Recoaro Terme, nostalgia canaglia e investimenti privati

Recoaro Terme è un gioiello del passato fondato sull’acqua curativa e su quella brillante: un amarcord che vuole tornare vivo. Ecco come, nelle parole del sindaco Armando Cunegato.

Settimane cruciali. Sì, perché l’ostacolo maggiore per ottenere i finanziamenti finalizzati alla riqualificazione dei paesi è ancora una volta la burocrazia. Per questo Armando Cunegato, sindaco di Recoaro Terme e dei suoi 6.132 abitanti, parla con ansia delle settimane entranti, durante le quali lo sviluppo dei passaggi istituzionali sarà dirimente per l’ottenimento o meno del finanziamento, peraltro già riconosciuto. Intanto cerca senza sosta il sostegno di investitori privati illuminati. Cerca prospettiva.

Recoaro Terme, dunque. Provincia: Vicenza. Bomboniera veneta situata nell’alta Valle dell’Agno, sul fondo di una conca a 445 metri sul livello del mare, accoccolata ai piedi delle Piccole Dolomiti. Per tutti la custodia della fonte “Recoaro”, di cui gli ex bambini (come chi scrive) ricorderanno ancora lo slogan. Quella Recoaro salita agli onori della cronaca commerciale per la sua “acqua brillante”, l’acqua tonica che faceva tanto moda e restava chic, nonostante il nome tutto casereccio in tempi in cui gli inglesismi non dovevano neanche provarci a insidiare l’idioma locale, perché venivano immediatamente “venetizzati”.

Recoaro Terme, il sindaco Armando Cunegato: “Da settanta alberghi a quattro”

Oggi Recoaro ha una storia come tante: vitalità, successo termale e non solo. Investimenti statali a pioggia. Speculazione e zero reinvestimenti. Fino al precipizio del lento abbandono, della rassegnazione sociale. Oggi, un’amministrazione civica mista, che rinchiude in sé praticamente ogni colore politico e tre ex sindaci, rivuole la sua Recoaro. I finanziamenti europei per la rinascita dei paesi italiani sembrano un’occasione imperdibile, da catturare a tutti i costi per ripartire.

Il sindaco ricorda tutti i punti forti sui quali far leva per riportare Recoaro e suoi cittadini a quando “ancora c’era una grossa frequentazione turistica, e non c’erano solo le terme. Basti pensare alle montagne meravigliose che abbiamo nelle Dolomiti, bellissime”. Che cosa è accaduto, dunque? “Dagli anni Ottanta in poi, da un’analisi fatta dalla nostra amministrazione – prosegue Cunegato – le attività economiche non hanno saputo reinvestire le entrate sullo sviluppo del turismo e sul suo cambiamento. Questo ha portato a un lento ma inesorabile degrado”.

Altro dato non marginale: fino alla fine degli anni Novanta circa, le terme erano di proprietà dello Stato, che le gestiva con una società a livello nazionale che ne copriva eventuali “buchi”, ma soprattutto che creava tutto l’indotto. Successivamente la gestione è passata alle Regioni. Nel caso Veneto non sono stati fatti gli investimenti un tempo garantiti a livello statale, e di conseguenza neanche i risultati sono stati analoghi. Il sindaco ricorda: “Pensate che prima avevamo settanta alberghi. Oggi sono quattro. Più che in vendita, gli alberghi ora sono in regalo: una famiglia ci ha donato un albergo per evitare di pagarci l’IMU. Siamo arrivati a queste condizioni”.

Villa Tonello, Recoaro Terme

La fuga a breve distanza dei giovani e lo sfilacciamento del tessuto sociale

Una passeggiata nel borgo e appare tutto chiaro. Specie se la si fa di domenica, quando ancora il rito della messa si coniuga con quello della camminata in piazza e si vede il pubblico della gita fuori porta, e se poi la si ripete di lunedì, quando torna il deserto. Ma nelle parole del primo cittadino, la fatiscenza promette di cambiare facciata richiamandosi alle antiche glorie turistiche.

Allo sgretolarsi del panorama ha fatto seguito lo sfilacciamento del tessuto sociale locale e dell’amore verso i propri luoghi del cuore. I giovani sono diventati sempre meno disposti ad assistere all’abbandono al niente, e sempre più propensi a cogliere altre opportunità. “Non si deve pensare a un’emigrazione chissà dove – precisa il sindaco – ma semplicemente a 40-50 km da Recoaro. Da Valdagno in giù infatti abbiamo un’industria che funziona: la concia delle pelli, la metalmeccanica. E poiché lì il lavoro veniva richiesto, i giovani hanno cominciato a spostarsi, a lasciare Recoaro”.

