Se nella scuola i margini valgono più del centro

Dalla scuola si comprende la capacità di un Paese di immaginare e costruire il futuro. Secondo Sabrina Carreras nelle periferie andrebbero inviati gli insegnanti migliori, pagandoli meglio.

Il lockdown ha permesso alla scuola di entrare nelle case, con le lezioni che sono diventate pubbliche. L’ha rimessa al centro del dibattito nazionale, la scuola è invocata a gran voce dalle famiglie, e per gli istituti scolastici sono in arrivo dodici miliardi provenienti dal PNRR. Non ci sono più scuse: è arrivato il momento per riformarla davvero.

Ora o mai più (Chiarelettere Editore – marzo 2022) non è solo una dichiarazione d’intenti, ma anche il titolo che l’autrice, la giornalista RAI del programma Presa diretta Sabrina Carreras, ha dato al suo libro. Un’inchiesta sull’universo scuola, una raccolta di “storie di chi ha il coraggio di scrivere il futuro”. Carreras ha viaggiato per il Bel Paese e non solo per raccogliere le testimonianze di insegnanti che non si arrendono. Un libro puntuale, scorrevole, ricco di dati e di esempi virtuosi; ma soprattutto uno strumento di dibattito che prende le mosse anche da queste pagine, con l’intervista che Sabrina Carreras ha rilasciato per SenzaFiltro.

Perché ha deciso di intraprendere questa inchiesta sulla scuola?

Come giornalista d’inchiesta mi sono occupata di tanti temi, e proprio per questo ho scelto la scuola pubblica, perché rappresenta la lente per attraversare, leggere e capire l’Italia. Per due motivi: la scuola riguarda tutti, non è semplicemente il luogo dove imparare a leggere e a far di conto, ma è dove si impara a crescere e a essere cittadini; inoltre, nel confronto con l’estero, si comprende la capacità di un Paese di immaginare e costruire il futuro. Ci sono due modi di raccontarla: attraverso la denuncia, ed è gioco facile cavalcare la retorica del disfattismo secondo la quale la scuola ha sempre rappresentato un’emergenza e quindi bisogna rassegnarsi, oppure – ed è quello che ho scelto per il mio libro – in modo positivo, riportando le storie di chi ce la fa. Delle persone che anno dopo anno si sono messe in gioco per renderla un posto migliore.

C’è un aspetto dell’universo scuola che non ha toccato?

Sto collezionando tante storie, e non tutte, per esigenze anche di spazio, sono state riportate nel libro. Qualche esempio. Maria Buccolo è una ricercatrice universitaria, che insegna agli insegnanti come insegnare ai ragazzi; prima di tutto a star bene con sé stessi e a relazionarsi con gli altri, a trovare una condizione di benessere, che consenta di dare senso e valore a ciò che si fa. Le neuroscienze dimostrano che se ti percepisci protagonista di ciò che caratterizza la tua storia personale sviluppi dopamina, la cosiddetta molecola della felicità, e trai beneficio da ciò che fai. Buccolo lavora sul campo, è anche una maestra di una scuola nella periferia romana, dove impara anche lei sporcandosi le mani. Poi c’è l’Istituto di Ricerche Internazionali “Archivio Disarmo”, a Roma, che sensibilizza i ragazzi ad affrontare le tematiche relative alla guerra. Agli alunni delle scuole superiori insegna a comprendere i macro conflitti, ai più piccoli a stare bene insieme. Infine l’Ospedale dei bambini Meyer, a Firenze, al cui interno c’è una scuola con insegnanti ministeriali, dove il concetto di cura è messo in pratica a tutto tondo.

La preside Antonella di Bartolo dell’Istituto Comprensivo Statale Sperone-Petrini di Palermo, grazie a lei diventato un presidio di legalità, dichiara che nelle amministrazioni pubbliche non ci sono progettisti in grado di spendere e rendicontare i soldi del PNRR. Questi finanziamenti rappresentano l’ennesima bomba sociale che crea ulteriori divari?

Effettivamente la maggior parte delle scuole in Italia si trova in tanti piccoli Comuni che non hanno al loro interno i progettisti in grado di partecipare ai bandi, e quindi di accedere ai fondi. Si rende dunque necessario un cambiamento, che per essere effettivo va accompagnato, agendo su più fronti con una riforma della pubblica amministrazione che voglia investire nelle scuole e non puntare meramente all’efficienza delle risorse, ma anche confrontandosi e parlando con gli insegnanti, dai quali si può capire che cosa è necessario realizzare nelle scuole. Sicuramente fra le esigenze primarie c’è il miglioramento delle condizioni degli edifici scolastici, la maggior parte dei quali sono vecchi e impostati su una condizione fordista dell’insegnamento. Alcuni risalgono al Novecento, e solo il 6% degli istituti è ecosostenibile e realizzato con la classe energetica A.

Il Comune di Lodi è stato condannato per discriminazione. In base alla delibera della sindaca leghista Sara Casanova veniva negato l’accesso alle mense ai bambini nati in Italia da genitori extracomunitari. Perché, secondo lei, si presentano certi episodi?

Purtroppo si tratta di casi in cui, per fare leva sulla pancia del Paese, i diritti delle persone vengono umiliati. La scuola pubblica è un diritto di tutti, ma va difesa. Anche in questo periodo, in cui il ministero della Cultura si sta attivando per accogliere nelle scuole i bambini ucraini, c’è chi parla di discriminazione perché vengono usati i soldi per aiutare i bambini, quando invece non venivano erogati per pagare i tamponi al personale scolastico non vaccinato.

Nelle cosiddette scuole ai margini, chi può aiutare quegli insegnanti pionieri che per loro volontà e libera iniziativa riescono a togliere i ragazzi dalla strada, a motivarli e a dar loro fiducia?

La buona volontà non basta. Sono necessari finanziamenti e una visione per la scuola. Riccardo Giuliano, insegnante nella scuola media di Sogliano di Napoli, ad esempio, è un missionario, ma la maggior parte degli insegnanti è rassegnata, perché sempre più vessata e anche mal pagata. Gli insegnanti vanno incoraggiati, bisogna investire nella loro formazione e valorizzare in particolare docenti come Giuliano. In Svezia gli insegnanti migliori e anche più pagati sono proprio quelli che vengono mandati nelle scuole di periferia, quelle più difficili.

Andando oltre confine, in Francia il nuoto è una disciplina obbligatoria nelle scuole, che hanno una piscina di proprietà o convenzionata. Perché nelle scuole italiane non viene dedicata questa attenzione all’attività motoria?

Perché manca la cultura del movimento come elemento importante per l’apprendimento. Rientra in quella concezione di scuola in cui lo spazio educativo è progettato per far star fermi gli alunni, seduti per molte ore e con lezioni frontali. L’educazione fisica è poi relegata a materia di serie B, anche perché in molte scuole le palestre mancano o sono inagibili. In Francia è stata fatta una scelta politica. Da noi si sta ora ipotizzando di inserire il termine sport nella Costituzione, perché possa diventare obbligo formativo e un diritto e non un privilegio per chi si può permettere di pagare privatamente l’attività sportiva.

Esempi di scuole virtuose, dal punto di vista delle strutture o dei metodi d’insegnamento, nelle scuole italiane ci sono, ma sono presenti a macchia di leopardo. Queste buone pratiche vanno messe a sistema. Per farlo sono necessari finanziamenti e una visione che permetta di decidere una volta per tutte che scuola vogliamo per il futuro. Ora o mai più.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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