Roberta Garibaldi, Associazione Italiana Turismo Enogastronomico: “Il digitale permette di allungare il viaggio prima e dopo la partenza”

Il numero di viaggiatori enogastronomici è in forte aumento. Scopriamo i dati e le caratteristiche di un nuovo profilo di turista.

L’interesse nei confronti dell’enogastronomia non si è affievolito durante la pandemia, ma anzi si è rafforzato grazie all’incremento del turismo di prossimità e alla voglia degli italiani di conoscere e approfondire la cultura enogastronomica, e non solo quando si è vacanza.

A sancire l’importanza strategica dei viaggi del gusto è la quarta edizione del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2021, curato da Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management presso l’Università degli Studi di Bergamo e presidente dell’Associazione italiana Turismo enogastronomico.

Roberta Garibaldi, Presidente Associazione Italiana Turismo Enogastronomico

Il turismo enogastronomico, nuovo faro dei territori

Il Rapporto sul turismo enogastronomico italiano, che ha il patrocinio di Enit, Fondazione Qualivita, Ismea e Touring Club Italiano, e il sostegno di PromoTurismoFVG, Visit Emilia, Valdichiana Living e UniCredit, offre preziose indicazioni alle destinazioni e agli operatori del settore (imprese agricole, aziende della trasformazione, strutture ricettive e della ristorazione). Il focus di questa edizione pone particolare attenzione alle dinamiche e ai nuovi trend della domanda italiana nella fase post-COVID, delineando un nuovo profilo di turista.

La pandemia ha fatto sentire i propri effetti sul numero di esperienze fruite, che diminuiscono in media del 27% rispetto al 2019, e sul potere di spesa, ma l’enogastronomia può a tutti gli effetti essere considerata una leva per la ripartenza del settore turistico e del Paese. Nel 2019, il 59% degli italiani la considerava un elemento rilevante nella scelta della destinazione di viaggio; oggi questa percentuale raggiunge il 71% ed è trasversale a tutte le generazioni.

Nel 2021 aumenta, inoltre, del 10% il numero dei turisti che hanno viaggiato con principale motivazione il vivere piatti tipici ed eccellenze del territorio: nel 2016 questa percentuale si fermava al 21%, nel 2019 si attestava al 45% e oggi tocca il 55%.

Come viaggiano gli appassionati di enogastronomia?

In un anno come il 2020, che – viste le limitazioni ai viaggi internazionali – ha imposto l’Italia come meta privilegiata delle vacanze, le località di mare sono diventate la porta di accesso per partecipare a esperienze enogastronomiche nell’entroterra (per il 53% dei turisti enogastronomici), davanti a città d’arte e destinazioni montane.

Tra le regioni italiane svetta la Sicilia come meta enogastronomica più desiderata, seguita da Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Toscana. La città preferita dai turisti enogastronomici italiani è Napoli, che precede Bologna, seguita da Palermo per gli italiani in generale e da Roma per i turisti enogastronomici. 

Tra i Paesi stranieri svetta la Spagna, seguita da Francia e Grecia con Parigi, Barcellona e Madrid a primeggiare tra le mete preferite oltre confine.

Il quadro dell’offerta: l’Italia in Europa

L’Italia, come racconta a SenzaFiltro Roberta Garibaldi, vanta una ricchezza e una varietà enogastronomica che spesso non ha eguali in altri Paesi europei. È prima al mondo per numero di produzioni certificate (838 al 2020) e in Europa per beni Unesco e città creative legate all’enogastronomia (8 al 2020), oltre a figurare tra le posizioni di vertice per quanto riguarda la consistenza delle aziende di produzione (cantine, frantoi e microbirrifici) e ristorative.

“In un contesto come quello attuale, appare fondamentale una più forte propensione all’innovazione dell’offerta, con il fine ultimo di migliorarne la qualità e l’attrattività. Oggi queste presentano un differente livello di maturità.”

