatorio.
I franchi tiratori: Confindustria
La posizione di Confindustria è a mio avviso ancora più disonesta. Abituati a difendere anche il peggiore dei propri rappresentanti, alcuni dei quali con pesantissimi problemi di legalità (vedi alla voce Marcegaglia, solo per fare un esempio) o di legittimità (come il neo presidente Bonomi, imprenditore senza impresa alcuna), Confindustria non si è minimamente posta il problema di ergersi a paladino dell’etica e della responsabilità sociale.
Per fortuna non tutti in Italia hanno la memoria del pesce rosso e qualcuno si è ricordato quanto ben indagato da Report nei mesi caldi del lockdown.
Molto sospetti – e sarebbe opportuno indagare – gli account twitter con 1-2 follower di rappresentanza, particolarmente attivi nella giornata di ieri.
Il boicottaggio
E infine, la richiesta di boicottaggio. Fratelli Guzzini, come tantissime aziende del nostro Paese sta soffrendo la crisi dovuta alla pandemia. Grazie ad alcune fortunate iniziative di co-marketing con la GDO, l’impresa è riuscita a tenere testa al difficile momento.
Il tema di alcuni tweet di queste ore riguarda il boicottaggio nei confronti dell’azienda, che in quanto tale, è composta da dipendenti e dalle loro famiglie (150 per la precisione) che con le dichiarazioni del loro imprenditore credo che poco abbiano a che spartire.
Credo sia il caso di immedesimarsi e immaginarci quante cazzate dice il nostro Capo nell’arco di una settimana e cosa succederebbe se quelle frasi arrivassero alla stampa e qualcuno ne chiedesse riscontro.
La dura legge del Web (e della scarsa cultura d’impresa)
Alla fine, questa è l’ennesima pessima storia di comunicazione che farà scuola nelle lezioni dei socialmediacosi che almeno dai tempi di Dolce e Gabbana (e prima ancora Barilla), attendevano qualcosa di succoso con cui riempire le slide. A proposito, ve ne regalo una. La pagina Facebook di Confindustria Macerata da due giorni si presenta così:
Per non parlare del servizio di checkup che Confindustria Macerata propone ai suoi iscritti per la valutazione del processo di comunicazione aziendale!
Le risorse impiegate nel processo di comunicazione aziendale rappresentano un investimento sicuro, tangibile e permette un ritorno in termini di stabilità, affidabilità e notorietà.
Questo check up aiuta ad analizzare gli aspetti negativi e positivi che determinano il proprio processo di comunicazione aziendale, valutandone l’adeguatezza con lo scopo di aiutare le aziende a definire piani di miglioramento in modo pratico ed attento all’utilizzo delle risorse disponibili.
Ma ancor di più è la sconfitta dei self-made-man, degli imprenditori (soprattutto di aziende familiari) e di una cultura imprenditoriale che si confronta poco con l’esterno, che si ritiene impermeabile alla formazione e agli aggiornamenti, autoreferenziale al punto tale da ritenersi essa stessa l’unica fonte di informazioni valide ed utili alla concimazione del “si è sempre fatto così”.
Oggi, Domenico Guzzini si è dimesso. Questo tuttavia non ci assolve dal dovere di mantenerci umani, sia quando parliamo, sia quando ascoltiamo.
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