Come la scuola spende il PNRR: a Mantova nasce l’educatore di comunità

Facciamo il punto sull’investimento dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza previsti dal Piano Scuola 4.0, con uno sguardo alle spese principali, ai criteri di investimento e ai progetti di maggiore interesse

Mantova, la presentazione del progetto sull'educatore di comunità

Di rado si è parlato di scuola come in questi anni. Senza girarci intorno, la pandemia (con i problemi che ha rivelato e il modo in cui si è iniziato ad affrontarli) è stata una leva strutturale per far emergere le criticità legate a una rete che non è mai stata così importante.

In altre parole, la scuola ha fatto sentire la sua assenza, a tutti i livelli. L’esclusivo ricorso alla didattica a distanza è stato percepito come insufficiente, e lo Stato non vuole più farsi trovare impreparato di fronte a vere e proprie emergenze sociali come quella del COVID-19. Che poi i numeri dei sommersi e dei salvati erano noti da tempo, ma troppi attori che facevano finta di non vederli sono stati smascherati, quando all’istruzione e al tempo che se ne dedica è stata chiesta – o per meglio dire scaricata – una funzione che poteva competerle solo in parte: quella di ammortizzatore sociale e parificatore di disuguaglianze.

E allora la scuola è stata all’improvviso difesa da chi si era fino a quel momento girato dall’altra parte: davanti ai tagli (continui, trasversali e senza bandiera) all’istruzione, davanti a edifici fatiscenti che devono lottare col rischio sismico prima ancora che con la mancanza di connessione, davanti all’impossibilità di organizzare un seppur minimo tempo pieno per la mancanza di strumenti, laboratori e personale. La lista andrebbe avanti a lungo.

Il risultato è che alle scuole, fin dalla fine della pandemia, è arrivato un fiume di soldi, trattato però come intervento emergenziale, mentre gli investimenti strutturali (cioè la quota parte del PIL dedicata alla scuola) continuano a essere ben più bassi della media europea (nel 2023 4,1% rispetto al 4,8% della media del Continente).

Ma quali soldi stanno arrivando alla scuola? E dove sono investiti? Facciamo un piccolo resoconto traducendo dal politichese.

Il PNRR nel settore scolastico: il Piano Scuola 4.0

Per gestire i fondi del Next Generation EU, il programma europeo per la ripresa post pandemia, di cui l’Italia è stata di gran lunga la prima beneficiaria (anche perché ha affrontato per prima e senza armi l’ondata del COVID-19), è stato creato il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il piano, molto articolato e ramificato, prevede in primo luogo sei missioni, ognuna poi strutturata in misure che possono investire la normativa o essere legate a un investimento economico.

Tra queste missioni, la scuola è presente nella numero 5 (istruzione e ricerca), ma paradossalmente le scuole possono accedere a fondi di tutte le missioni.

  • Digitalizzazione, cultura e turismo (missione 1);
  • transizione ecologica (missione 2);
  • inclusione e coesione (missione 5);
  • salute (missione 6).

Concentrandoci sulla parte del PNRR dedicata all’istruzione, l’azione governativa si è tradotta nel Piano Scuola 4.0, con decreto del ministro dell’Istruzione n. 161 del 14 giugno 2022. Il piano si divide a sua volta in varie azioni, classificate in base ai destinatari: scuole, enti locali e ITS (istituti tecnici superiori, per l’istruzione post diploma legata specificatamente al mondo del lavoro).

Questa suddivisione non deve sorprendere: ciò che noi chiamiamo comunemente scuola è infatti il nucleo di una rete sociale molto più ampia. Se non funzionano tutte le parti della rete, tutti i fondi del PNRR legati all’istruzione saranno stati inutili.

Come la scuola spende il PNRR: digitale, restauro e lotta alla dispersione

Una piccola premessa in questo caso è doverosa: l’estrema ramificazione dei percorsi che hanno portato alla distribuzione dei fondi del PNRR legati alla scuola rende impossibile dare un quadro completo che definisca alla perfezione a chi sono andate le risorse, e dunque quali sono state e saranno le ricadute sul territorio. Ciò che possiamo però fare è dare un quadro più generale, basandoci principalmente sui dati forniti da OpenPolis, fondazione indipendente e senza scopo di lucro che segue fin dall’inizio il destino delle risorse del PNRR.

