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L’opinione della HR business writer e formatrice sul concetto di partecipazione in azienda, da un panel del Festival Nobìlita 2024: “Talvolta tra le persone che abbiamo in azienda c’è chi fa cose impensabili. Le lasciamo fuori, perché noi assumiamo competenze, ‘risorse’”
Partecipazione è una parola complessa. È plurivoca: presuppone apporti, e assume forme, differenti a seconda della collettività a cui si riferisce; sarebbe uno dei cardini della democrazia; non ultimo, in Italia, è impossibile non pensarla come manifestazione autentica della libertà, secondo la definizione voce e chitarra di Giorgio Gaber.
Quello della partecipazione è uno dei temi trattati nei panel del Festival Nobìlita 2024, perché in diverse occasioni si tratta dell’elemento che distingue le aziende sane dalle altre. Nel lavoro, la partecipazione valorizza gli individui e li rende persone, facendo talvolta entrare la vita extra-professionale all’interno della loro occupazione, per metterne in risalto i talenti e le propensioni.
Da un punto di vista più venale, contribuisce ad aumentare la produttività. In senso più ampio, si tratta di uno dei modi per trasformare il mestiere in uno spazio espressivo, e un gruppo di collaboratori in una comunità – parola non casuale, come vedremo in seguito.
Di questo abbiamo parlato con una delle relatrici del panel, Roberta Zantedeschi, HR business writer, formatrice e autrice di diversi saggi dedicati al tema.
Una delle parole che concorrevano con “partecipazione” per titolare il panel era, appunto, “comunità”. È da lì che partiamo con Roberta Zantedeschi: come possono le aziende far sentire un senso di comunità, far conoscere le persone, e contribuire a una loro elevazione?
«Occorre mettere al centro il tema della comunità. È un cambiamento che può richiedere di mettere in discussione tutto ciò da cui veniamo, modelli e valori del passato.»
Quel cambiamento, secondo Zantedeschi, avviene in cinque modi.
Un cambiamento di prospettiva che non si rivolge solo alle persone già in forza alle imprese, ma che parte dai criteri di selezione per poi influenzare tutto il resto. Conclude Zantedeschi:
«Fin dagli annunci di lavoro, scriviamo di cercare “figure”, non persone. A volte mi chiedo se sappiamo davvero chi siano le persone che lavorano con noi, che cosa c’è oltre la loro competenza, i loro studi, la loro capacità di risolverci dei problemi. Talvolta tra le persone che abbiamo in azienda c’è chi fa cose impensabili. Le lasciamo fuori, perché noi assumiamo competenze, “risorse”. Dare questo sguardo alle persone dà loro tantissimo, ed è qui che scatta la partecipazione: quando si sente che il proprio contributo può dare la differenza.»
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In copertina: Roberta Zantedeschi a Nobìlita 2024, a Milano. Foto di Domenico Grossi
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