Una migrazione giovanile che non si scontra dunque con voli all’estero e barriere linguistiche. Se questi ragazzi tornassero, cos’altro troverebbero come impiego, oltre al settore alberghiero e dell’imbottigliamento della celebre acqua?

“Nient’altro”, risponde il sindaco amareggiato. E del resto, passeggiando per il centro – pulito ma scarno – non si può non percepire quel senso di solitudine. L’odore sapido della piazza tipico dei luoghi termali, il senso di resa tra le infrastrutture in attesa. Ma anche una bellezza tutt’altro che disposta a sfiorire. Cedere alla facile omologazione sarebbe semplice, ma il sindaco punta invece su un ritorno verso quella complessità che ci contraddistingue, quella stessa che ha caratterizzato chi secoli fa ha costruito queste viuzze magre e fiere, pronte a catturare tra le case le sfumature del crepuscolo. I monumenti ricamati in ogni spigolo, facciate imponenti, viali larghi e generosi e piazzette accoglienti, per parlare meglio. Per ascoltare meglio. I vicoli che portano “all’agorà” del municipio, diventato luogo di denuncia sociale, di impegno civile a tutto tondo, perché una vita qui dentro c’è ancora, anche se non ha i colori dei suoi antichi sfarzi economici. Per ora.

E il commercio “vivo” locale? L’economia di prossimità? E la botegheta? Dove sono finiti? “Certo, ci sono ancora”, continua Cunegato. Quello che voglio far capire è che sì, qualcosa è rimasto, ma molto poco rispetto al servizio di qualche anno fa. C’è da rifornirsi nel quotidiano, ma a seguito dello spopolamento dei giovani, è chiaro che manca quel giro commerciale che c’era prima. Un tempo, inoltre, avevamo anche un turismo invernale, con piste da sci, oggi chiuse perché non c’è neve, perché mancano le risorse per la manutenzione delle infrastrutture sciistiche, compresi i cannoni sparaneve”.

“Recoaro vuole ripartire: servono privati illuminati”

Passeggiando, gli esercizi che si vedono nel piccolo centro sono quelli tipici in appoggio ai residenti, sempre più propensi però al commercio online per la spesa importante. A testimoniarlo il brulicare incessante di furgoni dei corrieri, che scorrazzano senza sosta anche per le vie impervie del paese, tutt’altro che agevoli.

“Un tempo invece – prosegue il primo cittadino – il commercio locale giovava sì agli abitanti, ma anche ai turisti, ed ecco che l’economia di queste attività funzionava. Anche d’inverno, con una delle piste da sci più belle del Veneto. Bisognava reinvestire, rilanciare, salvaguardare. Invece non ne resta che un’ovovia chiusa da quindici anni, come del resto tutto l’impianto. Questo finanziamento non sarà risolutivo, ma certamente darà una spinta importantissima per la ripartenza. Recoaro vuole ripartire. Deve ripartire. Se no diventerà un dormitorio e basta”.

Serve prima di tutto ripopolarlo, dunque. I giovani vanno “attirati”, e la prima richiesta è sempre la rete Wi-Fi. “Stiamo lavorando anche su quel fronte – spiega il sindaco – perché la fibra c’è, è buona, ma la copertura non è completa, e quindi bisognerà realizzare un sistema di ponti-radio”.

Strade e infrastrutture, dunque, non sono il cruccio più grande del sindaco, che parla con cautela in attesa della conferma definitiva del finanziamento, e precisa con forza: “Più di tutto mi aspetto l’intervento di privati. Il nostro progetto è piaciuto per i risultati che abbiamo prospettato a seguito dell’investimento sul nostro territorio. Parliamo di salvaguardia, rilancio dell’economia, e quindi posti di lavoro per i giovani. Per l’aspetto termale al centro del nostro investimento ci aspettiamo l’intervento dei privati, appunto, ma non certamente negli attuali proprietari di alberghi. Famiglie che hanno investito altrove da anni, che non hanno più creduto e non credono in Recoaro. L’amministrazione si aspetta un intervento privato illuminato, capace di riconoscere la prospettiva”.

Leggi gli altri articoli a tema Geografie del lavoro.

Leggi il mensile 111, “Non chiamateli borghi“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.

Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro. 

Sottoscrivi SenzaFiltro

CONDIVIDI

Leggi anche