Il governo Meloni interviene sul lavoro con un decreto che taglia i sussidi e favorisce la “flessibilità”, strizzando l’occhio ai datori di lavoro senza strategie concrete per favorire l’occupazione. E senza attenzione ai profondi cambiamenti del mercato del lavoro
Gli orfani del RdC: “Occupabili? Le nuove misure non servono a nulla”
Tante domande, ma ne vengono accolte poche: sono solo 68.000 per il Supporto per la Formazione e il Lavoro, ma sono in 28.000 a percepire l’indennità. Gli occupabili sono fermi e le politiche attive assenti: le testimonianze dal fronte della disoccupazione, sempre più spinto verso il lavoro sommerso
“Mi appoggio a qualsiasi cosa per vedere uno spiraglio ma, in verità, mi sento sempre più abbandonata.”
Rita Muriello, 46 anni di Secondigliano, è una futura occupabile. Tre figli, due dei quali minorenni, uno affetto da disturbo ossessivo compulsivo. Il maggiorenne, 22 anni, operaio a tempo determinato in una fabbrica di borse. La paga? 600 euro al mese. “Gli rinnovano il contratto ogni semestre, con la promessa di confermarlo il prossimo anno e di aumentare lo stipendio a 800 euro”. Di sei mesi in sei mesi, in barba al decreto dignità. Anche se di dignità, con questi numeri, si fatica a parlare. A Rita, con due minori sulle spalle, spetta una quota di ADI, l’Assegno di Inclusione introdotto dal governo Meloni a gennaio 2024. La cifra complessiva? 110 euro mensili. La matematica non è un’opinione, sono 710 euro per sfamare quattro bocche.
Rita, tu non provi a cercare lavoro? “Sono iscritta al centro per l’impiego da 23 anni, i corsi che ho seguito ormai non si contano più. Pensa che, ai tempi del Reddito di Cittadinanza, mi sono formata anche nel taglia e cuci, comprandomi addirittura la macchina da cucire. Niente, nessuno mi ha assunta. Così mi sono dovuta arrangiare, con lavori saltuari, trovando stabilità in un mercatino dell’usato. Però tutti mi dicevano di stare attenta, perché se mi beccavano a lavorare al nero, avrei perso Reddito ed eventuali opportunità di trovare un lavoro regolare. Quindi ho abbandonato pure il mercatino, rimanendo con il cerino in mano. Adesso ogni tanto supporto, a chiamata, qualche persona anziana, cercando di guadagnare qualche soldo”.
Rita è divorziata da sette anni. “Dovevo avere un sostegno di 600 euro dal padre dei miei figli, però lui è muratore e con il blocco del bonus 110% il datore di lavoro dice di non avere disponibilità per pagarlo con regolarità. Io invece non verso contributi da quasi 25 anni. In passato lavoravo dalle 5 del mattino alle 6 di sera per 500.000 lire, dimmi se è vita”.
I numeri irrisori dell’Assegno di Inclusione
Quella di Rita è una delle tante storie che sfumano inesorabilmente il racconto semplicistico di chi ha trovato un contenitore unico per infilarci tutti gli ormai mitologici occupabili, massa indistinta di chi preferisce il divano allo sgobbo. La realtà, vivaddio, è ben altra. Nel frattempo però è entrata in vigore la nuova misura voluta dall’attuale esecutivo, che sostituisce in via definitiva, dallo scorso primo gennaio, il tanto discusso Reddito di Cittadinanza. L’Assegno di Inclusione è destinato a nuclei famigliari con almeno un componente disabile o minorenne o in condizioni di svantaggio. Come nel caso di Rita, che però, con un figlio maggiorenne forte dei suoi 600 euro al mese (nonostante il full time), rimane con inutili briciole.
Tra i 600.000 nuclei che hanno presentato domanda, l’88% sono ex percettori di RdC. Quasi la metà arriva da due Regioni: Campania (26,7%) e Sicilia (21,8%). Per tutti gli esclusi, invece, rimane la strada della seconda misura introdotta, ovvero il Supporto per la Formazione e il Lavoro. Gli ultimi dati dicono che sono pervenute 165.000 domande, che si riducono a 68.000 circa se consideriamo quelle accolte. Ebbene, grazie a questa misura, si può accedere a una piattaforma telematica (la SIISL, Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa), che garantisce la possibilità di incrociare domanda e offerta, oltre che di iscriversi a proposte formative per migliorare le proprie competenze.
Questo passaggio intermedio tra l’oblio e la futura occupazione è coperto da un’indennità di 350 euro al mese, per dodici mesi. Quanti cittadini oggi l’hanno ricevuta? Più o meno 28.000, numero irrisorio.
Per commentare la bontà dell’iniziativa, mi affido ad un altro racconto. Quello di Luisa Ricci, 56 anni, residente in un appartamento occupato nella vela rossa di Scampia.
56 anni, disoccupata, in attesa di casa: “Sto svolgendo un corso di informatica, ma non ricevo sussidi”
“Io tre figlie minorenni le ho cresciute lavorando al nero per 150 euro al mese. Sono riuscita a far studiare le ragazze, non ho mai avuto problemi con l’assistente sociale. Oggi non pago l’affitto perché la casa è occupata, spero mi venga assegnata il prima possibile. Anche perché non posso permettermi di pagare, ho avuto un incidente alla mano sinistra che da un lato non mi dà la possibilità di fare i lavori più pesanti, dall’altro non mi permette di avere invalidità sufficiente per la legge 68. Per il Governo sono occupabile, adesso le mie figlie sono maggiorenni e a me non spetta né il Reddito né l’Assegno di Inclusione”.