Le cantine possiedono già oggi una forza attrattiva importante. “La direzione da intraprendere va verso una maggiore segmentazione e personalizzazione delle proposte offerte, così da permettere loro una maggiore differenziazione sul mercato. Birrifici, musei del gusto, aziende olivicole, food tour sono proposte più recenti; in questo caso è auspicabile un adeguato supporto normativo, economico e formativo, affinché possano affermarsi e diventare fruibili a un pubblico più ampio”.

Il digitale che sfuma i limiti della vacanza

Tra le tendenze individuate dal Rapporto c’è il Neverending Food Tourism. Si tratta di prolungare l’esperienza turistica prima e dopo il viaggio; un prima e un dopo che diventano elementi di preparazione, accompagnamento e ricordo indelebile dell’esperienza.

Le nuove tecnologie digitali, infatti, offrono al turista enogastronomico l’accesso a una pluralità di fonti e stimoli che gli permettono, nella fase precedente il viaggio, di decidere quali cantine e mete visitare in presenza per poi condividerle sui social durante e dopo l’esperienza, rafforzando poi la fidelizzazione nel tempo. Un’importanza sempre più significativa la rivestono i social network, con Instagram in crescita (+4%) rispetto a Facebook, che continua però a essere lo strumento social più utilizzato.

Il digitale è diventato punto di riferimento soprattutto per la fase successiva all’esperienza diretta, dall’acquisto dei prodotti con consegna a domicilio (che interessa il 70% degli intervistati) fino alle degustazioni digitali e alla possibilità di entrare a far parte di wine club e programmi fedeltà. Il turista soddisfatto si trasforma così in ambassador delle destinazioni e delle aziende visitate, che sempre di più dovranno investire nella digitalizzazione dei propri contenuti e in siti e-commerce.

Un nuovo profilo di turista: esigente, in cerca di esperienze innovative e contatto con la natura

“Il Rapporto 2021 – continua Roberta Garibaldi – mostra chiaramente come la pandemia abbia modificato le scelte del consumatore, che vuole vivere da protagonista le esperienze a diretto contatto con la natura. I mesi passati in casa durante i lockdown spingeranno i viaggiatori a vivere sempre più all’aria aperta, per riscoprire la socialità in condizioni di sicurezza.”

Questa attitudine porta i turisti verso agriturismi (l’86% ha intenzione di alloggiarvi) e relais di campagna (59%), con una ricerca di soluzioni innovative, tra cui spiccano alberghi a tema cibo-vino (56%), il campeggio di lusso glamping (29%) e case sugli alberi (32%). Anche la valorizzazione dei cibi tipici locali è sempre più una discriminante nella scelta delle strutture ricettive, tanto più che l’80% degli intervistati si aspetta una prima colazione a base dei prodotti del luogo. 

Sul fronte delle attività, si moltiplicheranno iniziative di wine trekking, tour che abbinano “bike e gusto” e pic-nic nei vigneti. “Una case history interessante è quella dell’azienda agricola Ferraris in Piemonte, che ha stretto una joint venture con la locale Osteria del Rooster: l’azienda mette vigne (e vino) e l’osteria un box picnic da ritirare alla Big Bench, che domina il paesaggio. L’iniziativa è piaciuta così tanto da andare sold out nel giro di poche ore”. 

Altre attività che stanno acquisendo una maggiore popolarità sono quelle in cui il protagonista è il turista. Si pensi alla raccolta delle olive o alla vendemmia attiva, che è di interesse per il 53% dei turisti italiani. L’azienda Masi, ad esempio, organizza queste proposte, arricchendole con diversi contenuti. Questa tendenza richiederà agli operatori del settore una nuova impostazione delle visite e delle attività, oltre che una comunicazione più attenta ai social.

Dal Rapporto emerge, inoltre, il profilo di un turista consapevole e maturo alla ricerca sì dell’innovazione, ma anche dell’autenticità dei luoghi e dei sapori, con un potenziale di crescita importante per bar e ristoranti storici, food truck e mercati locali.

Il turista post COVID cerca il benessere fisico e mentale

Un altro trend in pieno sviluppo è il well being, dove centrale è il valore del benessere.