Il criterio seguito per l’allocazione dei fondi sembra tanto facile quanto discutibile: più una Regione ha realtà scolastiche attive, più sono i fondi che le sono stati destinati. Per questo le prime tre Regioni per fondi ricevuti dal Piano scuola sono state Lombardia, Campania e Sicilia. Allo stesso modo, una quantità maggiore di fondi è andata alle città più importanti d’Italia: Napoli (circa 122,5 milioni di euro), Roma (115 milioni) e Milano (79,6 milioni); a seguire Torino, Palermo e Salerno.

Se da una parte, come detto, il criterio può apparire logico, dall’altra presenta l’evidente difetto di non ridurre i divari territoriali nel rapporto tra le scuole nazionali. Questo riguarda soprattutto la necessità di ricevere una dotazione tecnologica per le scuole che in precedenza ne erano sfornite o carenti.

Ma in che modo le scuole stanno utilizzando i fondi assegnati? Una maniera interessante di scoprirlo, senza voler per forza fornire una spiegazione esaustiva al complesso fenomeno, è vedere ciò che esce oltre il margine della normale assegnazione e diventa notizia.

Da qui possiamo individuare alcune tendenze di spesa piuttosto interessanti. Ci sono scuole che stanno usando i fondi per rinnovare il loro look digitale sia verso l’interno (nuove dotazioni per aule, laboratori e studenti) sia verso l’esterno (miglioramento del sito della scuola, soprattutto seguendo il modello standard di sito web istituzionale dettato dal Ministero circa un anno fa).

Altre scuole, invece, stanno investendo nella riqualificazione degli edifici. Le richieste erano così alte che quasi un miliardo di euro del PNRR è destinato solo all’adeguamento del patrimonio scolastico.

In più, molte istituzioni scolastiche stanno lavorando sul contrasto alla dispersione, in una lotta legata soprattutto al benessere psicologico e a una migliore qualità del tempo passato a scuola; le azioni in questo caso sono le più diverse, perché si tratta di ricostruire o potenziare una rete che va dalle scuole, alle famiglie e ai diversi enti, e le loro ricadute potranno essere osservate solo nei prossimi anni.

Mantova, arriva l’educatore della comunità scolastica

Molte scuole si sono quindi candidate a ricevere i soldi del Piano Scuola 4.0, declinando ognuna gli interventi secondo le proprie necessità. In quest’ottica di ritrovata attenzione alle reti sociali che gravitano intorno agli istituti scolastici si sono inseriti diversi progetti benemeriti; come quello partito da Mantova, con la nascita della figura dell’educatore di comunità.

Stiamo parlando in questo caso di un lavoro in sinergia tra Federsolidarietà Mantova, Confcooperative, diversi organi patrocinatori (Regione Lombardia, ANCI Lombardia, ATS Valpadana – ASST Mantova, Comune e Provincia di Mantova) volto a portare, in oltre 60 soggetti territoriali tra i quali diverse scuole delle aree di Mantova Sud, Centro e Nord, una figura che possa migliorare e semplificare, valorizzandolo al massimo, il rapporto tra le diverse parti della scuola nell’educazione di bambine, bambini e adolescenti con disabilità.

Come spiegato da Cristina Bertazzoni, docente all’Università di Verona e consulente Confcooperative Federsolidarietà Mantova, “alla figura dell’educatore di comunità è figura è affidato il compito di sviluppare il processo d’inclusione attraverso la capacità di coltivare competenze sociali e relazionali di tutti gli alunni della classe […] creando una rete virtuosa che non è vincolata al solo contesto dell’edificio scolastico, ma si relaziona con varie realtà del territorio, sempre in un’ottica inclusiva”.

Come poi ben sottolineato da Monica Ploia, presidente di Federsolidarietà Mantova, “l’inserimento dell’educatore della comunità scolastica nelle realtà dei consigli di classe mostra l’intenzione di seguire un percorso fatto di inclusione e innovazione, che dia voce a tutte le diversità e che punti a una sempre maggiore qualità nell’offerta formativa, e a dare un valore e un significato ancora più profondo al tempo degli studenti”.

Il progetto, iniziato nel 2020, arriva al 2023 con l’obiettivo di creare a Mantova un gruppo pilota di educatori che possa servire da base per poi far diffondere questa figura in tutta la Regione Lombardia. Per questo è costante il rapporto proprio con la Regione, dove da tempo si sta lavorando per elaborare linee guida di riferimento per la valorizzazione di questa figura, anche per garantirne il giusto riconoscimento economico, contrattuale e di valore.

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