Le tue figlie non riescono a supportarti? “Purtroppo anche loro sono nella mia stessa condizione. Nonostante i titoli di estetista o parrucchiera, lavorano saltuariamente e non in regola. Io ho iniziato il percorso con il Supporto per la Formazione e il Lavoro, per avere almeno l’indennità, svolgendo il corso di informatica. Al CAF però hanno sospeso la mia domanda, perché devono completare alcune verifiche sull’ISEE. Quindi non ho ricevuto l’indennità”.
E come te la cavi? “Cerco di arrangiarmi con qualche lavoretto in nero, sempre saltuario, e rimango in lista per la casa. La verità è che qui ci sono persone che prendono l’assegno, con il marito che lavora in nero, e prendono pure l’assegno unico. Io che ne ho bisogno, invece, nulla”.
Enrica Alterio, Associazione Nazionale Navigator: “Le nuove misure? Copie sbiadite del RdC”
Sconcertato da questo racconto telefono a Enrica Alterio, presidente dell’Associazione Nazionale Navigator, anche lei campana.
“Le due misure introdotte non sono che la copia sbiadita del Reddito. L’Assegno di Inclusione ha eliminato una platea enorme di persone bisognose del sussidio. A Napoli è tornata una netta percezione di indigenza. In più il Supporto per la Formazione e il Lavoro, con i suoi 350 euro al mese che arrivano col contagocce, non serve a nulla in ottica ricollocamento. La piattaforma telematica doveva risolvere tutto, invece non è così. I Navigator erano figure che mediavano queste difficoltà, ora siamo alla follia pura. Inoltre i dati non si trovano; dalla narrazione sulla stampa ai dati sull’occupazione, sembra che tutto funzioni alla grande”.
Ripenso a Lucia, alla quale tra tutte le difficoltà le è toccato in sorte un corso base di informatica. Qual è l’utilità di tutto questo? Un paradosso che ricorre anche nella storia di Laura Ricciardi, 43 anni, residente nell’agro nolano.
“Il mio Reddito è scaduto quasi a fine anno perché stavo in mano ai servizi sociali. Da novembre più nulla, me la sto vedendo dura. Siamo definiti occupabili, ma il lavoro dov’è? A Napoli ci si arrangia soltanto. Io faccio pulizie, ma come si fa a vivere con 10 o 15 euro alla volta? Ben che vada, con 8 ore al giorno, ti toccano 500 euro mensili. Qualche opportunità di questo tipo c’è, tra l’altro difficile da cogliere perché non ho la patente, non conosco l’inglese e ho la terza media.”
Il Supporto per la Formazione e il Lavoro? “Ho seguito i corsi, sono in attesa di svolgere l’esame. Ma cosa risolve? Dopo i 40 anni è impossibile trovare un’occupazione in regola. La situazione è insostenibile. Nel frattempo attendo i 350 euro di indennità, però con 227 euro di affitto e 60 euro di luce sono già quasi finiti. Dimmi tu come si fa”.
In tutta onestà non so dare una risposta. Hai mai pensato di trasferirti al Nord? “Ti dico la verità, soffro d’ansia e il Nord non mi piace. Io sono nata qui e qui voglio rimanere. Comunque ci ho provato. Ho lasciato la mia terra per 1.200 euro al mese in Emilia-Romagna. Ma se 600 vanno via d’affitto, che senso ha andarsene a forza dalla propria terra?”. E quindi? “Quindi mi arrangio con qualche lavoretto saltuario, nemmeno il turismo mi aiuta. Vogliono l’inglese, conosco a malapena l’italiano. Parlo bene il napoletano, io”.
Irregolarità, nessuna indennità, politiche attive inesistenti. E gli occupabili tornano ad “arrangiarsi”
Le percentuali di Campania e Sicilia prendono forma con i volti di queste persone. Per un’ulteriore conferma mi sposto in Sicilia, dove una vecchia conoscenza tra i Navigator sbarca il lunario con il ruolo di orientatore specialistico, in collaborazione con le agenzie private del territorio. Chiede l’anonimato ma le sue parole pesano.
“C’è molta confusione sul Supporto per la Formazione e il Lavoro. Tante irregolarità nelle domande, molti non ricevono l’indennità. In Sicilia praticamente i corsi devono ancora partire. Fino a febbraio tutto fermo.”
Addirittura. “Le politiche attive sono inesistenti, quindi qualcuno rinuncia pure e torna ad arrangiarsi (termine che ricorre spesso nei racconti, N.d.R.) con il lavoro sommerso. E poi, a dirla tutta, con i 350 euro ti paghi le spese per andare al corso. Aprissero strade concrete, sarebbe comunque una consolazione. Ma dove ti portano nel concreto?”
Tra politiche attive nulle, carenze strutturali delle Regioni del Sud, mancanza di competenze e assenza dalla partita dei centri per l’impiego, il risultato è che la fascia più penalizzata è quella dai 45 ai 59 anni. Ebbene sì: gli occupabili.
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