Sono solo due delle tante testimonianze che è possibile raccogliere in rete su uno dei segmenti di lavoratori più sfruttati e peggio pagati d’Italia. Sarà anche per questo che, secondo i dati dell’Osservatorio 2022 sul settore del commercio al dettaglio alimentare di FIDA-Confcommercio (Federazione Italiana Dettaglianti Alimentari), “negli ultimi due anni, 1 impresa su 3 della distribuzione alimentare – soprattutto supermercati e minimarket – ha ricercato nuovo personale, di queste quasi la metà (47%) ha incontrato difficoltà nel trovare le risorse delle quali aveva bisogno determinando, per il 42,2%, anche un impatto negativo sui propri ricavi”. Tra le principali cause della difficoltà nella ricerca, scarsità di personale con le competenze o esperienze richieste (64,1%), orari di lavoro ritenuti pesanti (40,2%), mansioni di lavoro poco attrattive (31,3%); banconisti (68,1%), cassieri (58,5%), macellai (42,2%) e scaffalisti (39,3%) sono le figure professionali più richieste.
Un ex scaffalista di una delle più note catene di supermercato del Nord Italia racconta così la sua esperienza: “Lavoro al limite dello sfruttamento, annientamento della persona, nessuna possibilità di ribattere pena l’isolamento/punizione con turni ‘scomodi’, mobbing, aggressività verbale, favoritismi, pause durante il turno di lavoro ai limiti dello schiavismo, nessuna meritocrazia, impossibilità di scambiare una parola con i colleghi, ritmi stressanti senza alcun motivo, ricatti, turni modificati anche all’ultimo, richieste di saltare i riposi, turni settimanali pubblicati il giorno prima dell’inizio della nuova settimana, ferie negate di continuo”.
Il posizionamento della merce sugli scaffali è una mansione svolta ormai quasi sempre da “esterni”, che non sono dipendenti diretti della catena della GDO, ma di cooperative e società che forniscono il servizio. Sempre più spesso sono agenzie interinali che cercano personale offrendo lavoro in somministrazione. Il settore è diventato una vera e propria giungla per un motivo ben preciso, spiega Maria Sarsale, sindacalista USB del comparto commercio: “Gli scaffalisti devono essere inquadrati con il contratto del commercio; il problema del commercio, però, è che non esiste un contratto, ma ne esistono 244 applicati nel settore (dati CNEL), e tra questi ce ne sono alcuni ‘pirata’ che hanno delle paghe simili o inferiori a quello che prevederebbe una vita dignitosa, simili a quelli SAFI della vigilanza”.
“A volte”, continua Sarsale, “applicano il contratto delle cooperative di distribuzione o delle cooperative sociali, dipende dall’azienda. Carrefour utilizzava scaffalisti notturni di società terze che applicavano in molti casi i contratti delle cooperative. Nei supermercati Coop alcuni applicano il contratto della Confcommercio, altri della distribuzione moderna. Ci sono contratti che prevedono anche 12 ore al giorno. Il full time classico è 40 ore per i contratti Confcommercio e distribuzione, ma il contratto Cisal, per esempio, ne prevede 48 a settimana. Potremmo parlare di mille sfumature di sfruttamento”.
Una tecnica di sfruttamento che, sempre secondo la sindacalista dell’USB, le agenzie interinali hanno affinato nel corso degli anni: “Evitano che un lavoratore svolga il lavoro per 24 mesi consecutivi presso lo stesso supermercato perché potrebbe rivendicare l’assunzione come lavoratore dell’azienda. Ed evitano di incorrere nell’interposizione di manodopera perché turni e mansioni sono stabiliti dalla stessa agenzia. Quindi nelle corsie dei supermercati ci sono lavoratori che svolgono la stessa mansione (interinale e dipendente), ma non a parità di salario”.