Le cantine non dovranno più limitarsi alle classiche degustazioni e alle visite dedicate alle spiegazioni tecniche del processo produttivo, ma dovranno puntare sugli aspetti della produzione in armonia con la natura, evidenziando gli investimenti in sostenibilità ed economia circolare.

In base al Rapporto, il 65% dei turisti enogastronomici sarebbe interessato a frequentare percorsi e workshop nelle aziende di produzione con informazioni utili sul benessere psicofisico; il 64% vi vorrebbe praticare attività sportiva all’aria aperta. La possibilità di praticare yoga e sport in ambiti rurali, le spa del vino, le beauty farm nelle aziende olivicole sono tutte opportunità che hanno e avranno un peso crescente nella decisione di visitare territori e imprese del food & beverage.

Smart working in campagna, riunioni in cantina

Roberta Garibaldi ricorda come già dallo scorso anno sono nate iniziative nelle aree rurali per incentivare l’arrivo dei lavoratori da altre città italiane e dall’estero, dando loro l’opportunità di lavorare in un contesto più rigenerante, trasformandoli in residenti temporanei.

“Il progetto Borgo Office, per esempio, mette in contatto i lavoratori in smart working con le aziende agricole italiane. In cambio di soggiorni gratuiti, le persone ospitate sostengono economicamente l’attività dell’azienda, acquistando cesti di prodotti ed esperienze. Così facendo si viene a creare un circuito virtuoso, attraverso cui il lavoratore può godere di un luogo ameno dove lavorare, supportando economicamente sia l’azienda che lo ospita, sia il territorio, grazie al turismo indotto da questo fenomeno.”

Inoltre, le aziende di produzione possono adoperarsi per accogliere questi lavoratori così come organizzarsi per riunioni aziendali. Quasi un italiano su sei ritiene le cantine dei luoghi dove poter svolgere riunioni di lavoro, grazie alla bellezza e all’atmosfera rilassante del luogo.

Leggere il territorio attraverso il turismo enogastronomico

“Sviluppare il turismo enogastronomico può sicuramente favorire processi di delocalizzazione dei flussi turistici verso le aree interne, creando nuovi legami con i centri urbani. Si tratta di un tema assai sentito e che vede già oggi iniziative e progetti che stanno attirando l’interesse del pubblico”, commenta Roberta Garibaldi.

Il pensiero va alle vigne urbane, oggi presenti in numerose città italiane, come Torino (“Vigna della Regina”), Siena (“Senarum Vinea”), Venezia (“Laguna nel bicchiere” e “filari di San Francesco della Vigna”), Palermo (“vigneti autoctoni di Vigna del Gallo”), Milano (“Vigna di Leonardo”). Queste non solo consentono al turista in visita di scoprire la città da una prospettiva originale e affascinante, ma valorizzano il patrimonio enologico del territorio, creando nuovi percorsi di fruizione, dalla città all’entroterra.

“Non si tratta, quindi, di creare una contrapposizione tra destinazioni note e l’entroterra, ma favorire percorsi di congiunzione che forniscono nuove chiavi di lettura del territorio, valorizzando nella narrazione dominante risorse enogastronomiche, culturali e naturali di assoluto pregio, ma spesso poco valorizzate.”

Da turisti a stakeholder di luoghi e aziende

Il futuro si fonda su unicità ed emozionalità dell’esperienza in sintonia con l’ambiente. La consapevolezza acquisita delle tematiche socio-ambientali trasforma il turista enogastronomico in una sorta di stakeholder del luogo e/o dell’azienda virtuosa, che opera per lo sviluppo armonico del proprio territorio, rivalutando e proteggendo i saperi e la cultura locale, creando nuove opportunità di lavoro soprattutto per giovani e donne.

Spiccheranno sul mercato quelle aziende che educano il turista e lo rendono partecipe di un processo migliorativo, integrando l’esperienza diretta con la digitalizzazione e lo storytelling innovativo.

La capacità di attrazione degli operatori del settore dipenderà sempre più dalla loro predisposizione a generare valore per il turista, il cittadino residente e tutta la comunità.

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